La rinascita narrativa della letteratura cubana
di Gordiano Lupi
“Un popolo che soffre
produce grande letteratura perché la forza della parola non la puoi fermare”,
ha detto Miguel Mejides
intervistato da Danilo Manera al
Pisa Book Festival. Niente di più vero. Cuba, un tempo terra di poesia e
musica, è diventata fucina di narratori che raccontano la difficoltà di vivere
nel loro tempo.
La Rivoluzione
trionfa nel 1959 e a partire da quella data comincia una politica di censura
ufficiale da parte del regime, che cala come un'ombra sopra le idee libertarie
e indipendenti. Cuba si distingue sempre più per intolleranza e totalitarismo,
sullo schema di altri governi monarchici e dispotici, unificando la Rivoluzione sotto il
potere di un solo uomo. Fidel Castro, il 14 giugno
del 1961, dice agli intellettuali cubani: “Dentro
de la Rivolución
todo, fuera de la Revolución
nada”. (“All'interno
della Rivoluzione tutto, fuori dalla Rivoluzione niente”). Parole che segnano
l'indirizzo della politica ufficiale del regime dell'Avana sino ai giorni
d'oggi. Nessuno può avere un punto di vista diverso da quello ufficiale e non
c'è artista o scrittore che possa esprimere
liberamente la realtà cubana. In questo clima si producono due letterature che
vanno avanti di pari passo: quella dei residenti in patria e quella della
diaspora.
A Cuba rimangono
autori di grande rilievo come Alejo
Carpentier, uno
dei più grandi narratori contemporanei di lingua spagnola. Lo
si ricorda soprattutto per la grande attenzione verso l'uomo, la fede
nei valori rivoluzionari e il senso della storia. Di grande importanza per la
futura narrativa latino-americana è la sua teorizzazione
del realismo magico: la letteratura
deve riflettere la singolarità “meravigliosa” della identità culturale
americana utilizzando gli strumenti che la realtà mette a disposizione. Il
romanzo che gli dà fama mondiale è El reino
de este mundo (1949),
incentrato sulla rivoluzione antischiavista e indipendentista di Haiti. Los pasos perdidos (1953) viene scritto
in Venezuela e il protagonista compie un vero e proprio viaggio nel tempo
attraverso le età e gli stati di sviluppo della società umana. Soltanto dopo il
trionfo della rivoluzione Carpentier compone la sua
opera più importante: El siglo de las luces (1962), splendido romanzo politico scritto con
uno stile maturo e vigoroso. Si parla della Rivoluzione Francese per parlare
della Rivoluzione Cubana e Americana, di una presa di coscienza che deve far
diventare l'uomo davvero libero. In Italia si possono leggere poche cose di Carpentier. La
Besa di Nardò
ha pubblicato Ufficio di tenebre che
raccoglie dieci racconti, tre dei quali sono tratti dalla raccolta Guerra del tiempo.
Einaudi ha da tempo esaurito Il regno di questo mondo (1990) e L'arpa e l'ombra (1993), mentre è ancora reperibile L'Avana amore mio (Baldini
e Castoldi, 1998). Carpentier
muore a Parigi il 24 aprile 1980 e non fa in tempo a prendere il Nobel per la
letteratura che sarebbe stato un dovuto riconoscimento
alla sua opera letteraria. José Lezama Lima è un altro grande autore da non dimenticare, un
caposcuola indiscusso che riunisce molti discepoli attorno alla rivista Origines ed è
autore di poesie ermetiche e visionarie (Muerte de Narciso, 1937). A noi interessa soprattutto per il grande romanzo
filosofico di matrice proustiana Paradiso, pubblicato in patria nel 1966 e in Italia edito da Einaudi nel 1995. Un romanzo dallo stile brillante e
barocco ma scritto in maniera ostica, ricco di riferimenti culturali complessi
e di metafore spesso incomprensibili. Un'altra prova narrativa di Lima è
l'incompiuto Oppiano Licario
(postumo, 1977), eredità di uno scrittore scomodo che ebbe rapporti difficili
con la Rivoluzione.
Tra gli scrittori che decidono di restare in patria dobbiamo
considerare Manuel Cofiño Lopez, autore che sceglie di servire la Rivoluzione senza la
minima deviazione. Nonostante tutto resta un grande narratore, dotato di
tecnica sopraffina, di uno stile barocco e descrittivo, ma al tempo stesso
evocativo e ricco di trama. Il suo romanzo fondamentale resta L'ultima donna e la prossima battaglia,
pubblicato in Italia per merito della coraggiosa Erre Emme di Roberto Massari nel 1990. Cofiño è un
grande scrittore e la sua opera è fatta di parole ricercate, descrizioni, stati
d'animo e ambientazione tropicale tra campagna e città. Parti commoventi e
molto letterarie descrivono L'Avana come una città piena di
sole, bellissima, che sembra di cristallo, col suo colore azzurro, un
posto dove di notte ci sono tante stelle come in campagna, ma non importa
perché le stelle lì stanno da tutte le parti: nelle vetrine, nelle case, per le
vie, e persino per le scale dei palazzi.
A mio parere, la Cuba di questi anni
tormentati viene meglio rappresentata da scrittori che
si pongono fuori dal sistema come Pedro
Juan Gutiérrez. Questo autore anticonformista è noto nella sua terra
natale come poeta e scultore più che come narratore, perché i suoi romanzi sono
proibiti. In Italia viene pubblicato dalle Edizioni
E/O di Roma, che hanno il merito di aver fatto conoscere la Trilogia sporca dell'Avana (1998), un vero e
proprio caso letterario mondiale. Nella Trilogia,
Gutiérrez traccia un quadro triste e desolante
di una Cuba messa in ginocchio da embargo e
periodo speciale, dove la fame e la fatica di inventare la sopravvivenza
sono i veri protagonisti del quotidiano. In questo panorama il sesso
rappresenta l'unica valvola di scarico, la sola via d'uscita dalla tristezza.
Il protagonista del racconto, scritto in prima persona e con stile brillante e
coinvolgente, è un giornalista che ha deciso di continuare a vivere a Cuba.
Pagina dopo pagina ripete che quella è la sua terra e non se la sente di
rischiare la vita per scappare a Miami. Il perché non è ben chiaro neppure a
lui. Forse per vigliaccheria, per abitudine, o perché a Cuba può ancora vedere
una bella donna sorridere e sapere che può fare l'amore con lei. La Trilogia è bellissima, una storia che corre via
a ritmo di salsa e guaguancó,
leggera come un soffio di vento tropicale, che ti prende e non si fa abbandonare
sino alla fine. Il capolavoro di Gutiérrez è però Il re dell'Avana (1999), un romanzo
feroce e sensuale, una storia d'amore tra due cubani di strada che cercano nel
sesso una via di scampo all'emarginazione e alla miseria. Il re dell'Avana è un ragazzino che vive di
furti e mercato nero per finire presto in prigione. Qui si fa trapiantare una
pallina d'oro nella punta del pene e per questo si
auto elegge re dell'Avana. Dice che
solo lui sa far godere davvero le donne, perché quella pallina sul pene le fa
impazzire di piacere. Il re dell'Avana
descrive una città popolata da jineteras (le prostitute del giro turistico) e truffatori,
che si apre come una gigantesca voragine a inghiottire ingenui e inconsapevoli
turisti. Definirei la scrittura di Gutiérrez come una
sorta di realismo metafisico. Può sembrare una contraddizione in termini ma non lo è. L'autore partendo dalla realtà riesce a
dipingere un quadro magico di erotismo e sensualità che lo fa narratore
originale e unico nel suo genere. Nella primavera 2002 le Edizioni E/O hanno
pubblicato anche Malinconia dei leoni
(2000) nella bella traduzione di Pino Cacucci. Si
tratta di una raccolta di racconti dove l'assurdo e il surreale prendono il
posto dell'erotismo sfacciato e del realismo sensuale. Nel 2001, E/O riporta in
Italia il Gutiérrez più amato con Animal tropical, una nuova serie di
avventure che vedono protagonista Pedro Juan, il personaggio principale della Trilogia sporca. Il romanzo è tradotto da Pino Cacucci
ed è diviso in due parti che si caratterizzano per una diversa ambientazione. Pedro Juan viene
invitato in Svezia e lui, abituato al clima tropicale, si trova catapultato in
un posto surreale dove l'inverno è così duro che toglie la gioia di vivere. Agneta si innamora di Pedro e con
lui fa sesso come non le è mai capitato di fare in vita sua, ma la sensualità
del cubano è bloccata dai ritmi di una società troppo perfetta come quella
svedese. Pedro Juan è un animal tropical che
non può vivere lontano dalla sua terra: morirebbe di nostalgia. La seconda
parte del romanzo vede il ritorno del protagonista a Cuba, in mezzo ai problemi
di sempre, tra le braccia di una compagna che per vivere fa la jinetera, ma
finalmente sotto il sole dei suoi amati tropici. Il romanzo che conclude il ciclo
di Centro Avana è Carne di cane,
forse minore rispetto agli altri lavori di Gutiérrez, ma interessante
perché fornisce uno spaccato realistico della società cubana nel periodo
speciale. Carne di cane è un breve romanzo autobiografico scritto in prima persona con stile diretto e coinvolgente, che non
concede niente ai virtuosismi letterari. Tutto è crudo e realistico, ma al
tempo stesso malinconico e disincantato. Il protagonista cerca di rifugiarsi
nella solitudine e nel silenzio, pure quando fa sesso con le prostitute, le
uniche donne che è capace di amare. Un passo indietro nella narrativa di Gutiérrez è Il nostro
GG all'Avana, pubblicato da E/O
nel 2005, che pare cavalcare la moda planetaria della narrativa noir. L'azione
del romanzo si svolge nel 1955, tra casinò, sesso, criminalità organizzata,
agenti segreti e intrighi di ogni tipo. Nel corso del 2006 la Casa Editrice E/O
dovrebbe far uscire El nido de la serpiente: Memorias del hijo del heladero, una sorta di prologo
al ciclo di Centro Avana. El insaciable ombre araña, il romanzo che conclude la serie di avventure
ambientate nella capitale, per il momento è destinato a restare inedito. Le
Edizioni Estemporanee stanno lavorando a un'edizione critica di alcune opere
poetiche di Gutiérrez, tradotte e presentate da
Danilo Manera. In questo periodo Pedro
Juan Gutiérrez sta
lavorando a Pobre diablo, un
nuovo romanzo ambientato nella Cuba che soffre.
Un giovane autore che
possiamo ascrivere alla scuola di Gutiérrez è l'avanero Alejandro Torreguitart Ruiz che ha pubblicato in
Italia Machi di carta (Stampa Alternativa, 2002), La Marina del mio passato (Nonsoloparole,
2003) e Vita da jinetera
(Il Foglio, 2005). Torreguitart utilizza uno stile
semplice e poco letterario per raccontare la miseria del quotidiano. La Marina del mio passato è un racconto lungo costruito su
nostalgia e ricordi di un vecchio pescatore. Machi di carta e Vita da jinetera sono due reportages narrativi all'interno
del mondo della omosessualità e della prostituzione per turisti.
Miguel Mejides Armas è nato a Nuevitas nel 1950 e in patria ha pubblicato molti romanzi e
raccolte di racconti dal 1977
a oggi. Perverciones en el Prado (1999) è uscito da
poco in Italia per Edizioni Estemporanee con il titolo Perversioni all'Avana. In Italia appare anche in due raccolte,
curate da Danilo Manera, con i racconti Rumba Palace (A labbra nude, Feltrinelli
1995) e El porvenir del sobsuelo (Vedi
Cuba e poi muori. Fine secolo all'Avana, Feltrinelli
1997). Stampa Alternativa ha pubblicato L'isola
del Dio della musica, un lungo racconto in spagnolo (e relativa traduzione
a cura di Manera) nel deludente volume Tocar sueños en Cuba
(Suonare sogni in Cuba). Rumba Palace è
uscito nel 2001 per il piccolo editore Perosini. Nel
romanzo Perversiones en el Prado, Mejides ci presenta
uno spaccato di mondo avanero molto più reale di
quanto il lettore italiano all'oscuro di cose cubane possa
pensare. L'azione si svolge nel fatiscente edificio al numero
112 del Prado, a due passi dal centro storico
e dall'Avana Vecchia, nel bel mezzo di un'umanità emarginata che lotta per
sopravvivere. Qualche critico si è spinto a dire che il romanzo di Mejides è una “metafora del fallimento di una rivoluzione”.
Molto più condivisibile è che Mejides segue
l'ispirazione del “Realismo Magico” latinoamericano e utilizza una prosa molto
erudita e letteraria per descrivere situazioni quotidiane.
Un altro scrittore
cubano interessante, ma proibito in patria, è Reinaldo Arenas, nato ad Holguín nel 1943 e
morto a New York nel 1990. In Italia lo
conosciamo soltanto per lo stupendo Prima
che sia notte (Guanda,
2004), autobiografia terminale di un oppositore al regime di Fidel Castro. La sua ribellione a Castro gli
costa ripetute censure alle opere, molestie fisiche e morali,oltre a
periodi di internamento nelle Umap (gulag per
antisociali, omosessuali, capelloni, rockettari e affini). Reinaldo
Arenas scrive e pubblica molto, ma il suo romanzo
migliore resta Otra vez el mar (inedito in Italia). Questo libro viene scritto per ben quattro volte, a causa delle
vicissitudini del manoscritto, giudicato pericoloso e controrivoluzionario,
quindi a lungo ricercato dalla polizia per distruggerlo. Arenas
ha parecchie noie anche a causa di un'omosessualità dichiarata che nel 1973 gli
costa diversi periodi di reclusione e l'allontanamento dal lavoro. Arenas viene recluso nella
fortezza del Morro ed è a lungo torturato, al punto
che tenta pure di uccidersi, senza riuscire nell'intento. Le sue opere in
patria vengono sempre più osteggiate e Arenas trova
il modo di farle uscire da Cuba grazie a qualche amico che si spaccia per
turista. Si cerca di organizzare una sua fuga all'estero, ma l'operazione non va
a buon fine, e lo scrittore viene condannato ai lavori
forzati. Prima che sia notte è la
cronaca dolorosa di tutte le frustrazioni e le sofferenze di Arenas, ma soprattutto dei suoi tentativi falliti di fuga
da Cuba. Lo scrittore lascia l'isola solo nel 1980, quando Castro permette un
esodo di massa di omosessuali e altre persone non gradite. Non è facile nemmeno
in questo caso, perché lui è uno scrittore scomodo e non un omosessuale
qualsiasi, quindi la polizia cerca di evitarne la partenza con ogni sistema. Arenas è più scaltro dei suoi aguzzini, cambia il nome sul
passaporto in Arinas e riesce a fuggire da Cuba per
stabilirsi a New York, dove nel 1987 gli viene
diagnosticato l'AIDS. In questo periodo termina la sua autobiografia, Prima che sia notte,
un libro poetico e dolente dal quale il regista tedesco Julian
Schnabel, nel 2000, ha tratto un ottimo
film intitolato Before night falls. Prima che
sia notte racconta la sua vita in fuga, le sofferenze, il tempo passato a
guardarsi dai nemici che potevano essere ovunque, la prigionia, le torture e le
notti insonni. Arenas si suicida
nel 1990 con una overdose di droga e di alcol, lascia un biglietto con scritto:
Vi lascio in eredità tutte le mie paure, ma anche la speranza che presto
Cuba sia libera. Tra le numerose opere di Arenas,
in Italia è reperibile soltanto Prima che
sia notte (Guanda,
2004), ma è di questi giorni l'uscita per conto di Edizioni Socrates
di Adiós a mamá (de La Habana
a Nueva York), introdotta da Mario Vargas Llosa. Adiós a mamá è una raccolta di otto racconti
in cui l'autore esprime tutta la sua rabbia e la disapprovazione nei confronti
del regime castrista, ostentando la forza liberatrice di un'omosessualità
vissuta con orgoglio e spirito di provocazione. Molto calzante la definizione che
l'editore italiano dà di Arenas come il Pasolini dei Tropici. Dovrebbe uscire presto anche Arturo, la estrella mas brillante, credo per L'Ancora del
Mediterraneo.
Con L'Avana nel cuore è
un'antologia edita da Marco Tropea che raccoglie il
meglio delle voci narrative cubane, sia della diaspora che dentro l'isola. Lucía López Coll seleziona sedici autori per raccontare L'Avana sulla scia
della lezione del grande Alejo Carpentier.
Per la prima volta troviamo riuniti in uno stesso volume autori che vivono a Cuba
e autori della diaspora che scrivono da Miami o dall'Europa. Solo per questo
motivo il volume ha una portata storica notevole, visto che incontriamo uno
scrittore di regime come Abel Prieto, ministro della cultura già edito in Italia con lo
scadente Il volo del gatto (Marco Tropea), accanto all'ottima Melene
Fernández Pintado, che costruisce una storia fatta di nostalgia e rimpianto
sulle vite dei cubani che vivono a Miami. Un racconto stupendo è Ritorno di María Elena Llana, che indaga con grande bravura sui sentimenti del cubano
che torna al suo paese dopo tanto tempo. Lo
scivoloso di Carlos Victoria merita
attenzione per il taglio narrativo fantastico che l'autore inserisce in un
racconto di vita quotidiana.
Leonardo Padura Fuentes fa parte di questa antologia, ma è più a suo agio con il
romanzo. Il suo miglior libro è Il
romanzo della mia vita (Marco Tropea, 2006),
un'opera corposa realizzata su diversi livelli di narrazione. Padura Fuentes fino a oggi ci
aveva deliziato con le storie poliziesche (molto letterarie) che hanno come
protagonista il tenente Mario Conde. Maschere, Paesaggio d'autunno, Passato
remoto, Venti di Quaresima e Addio Hemingway sono tutti romanzi editi
da Marco Tropea. Il
romanzo della mia vita è un'altra cosa. Qui non ci sono cadaveri da
scoprire e delinquenti da arrestare ma c'è un mistero da risolvere: quello del
diario di José Maria Heredia,
il grande poeta cubano morto in esilio. Il
romanzo della mia vita è proprio il presunto libro che Heredia
avrebbe dettato alla sua donna durante gli ultimi anni
di vita. Fernando, il protagonista del romanzo, ritorna a Cuba sulle tracce del
presunto manoscritto e ripercorre con la memoria l'ultimo viaggio del poeta
esiliato. Il lettore attento si accorge che molte frasi che Padura
Fuentes fa pronunciare a Heredia
vanno bene per la Cuba
di oggi. “Il potere è come una droga e ubriacarsi di storia può essere il suo
effetto peggiore”, dice il poeta. E poi continua: “Nessuna poesia rovescerà mai
un tiranno. Ma gli lascia un segno, a volte indelebile”. Il più grande poeta
romantico dell'America Ispanica, il cantore della libertà di Cuba dalla
dominazione spagnola, si fa coscienza civile per la Cuba di oggi alla ricerca
della sua vera libertà.
Abilio Estévez è un altro grande scrittore cubano contemporaneo che appartiene alla diaspora, visto che da alcuni anni vive in Spagna dove
scrive opere teatrali, poesie e racconti. Il suo primo romanzo, Tuo è il regno, ambientato nel periodo
precedente alla Rivoluzione, è stato pubblicato nel 1997 e l'hanno tradotto in
undici lingue. Abilio Estévez è uno scrittore colto e
raffinato che sa descrivere tutta la sofferenza di un quotidiano
irrimediabilmente uguale a se stesso. I personaggi di Estévez
sarebbero piaciuti a Borges perché seguono la miglior
tradizione latinoamericana e stanno a metà strada tra
il realismo e il magico. L'autore descrive L'Avana, i quartieri più poveri, le
strade polverose e dissestate, il lungomare dove i bambini si rincorrono e
fanno il bagno. I palazzi lontani
sono quei palazzi che il protagonista non troverà mai, perché per quelli come
lui non c'è un palazzo. Estevez consegna un romanzo
palpitante e commovente, dove si sente la sofferenza dello scrittore che ha
vissuto sulla sua pelle le disillusioni dei suoi personaggi. In Italia i suoi
due romanzi sono editi da Adelphi.
Se restiamo agli scrittori della diaspora dobbiamo citare anche Fèlix Luis Viera, pubblicato in Italia da L'Ancora del
Mediterraneo con Il lavoro vi farà uomini,
romanzo verità sulla vita all'interno delle Umap, i
campi di rieducazione e lavoro per dissidenti, antisociali, omosessuali,
rockettari, religiosi, santéros,
nullafacenti e affini che hanno imperversato a Cuba tra il 1964 e il 1965. Felix Luis Viera riesce a far
trapelare emozioni e angoscia da pagine che trasudano speranza di un futuro
migliore per la sua terra. In Italia dovrebbe apparire anche il romanzo breve Inglaterra Hernandez,
previsto nei programmi delle Edizioni Il Foglio per il 2007.
Tra i cubani in esilio la scrittrice più importante resta Zoé Vadés, una delle voci più originali ed espressive della narrativa caraibica. Zoé Valdés pubblica i suoi primi libri in Francia, ma il
governo non li gradisce perchè giudicati troppo sarcastici. La scrittrice viene costretta ad abbandonare Cuba per trasferirsi
definitivamente a Parigi. In Italia non sono reperibili molti libri di questa
raffinata autrice allieva di Lezama Lima che viene
tradotta con successo in tutto il mondo. Café
nostalgia (Frassinelli) è purtroppo esaurito ed è
forse il suo testo più lirico e spietato. Si trova ancora Il nulla quotidiano, edito da Giunti, un romanzo di
vita, malinconico e ironico al tempo stesso, che racconta la tristezza
del cubano costretto all'esilio. “Vengo da un'isola che voleva costruire il
paradiso e invece ha realizzato l'inferno”, fa dire l'autrice al suo
personaggio femminile. Il romanzo descrive un quotidiano fatto di sogni che
svaniscono nel niente, di amori con traditori e nichilisti, di letteratura e
amiche come la gusana
(vengono chiamati così i cubani che fuggono) che
dall'estero rimpiange il modo di vivere cubano, ma non certo un assurdo regime
da cui è fuggita. Di Zoé Valdés
è interessante anche La vita intera ti ho
dato (Sperling), una sorta di feuilleton caraibico
che racconta un amore eterno, ma al tempo stesso realizza l'affresco eccellente
di una Cuba in via di disfacimento. La Valdés parla della vita
di Cuca che scorre a tempo di bolero e si dipana
secondo i ritmi più languidi della sua terra, ma la storia della protagonista è
soltanto una scusa per raccontare cinquant'anni di
storia cubana. Il lettore sorride quando la scrittrice
afferma che “la vita è un treno di delusioni e i biglietti sono gratis”, ma
anche quando chiama la rivoluzione con l'abbreviativo di rivo o di rivo-lozione e
ironizza su “un popolo che - secondo certi propagandisti della fame - è sempre
felice pure in mezzo a tante mancanze”. La Cuba che viene fuori da
queste pagine è un'isola nelle mani di un vecchio dittatore che ogni giorno
decide quale bislacco futuro costruire per il suo paese. Di Zoé
Valdés ricordiamo anche Tu, mio primo amore (Frassinelli, 2002) e
Gli orecchini della luna (Mondadori Junior),
pure se non sono libri di facile reperibilità. Ricordiamo anche l'esule “cubanoamericana” Cristina
Garcìa con Questa notte ho sognato in cubano (1992) e Le sorelle Agüero
(1997), che da Los Angeles ci restituisce una visione bella e insolita di Cuba.
In Italia la pubblica Mondadori. Tra gli artisti che
rimangono sull'isola è
importante Senel Paz, autore di Fragola e
cioccolato (Giunti, 1994), storia della singolare amicizia tra un giovane
eterosessuale e un intellettuale omosessuale. Una novità per una società machista che ha dimostrato di gradire sia il romanzo che la
versione cinematografica di una storia insolita. Meritano un cenno anche le
opere di Arturo Arango Rias, importante soprattutto per il soggetto del film Lista de espera,
un racconto lungo edito da Fazi nel 2000 nella
raccolta Lista di attesa. Arango punta l'indice sulla crisi energetica, la mancanza
di carburante e di pezzi di ricambio che costringono un gruppo di cubani a
socializzare in una sala d'aspetto. Tra tutte le privazioni viene fuori
prepotente il carattere dei cubani che sembrano capaci di sorridere anche tra
mille difficoltà. Una prova interessante
che ci fa ritornare al realismo magico e al fantastico tipico di certa
narrativa latinoamericana. Mayra Montero è una giornalista studiosa di culti caraibici
che in Italia ha pubblicato Da Haiti
venne il sangue (Feltrinelli, 1993), storia
costruita su atmosfere intrise di essoterismo e riti vudú.
Lisandro Otero è uno scrittore nel
solco rivoluzionario, ma noto in Italia solo per Bolero (Edizioni del Lavoro, 1992), un romanzo fatto di ritagli e
opinioni sul musicista Esteban Maria Galán. René Vasquez Díaz è un altro cubano in esilio che vive in Svezia. Ha pubblicato un
gran bel romanzo come L'isola del Cundeamor (Erre Emme, 1996) che ha come tema portante
la sofferenza dei cubani lontani dalla loro terra. Ana Menéndez è figlia di genitori cubani ma è nata
negli Stati Uniti e adesso vive a Istambul. Ho amato il Che (Mondadori,
2005) è un romanzo in bilico tra realtà e passato che fa rivivere emozioni e
speranze di un periodo lontano. Karla Suárez è una giovane scrittrice avanera in esilio che vive tra Roma e Parigi e ha
pubblicato Silenzi (Guanda, 2005), romanzo agrodolce sul rovesciamento degli
ideali castristi. Ivonne Lamazares è autrice del dolce e disperato Dimenticare Cuba (Piemme,
2003), struggente canto d'amore alla sua terra che ha dovuto abbandonare per
motivi politici. Ena
Lucía Portela è una giovanissima
scrittrice esponente del postnovismo
che ha avuto grande successo in Francia con Cento
bottiglie sul muretto (edito in Italia da Voland
nel 2006). Concludiamo con un nome grandissimo e indimenticabile, quel Guillermo Cabrera Infante autore di un capolavoro come Tre
tristi tigri, che il regime ha fatto scomparire da tutti i programmi di
letteratura spagnola. In Italia è reperibile anche Mea Cuba, una raccolta di articoli polemici verso il regime
castrista e nei confronti dei colleghi scrittori rimasti in patria. Entrambi i
libri sono editi da Il Saggiatore, mentre Garzanti ci
fa conoscere L'Avana per un infante
defunto, un'autobiografia
onirica che parte da una memoria infantile per immergersi in una chiusa
serio-comica che ci porta negli abissi del sesso. Sono tipici di Cabrera Infante i giochi di parole, il delirio verbale, le
digressioni ironiche. Lo scrittore racconta venticinque anni vissuti all'Avana
e il suo abbandono dell'isola dopo la delusione dal castrismo. Tre tristi
tigri mette al centro sempre L'Avana, postribolo per gringos,
tropico a portata di mano per turisti ignoranti, ma intanto sulla Sierra avanza
la Rivoluzione,
speranza non ancora delusa. Un libro che prevede la Cuba del futuro che adesso è
di nuovo un postribolo per stranieri. Cabrera Infante
è uno scrittore che va conosciuto e anche in Italia è possibile farlo
attraverso i suoi due libri fondamentali.