La
Certosa di Parma - Stendhal - Mondadori - Pagg.
594 - ISBN 9788804669289
- Euro 11,50
Teatri
e teatrini
Un
manoscritto intitolato "Origini delle grandezze della famiglia
Farnese", una storia di favoreggiamenti ecclesiastici con tanto di
prigioniero ed evasione da Castel Sant´ Angelo, una storia d´amore
clandestina, tante suggestioni di prima mano da frequentatore assiduo
dell´Italia: queste le principali fonti di ispirazione per la
scrittura di questo romanzo che purtroppo ha deluso le mie
aspettative.
In
estrema sintesi è raccontata la formazione di un giovane che nato da
una famiglia di reazionari si accende a entusiasmi dettati dal mito
di Napoleone e partecipa, con grande ingenuità , alla battaglia di
Waterloo, non capendo neanche di averlo fatto mentre il suo eroe è
battuto. Presto si inguaia, per eccesso di ingenuità, e scampa a
diversi pericoli per riuscire a ricadere sotto la protezione della
giovane zia Gina la quale, dopo averlo iniziato alla carriera
ecclesiastica, non tarderà a infatuarsi progressivamente del nipote,
il quale si rivela per buona parte della narrazione un farfallone.
Un´ accusa di omicidio lo allontanerà dalla corte di Parma che gli
ha dato asilo grazie appunto alla protezione della zia la quale da
vedova è divenuta amante del potente conte di Pietranera, primo
ministro dell´immaginaria corte parmense. É proprio la corte, per
larga parte della narrazione, a essere la protagonista indiscussa di
un piccolo mondo fatto di potenti che si contendono, con vari
intrighi, i favori dei regnanti. A ciò si intrecciano le peripezie
del giovane, il quale solo nel momento della sua cattura e della sua
prima prigionia scopre l´amore per Clelia Conti, un amore
impossibile, lui prigioniero, lei figlia del generale.
A
questo punto, un´ altra larga parte della narrazione è dedicata a
questo amore impossibile che rimarrà tale per altra buona parte fino
a giungere a una sorta di epilogo precipitoso e tragico.
Insomma,
neanche Dumas! Una giustapposizione di eventi rocamboleschi, dal
sapore vagamente avventuroso, condito da un´ ambientazione
minuziosa di una corte mai esistita, un amore impossibile, un
omicidio per legittima difesa, una torre per una degna e lunga
prigionia, gli avvelenamenti ripetuti e scongiurati, una
interminabile sequela di ammiccamenti al lettore francese che non
dovrebbe stupirsi di tutto ciò perché se dovesse richiamare il
principio di verosimiglianza, egli dovrebbe semplicemente ricordarsi
che siamo in Italia...
E
infine una Certosa, ultimo ritiro di Fabrizio del Dongo, il nostro
protagonista, vero emblema dell´antieroe, una Certosa che appare
solo alla fine ritagliandosi la sua centralità, del tutto sviante,
in questo titolo così famoso.
Sarà
lo stesso destino dell´ormai maturo Del Dongo: la sua centralità
non è forse dovuta in larga misura alla sua assenza dal palcoscenico
della corte che lo ospita, lui ennesimo teatrante fra mille, lui
icona della simulazione?
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