Fisica
della malinconia - Georgi Gospodinov - Voland -
Pagg. 336 - ISBN 9788862431408
- Euro 15,00
Il
labirinto
Un
libro magnifico, con il potere di incantare facendosi leggere
facilmente.
Una
voce narrante ondeggia sui flutti del tempo, vede e sente ciò che è
stato già visto e già sentito dal proprio nonno. Il presente
intreccia il futuro e una scrittura magistrale culla l'animo, lo
incuriosisce episodicamente e poi lo innalza alla commozione. Poche
parole capaci di intenerire l'animo, di farlo commuovere fino a
renderlo partecipe degli eventi narrati, come se si fosse lì,
protagonisti.
Una
diagnosi: empatia patologica o sindrome ossessiva empatico-somatica,
malattia rara e incurabile che ha i suoi picchi nell'infanzia, mi
piace molto di più la prima definizione e a corredo una simil voce
enciclopedica che tratta di neuroni specchio: interessante
Gospodinov, sull'onda lunga delle rivelazioni ultime delle
neuroscienze.
E
poi un filo conduttore, il Minotauro, bambino, figlio, in una nuova
veste rispetto alle fonti mitologiche: parlante, ma soprattutto
umanizzato e allontanato dall' iconica mostruosità che fa di lui lo
spettro di tutti i mali. Si sofferma Gospodinov sulla riproduzione
del mito che vede il mostro rappresentato come lattante in braccio
alla madre Pasifae, un mostro bambino, nascosto poi nel labirinto,
quello nel quale si ferma la nostra immaginazione nutrita da secoli
di famelico eccidio di giovani ateniesi sacrificati ai suoi appetiti.
Pensatelo bambino, il Minotauro.
E
ancora tornare al bambino voce narrante che entra letteralmente nel
corpo del padre, nei suoi pensieri, nel suo essere stato anche lui
bambino, ladro di uova o ragazzo innamorato o padre di quel te che
sbircia la sua intimità. Geniale.
Si
apre poi una più netta sezione affidata alla memoria dell'io
parlante e si è stati bambini negli anni '70, anche se non nella
Bulgaria socialista, ci si ritrova subito nel ricordo: a me sono
bastati gli indiani, figure stilizzate in plastica che riportano a
scontri epici, inutile dire che non ho mai mosso un soldato. Il
pulviscolo del cinematografo, mosca cieca e poi aneddoti del tutto
personali ma che, inutile tacerlo, hanno sempre una lontana e venuta
assonanza con i miti di cui il narratore si è nutrito fin da
piccolo.
Le
sezioni successive si accompagnano, purtroppo, all'abbandono dell'
infanzia e alla perdita degli effetti della sindrome empatica, a una
prima fase di spiegazione dell'affievolirsi degli stessi, segue una
carrellata di ricordi: anni '80, '90 e l'allerta pre apocalittica
precedente il salto di millennio: qui le notazioni si fanno più
evanescenti ma anche sottilmente ironiche, divertenti, nonostante sia
analizzato il genere umano nella sua interezza come essere debordante
delle più viscide manie e del tutto incapace di cogliere i segni
naturali che anticipano la sua fine. In queste osservazioni ci siamo
tutti noi, è una parte interessante, a me ha risvegliato echi
sebaldiani sul trascorrere del tempo anche se l'intento qui mi sembra
più quello di voler ridicolizzare la società super tecnologica,
all'avanguardia, che però ci sta disumanizzando progressivamente e
inesorabilmente.
Snocciola
ricordi la voce narrante e con essi sgrana il Tempo, suo e in qualche
misura anche nostro, meno comunista, meno Europa dell'Est, ma anche
nostro. È la malinconia del mondo, questa è la sua fisica, il
codice per decifrarla sono il mito o l' esametro omerico o Esiodo,
Plutarco o più semplicemente il ricordo.
Questa
è la fisica della malinconia, un sentimento del tempo che può
affidarsi alla fisica quantistica per disgregare l´essere e
demolirne la centralità sorridendo della nostra finitezza e aprendo
a una prospettiva panteistica molto affascinante. Rimane la
malinconia come sentimento del mondo, il nostro, perso in una
dimensione temporale fittizia, ma per noi così reale da
schiacciarci, se solo ne fossimo pienamente consapevoli; altrimenti
non resta che vagare dentro questo labirinto e perdersi senza il filo
di una narrazione o al più tentare di costruirla.
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