Enchiridion
celeste
– Alessandro Ramberti – Fara – Pagg. 56 –
ISBN 978-88-9293-059-9
– Euro 7,00
L’amore
quando è dato
può
esser rigettato
ma
sempre spande e nutre
non
lascia scorie e sana
chi
l’offre e chi l’accoglie.
A.
Ramberti
La
vera essenza di questa silloge di Alessandro Ramberti, “Enchiridion
celeste”, si può sintetizzare in una riflessione sui
valori della vita e della fede, come contatto profondamente personale
ed intimo con Dio. La realtà umana di un microcosmo nel
tessuto dell’infinitamente grande, fatto di luci ed ombre,
messaggi, annunci, atti a fortificare se stesso e ad accedere ad una
dimensione di elevazione umana e spirituale che illumini i suoi
fratelli e l’umanità.
Si
compone di poesie che uniscono alla bellezza dei versi, profondità
di pensiero e riflessioni sulla vita, in un dialogo “spirituale”
fitto e consapevole col divino e con il mondo. Un dialogo fatto di
certezze, ma anche di domande e di ascolto “Ascolto per sentire
il desiderio/ l’instabile emozione che ci spinge/ a fare
verità” (Spirito p.33).
Ci
sono menti che si interrogano, che desiderano la verità del
cuore, la cercano, praticano la poesia come forma di
conoscenza, studio dell’anima, ricognizione dei più alti
valori esistenziali*; in Alessandro Ramberti sento questo
scavo, questa ricerca, la consapevolezza che nell’abisso che ci
abita, la santità di Dio ha preso dimora, anche nella
testimonianza della poesia “Nella parte più fragile/ fa
breccia il Clementissimo” (Grazia, p.20).
Si
tratta di un libro che ci consegna uno sguardo sull’esistenza
da una prospettiva cristiana. Il taglio non è mai dogmatico,
ma consapevole e sfocia in un percorso di ricerca che ha come suo
fine distintivo la realizzazione di sé. Realizzazione che non
può in alcun modo fare a meno del mondo che ci circonda (del
“noi” -noi siamo incontri- e dunque dell’altro) e
delle sue inesauribili possibilità di riscatto “Il
respiro desidera polmoni/ liberi e un cuore disposto al trapianto/ a
farsi pompa allegra in altri petti” (Benedizione, p.43).
Per
Ramberti entrare in sintonia con il sacro e le sue rivelazioni,
richiede umiltà, consapevolezza che il dubbio, le domande, i
crolli sono il “baricentro” della fede e la possibilità
di aprirsi a inattesi orizzonti di speranza “Incorniciare
dubbi/ è mettere in tensione/ la tela della vita// se essa è
floscia/ e priva di domande si adagia/ su cocci di certezze”
(Credere p. 12).
La
bellezza di ‘Enchiridion’ è tutta racchiusa nella
devozionalità dei suoi versi e nelle emozioni che
l’accompagnano, oltre che in un linguaggio creativo e vivo che
eleva e che partecipa alla gioia del creato.
Maria
Pina Ciancio
www.neobar.org
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