Dylan
Thomas: viaggio alla fine propria ferita
di
Felice Serino
Venere
giace nella sua ferita,
colpita
da un astro e le rovine sensuali
creano
stagioni sopra il liquido universo.
Il
bianco spunta nelle tenebre.
Il
suo vero nome era Dylan Marlais. Dylan starebbe a significare:
"Figlio marino dell'onda". Il Nostro nasce a Swansea
(Galles) il 27 ottobre 1914. La sola educazione formale che Dylan
riceve è alla Swansea Grammar School che frequenta tra il 1925 e il
1931. Il padre, poeta egli stesso, è insegnante presso questa
scuola. Il ragazzo non s'iscriverà all'università. Durante un breve
periodo lavora come cronista presso un giornale locale, il "South
Wales Daily Post", e in questo stesso periodo pubblica le prime
poesie. Presto si reca a Londra, ove entra a far parte di un circolo
letterario che si raduna nella Charlotte Street a Bloomsbury. Tra le
poesie pubblicate, e premiate, dal periodico "Sunday Referee"
- a cui egli collabora - vi sono quelle della poetessa e narratrice
Pamela Hamsford Johnson, con cui a partire dal 1933 Dylan inizia una
fitta corrispondenza che sembra sfociare, dopo il primo incontro nel
febbraio dell'anno seguente, in un legame sentimentale. Conosce in
quello stesso anno il poeta gallese Vernon Watkins, che resterà uno
dei più sinceri e disinteressati amici della sua vita. Già prima
dei vent'anni Dylan comincia a bere smodatamente, asciandosi dominare
letteralmente dall'alcool.A Penzance, in Cornovaglia, nel luglio
1937, egli sposa l'irlandese Caitlin Macnamara, modella del pittore
August John, che l'ha presentata al poeta alcuni mesi prima. Dylan
racconterà poi che appena dieci minuti dopo le presentazioni, sono
già a letto insieme. Nell'agosto 1938, Thomas si stabilisce con la
moglie a Laugharne, nel Carmarthenshire, in una casa di campagna
vicino al mare, luogo denominato "Sea View" in cui sarà
ambientato il "Dramma per voci" (Under Milk Wood, 1954).
Dal 1941, egli lavora saltuariamente presso l'industria
cinematografica e successivamente per la BBC con una serie di letture
radiofoniche.Le sue opere poetiche Eighteen Poems 1934, TwentyFive
Poems 1936, e alcune poesie di The Map of Love 1939, contribuiscono a
dar vita al movimento denominato "The New Apocalypse". Tali
poesie, molte delle quali surrealisticamente oscure, visionarie,
presentano un indubbio talento nel trattamento del ritmo e nel
sapiente uso delle metafore. Dove maggiore è la capacità di
controllare l'impeto creativo, è tuttavia da rilevare in Deaths and
Entrances, del 1946. "Nell'inevitabile contrasto di immagini",
dichiara Thomas, "io cerco di ricreare quella pace che dura un
attimo e che è una poesia". Detto per inciso, la pubblicazione,
ultima, dei Collected Poems 19341952 ( del 1952), raggiungerà la
tiratura di 10 mila copie. Egli nasce predestinato a un successo
duraturo, soprattutto post-mortem. Nella primavera del 1947, Dylan
Thomas si ferma per qualche settimana in Italia, a Villa Beccaro,
Scandicci (Firenze), dove tuttavia non si trova a proprio agio. Qui
sostituisce l'enorme quantità di birra a cui è abituato, al vino
italiano, con una conseguente ebbrezza che lo coglie molto prima, e
la cui causa è un immaginabile squilibrio psichico.Conosce poeti di
fama come Mario Luzi, Ottone Rosai, Piero Bigongiari, Eugenio
Montale. Giovanni Papini definisce la poesia di Thomas come "l'opera
di un ubriaco irresponsabile". Nel marzo 1949, il Nostro torna a
Laugharne, dove si trova a dover affrontare il problema di enormi
rretrati di tasse da pagare. Nell'autunno 1953 riceve il premio
Etna-Taormina. In ottobre si reca per l'ultima volta in America (vi
era già stato per brevi periodi negli anni 1937 e 1952), dove lo
coglie la morte per delirium tremens, a New York, nel Saint Vincent
Hospital, il 9 novembre. La diagnosi è: intossicazione alcolica
delle cellule cerebrali. Il 24 novembre le spoglie di Dylan Thomas
vengono sepolte nel cimitero di St. Martin a Laugharne. Da rilevare,
che nell'anno 1982 è stata collocata una lapide in suo onore nell'
Angolo dei poeti dell'Abazia di Westminster, a Londra.
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L'opera
thomasiana è definita caotica e ineguale. A volte la poesia sbocca
nelle forme della preghiera o dell'inno; si vedano i "canti
d'innocenza" o quelli del gruppo comprendente 12 frammenti di
"Visione e preghiera ", che inizia con questi versi: "Chi
/ Sei tu / Che nasci / Nella stanza accanto / Alla mia con tanto
clamore / Che io posso udire l'aprirsi / Del ventre e il buio
trascorrere / Sopra lo spirito e il tonfo del figlio / Dietro il muro
sottile come un osso di scricciolo? / Nella stanza sanguinante della
nascita / Ignoto al bruciare e al girare del tempo / E all'impronta
del cuore dell'uomo / Nessun battesimo si curva, / Ma il buio
solamente / A benedire / Il barbaro / Bimbo". (L'intero poemetto
è diviso in due parti; i primi sei frammenti sono a forma di
losanga, i secondi a calice). Sovente nella sua opera poetica pare
che l'autore giochi sul caos e sul filo dell'ambiguo "per
invogliare la critica ad arrendersi o a una condanna o a una
accettazione incondizionata" (Gabriele Baldini nell'introduzione
a "Poesie", 1974). Ma di tutto si può accusare questo
"alchimista" della parola, tranne che di faciloneria e di
improvvisazione. Il tema di fondo è quello della recherche di un
tempo infantile, d'innocenza, e l'ossessione è quella dello scavare
in profondità nell'alveo primordiale della nascita, come viaggio
doloroso verso l'altra "nascita" che è implicita nella
morte. ("Dopo la prima morte non ce ne sono altre": è
l'ultimo verso di "A Refusal"). Si contano vari traduttori
della sua opera poetica e in prosa che si sono cimentati nel
difficile compito di interpretarla. Fra questi vogliamo citare, nel
chiudere questo breve excursus, Eugenio Montale: "La forza che
urgendo nel verde calamo guida il fiore, / Guida la mia verde età;
quell'impeto che squassa la radice degli alberi // E' per me
distruzione. / E muto non so dire alla rosa avvizzita / Che questa
febbre invernale piega anche la mia giovinezza. // La forza che guida
l'acqua fra le rocce, / Guida il mio rosso sangue; quella stessa che
asciuga le sorgenti che gridano, // Le mie raggruma / (...). La
lirica [di Thomas] non ha un linguaggio da comunicare", scrive
Alfredo Giuliani, "è essa stessa il più alto e comprensivo
messaggio possibile, informazione magica faticosamente raccolta
dall'autore (...) la poesia sta ferma, romba dentro se stessa come
una pietra cava, tutte le lacerazioni si rimarginano nel tessuto
sonoro, sono soltanto figure del disegno elegiaco e celebrativo".
Nota
- Per la vasta bibliografia si veda "Dylan Thomas -
Poesie", Oscar Mondadori 1974, o anche "Letteratura
mondiale del 900", Edizioni Paoline 1980.
Da La
vita immaginata (Youcanprint, 2023)