Chiamate
la levatrice – Jennifer
Worth – Sellerio – Pagg. 493 – ISBN 9788838931444
– Euro 15,00
Chiamate
la levatrice!
Nell’immediato
dopoguerra, nell’Europa impoverita dal secondo conflitto
mondiale, il parto in ospedale è riservato prevalentemente ai
casi difficili. Nell’Italia del 1951 partorisce a domicilio
l’85% delle gravide, non è molto diversa la situazione
in Inghilterra.
Un
bel libro autobiografico, che la BBC ha tradotto in una serie
televisiva, ne parla. Si tratta di “Chiamate la levatrice”,
Call the midwife scritto da Jennifer Worth nel 2002 e
pubblicato in Italia nel 2014. Jennifer è un’infermiera
inglese, poi diventata musicista, che in gioventù (nei primi
anni cinquanta) ha lavorato come levatrice nella zona più
proletaria di Londra, quella del porto.
L’ambiente,
le famiglie, le donne e i loro parti mi ricordano, per alcuni
aspetti, i racconti di alcune vecchie ostetriche, compresa quella che
mi ha fatto nascere in una corte di campagna molti anni fa. Ma nel
diario di Jennifer la realtà sociale non è solo di
povertà ma di una vera e propria miseria, oggi inimmaginabile,
dove regna il degrado sociale, culturale e morale. L’assistenza
ostetrica domiciliare non è garantita da un servizio sanitario
pubblico ancora allo stato embrionale. A garantire l’assistenza
gratuita vi è l’ordine monastico anglicano delle suore
infermiere della Nonnatus House, che ho verificato essere
ancora oggi presenti con attività consultoriali. Queste suore
assumono, per potenziare la loro attività, giovani infermiere
ed ostetriche, tra queste Jennifer, che in bicicletta corrono
dove è richiesto aiuto, anche di notte, in quartieri ancora
semidistrutti dai bombardamenti, tra vicoli sudici e case sconnesse.
Molte
le storie di parti non sempre facili (un podalico assistito per la
prima volta, una eclampsia, un parto prematuro, una partoriente
rachitica, ecc.) e i ritratti delle protagoniste, con molti figli,
sole o con il marito scaricatore sempre in osteria ad ubriacarsi.
Abbiamo Muriel “una ragazzotta prosperosa di venticinque
anni al quarto figlio”, Edith che “piccola e
consunta...aveva tirato su sei figli” e a quarant’anni
partorisce il settimo figlio, Molly “una ragazza di
diciannove anni che aspetta il terzo bambino” e vive in un
appartamento “dall’odore opprimente, un ripugnante
miscuglio di sudore, urina, feci, sigarette, alcol” e tante
altre donne con cui Jennifer ha un rapporto professionale
confidenziale ed empatico.
E’
una lettura coinvolgente, un racconto pieno di emozioni tra vite,
gioie e drammi vissuti da Jennifer con grande partecipazione e
speranza per un futuro migliore, come poi sarà con
l’istituzione del servizio sanitario nazionale in Inghilterra,
in Italia e in tutta Europa.
Gabrio
Zacchè
Da
Cronache
Sanitarie (agosto 2022)
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