Area riservata

Ricerca  
 
Siti amici  
 
Cookies Policy  
 
Diritti d'autore  
 
Biografia  
 
Canti celtici  
 
Il cerchio infinito  
 
News  
 
Bell'Italia  
 
Poesie  
 
Racconti  
 
Scritti di altri autori  
 
Editoriali  
 
Recensioni  
 
Letteratura  
 
Freschi di stampa  
 
Intervista all'autore  
 
Libri e interviste  
 
Il mondo dell'editoria  
 
Fotografie  
 
 
 

  Letteratura  »  I miei sette padri, di Adelmo Cervi, edito in proprio e recensito da Franca Canapini 30/07/2023
 



I miei sette padri. Storia di una grande famiglia antifascista raccontata da un figlio - Adelmo Cervi - edito in proprio

Reggio Emilia, 2022




Tramite l´osservazione attenta delle foto in suo possesso, i ricordi personali, i racconti, le testimonianze e le proprie fantasticherie, Adelmo Cervi ci narra la storia non ieratica, non imbalsamata dalla retorica politica, della sua famiglia e di suo padre e dei suoi zii.

Eccolo in copertina in pantaloncini e maglietta rossa, esattamente come l´ho conosciuto ad una festa dell´ANPI, che a cavalcioni della sua bici sembra allontanarsi dalla famiglia in primo piano, inseguito dall´amato cagnolino, per il quale alla festa raccoglieva il cibo avanzato da portargli a Reggio Emilia.

Lo contraddistinguono semplicità, schiettezza, pensiero divergente, laboriosità e un pizzico di follia, un po´ come nel libro afferma fossero i Cervi tutti. E´ un piccolo uomo che si trascina nell´anima un peso grande come un macigno. Perché non è solo figlio e nipote di eroi (che già sarebbe troppo per una persona),ma è anche un orfano di guerra, un bambino allevato dal nonno e dalle donne di casa, che dopo l´uccisione dei mariti, prese dalla quotidiana lotta per la sopravvivenza non avevano tempo neanche per piangere e ricordare. Un bambino la cui anima piange ancora l´assenza di un padre.


Dal 23 dicembre 1943, giorno in cui i Fascisti fucilarono per rappresaglia i sette fratelli Cervi al poligono di tiro di Reggio Emilia, sono trascorsi 80 anni. Tutta una vita per Adelmo che allora aveva 4 mesi. Ottanta anni dopo Adelmo sente l´urgenza di scriverne


"Questa non è LA STORIA.

Questa è una storia.

Dove prendo quello che mi hanno raccontato, ci attacco quello che non mi hanno raccontato e lo condisco con quello che ho scoperto e imparato leggendo libri e parlando con altri - parenti, amici, studiosi."


Così esordisce e questo è il suo stile. Secco, parlato, preciso, sincero, coinvolgente.


"...Com´eri? (rivolgendosi al padre Aldo che non ha potuto conoscere) Com´eri ogni giorno, dico, nella vita normale? Com´eri da bambino? Facevi capricci? Hai cominciato presto a tagliare l´erba e a mungere le vacche? E da ragazzo? Sei nato nel 1909, oggi avresti più di un secolo, come a dire che saresti morto comunque. Ma sarebbe stato diverso, andarsene magari a novantacinque anni, come il nonno Alcide..."


E prosegue per circa 400 pagine ripercorrendo tra narrazioni e commoventi riflessioni personali la vita di questi intelligenti, onesti e generosi contadini emiliani, che con il lavoro e la lotta politica avrebbero voluto migliorare la vita economica e culturale loro e altrui.

Scorrono le vicende della grande storia e la loro ricaduta su quelle della piccola storia familiare; emergono i profili delle persone, il padre, il nonno, gli zii, le donne di famiglia, soprattutto emerge la figura della nonna che dopo l´eccidio morirà di crepacuore.

Ma più di tutto si evidenzia lo sperdimento di Adelmo, la solitudine del bambino, la difficoltà di vivere in una casa che pian piano va trasformandosi in museo, in una casa "da cui piano piano - gentilmente, ma non troppo - il mito ti sta cacciando via. Ci vuole tempo per accettarlo." E la sua ricerca del padre che riesce a saziarsi solo al termine del libro.


Adelmo alla festa, seduto per caso accanto a me, mentre mangiavamo pastasciutta, mi ha chiamato "compagna". Ho provato un gran disagio, non mi chiamavano così dagli anni settanta del Novecento, mi è sembrato di tradirlo a non rivelarglielo. Però ho pensato che la tensione alla giustizia sociale, a fare le cose per bene e con onestà, a non sgomitare per arrivare primi, a non sopraffare gli altri ci accomunano e allora ...forse in qualche modo sono ancora una compagna.

Lui ci racconta di una guerra del Novecento, le cui conseguenze hanno avuto una ricaduta di dolore che perdura a distanza di quasi un secolo ed io rifletto che nel XXI secolo questi racconti, oltre a conservare la memoria di quello che fu, devono spingerci a perseguire la pace ad ogni costo e con ogni mezzo, se vogliamo definirci civili. Abbiamo una enorme necessità di "veri" politici illuminati che sappiano usare la diplomazia per dirimere i conflitti tra i popoli, e li dobbiamo pretendere.


Franca Canapini








 
©2006 ArteInsieme, « 014723987 »