Neve
– Maxence Fermine – Bompiani – Pagg. 107 –
ISBN 9788845242618
– Prezzo Euro 12,00
Giappone,
fine Ottocento. Yuko, diciassettenne ribelle, lascia la famiglia per
diventare poeta. Ma la sua poesia, dedicata interamente alla neve, è
troppo bianca, e per imparare a darle colore Yuko deve seguire gli
insegnamenti del vecchio poeta Saseki, ormai divenuto cieco. Saseki,
attraverso il racconto della sua passione per Neve, una ragazza
bellissima venuta dall’Europa e scomparsa mentre cercava di
attraversare un precipizio sospesa su una fune, insegna a Yuko la
forza e la potenza dell’amore. E con questo insegnamento Yuko
diverrà non solo un grande poeta ma – cosa più
importante – un essere umano capace di amore.
Nonostante
la disapprovazione del padre monaco, Yuko osserva l’inverno
ogni anno, trasferendo su carta le emozioni che gli suscita, nascono
così i suoi preziosi haiku che ben presto attireranno
l’attenzione dei molti.
Scopro solo dopo aver letto “Neve”
che è parte di una trilogia dal nome “La trilogia dei
colori”, e la cosa che accomuna i tre libri sono l’amore
e la perdita, sentimenti e personaggi che ruotano intorno al
protagonista principale.
Lo stile scelto dall’autore si
alterna tra brevi capitoli e haiku con sensibilità che ricorda
il rumore della neve in tutta la sua soffice essenza.
La
sostanza della storia, che sconfina in un sogno infinito, è
l’amore che assume un significato più profondo e
universale in un contesto onirico. In Neve è marcata l’idea
che l’amore sia un sentimento che trascende il tempo e lo
spazio, e che sia presente in tutte le forme di vita: una forza
immortale e senza fine che continua a esistere anche dopo la fine
della storia.
Neve è una fiaba che dona armonia, pace e
poesia anche se la seconda parte del libro potrebbe, forse, essere
considerata un po’ macabra, ma in fondo quale favola non lo
è?
Neve di Maxence Fermine è un piccolo gioiello
incastonato tra la trasparenza della parola e lo splendore
dell’immagine.
Citazioni
tratte da Neve
di Maxence Fermine
“Padre”
disse il mattino del suo compleanno in riva al fiume argentato,
“voglio diventare poeta.” (pag 13)
“La
poesia non è un mestiere. È un passatempo. Le poesie
sono acqua che scorre. Come questo fiume.”
Yoko
tuffò lo sguardo nell’acqua silenziosa e lesta.
Poi
si voltò verso il padre disse:
“E’
esattamente quello che voglio fare. Imparare a guardare il tempo che
scorre.” (pag 13)
“Che
cos’è la poesia?” domandò il monaco.
“
È
un mistero ineffabile,” rispose Yuko. (pag 14)
La
poesia è innanzitutto pittura, coreografia, musica e
calligrafia dell’animo. Una poesia al tempo stesso quadro,
danza, musica e scrittura della bellezza. (pag 33)
Non
fidatevi delle apparenze. Servono soltanto a smarrirsi. (pag 49)
“Perché?
In verità, il poeta, il vero poeta, possiede l’arte del
funambolo. Scrivere è avanzare parola dopo parola su un
filo di bellezza, il filo della poesia, di un’opera, di una
storia adagiata su carta di seta.
Scrivere
è avanzare passo dopo passo, pagina dopo pagina, sul cammino
del libro. Il difficile non è elevarsi dal suolo e mantenersi
in equilibrio sul filo del linguaggio, aiutato dal bilanciere della
penna. Non è neppure andar dritto su una linea continua e
talvolta interrotta da vertigini effimere quanto la cascata di una
virgola o l’ostacolo di un punto. No, il difficile, per il
poeta, è rimanere costantemente su quel filo che è la
scrittura, vivere ogni ora della vita all’altezza del proprio
sogno, uno scendere mai, neppure per qualche istante, dalla corda
dell’immaginazione. In verità, è difficile e
diventare funambolo della parola.” (pag 89)
Ci
sono due specie di persone.
Ci
sono quelli che vivono, giocano e muoiono.
E
ci sono quelli che si tengono in equilibrio sul crinale della
vita.
Ci
sono gli attori.
E
ci sono i funamboli. (pag 105)
Katia
Ciarrocchi
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