Tre
sorelle - Anton Cechov - Einaudi - Pagg. 95 -
ISBN 9788806064785
- Euro 11,00
"Bisogna
vivere...bisogna vivere..."
Con
"Tre sorelle" sono approdata poco tempo fa al teatro di Anton
Cechov (1860-1904), che da tempo suscitava la mia curiosità.
Composta
nel 1900 e portata in scena per la prima volta, a Mosca, l´anno
immediatamente successivo, l´opera si compone di quattro atti, nel
corso dei quali si succedono altrettanti periodi della vita familiare
dei Prozorov: Andrèj Sergèevic e le sue tre sorelle (Olga, Irina e
Masa), figli di un generale venuto a mancare - quando si apre il
primo atto - proprio l´anno prima.
La
loro casa viene abitualmente frequentata da un gruppo di ufficiali
alquanto variegato al suo interno, mentre l´ambientazione è quella
della provincia russa, in un capoluogo di governatorato, come si
rende noto all´inizio sotto la lista dei personaggi.
Questo
lavoro di Cechov non è propriamente un dramma, ma un vaudeville,
secondo quanto precisato nella prefazione da Gerardo Guerrieri,
traduttore del testo per l´edizione Einaudi che ho avuto modo di
leggere. Il termine vaudeville indica una commedia dai toni leggeri,
ma a ben guardare "Tre sorelle" non dà l´impressione di
esserlo, non pienamente per lo meno. Al di là di alcuni passaggi che
possono suscitare qualche sorriso, la rappresentazione nel suo
insieme, per quanto ben lontana dalle atmosfere del teatro del più
anziano Ibsen, tocca temi esistenziali che non invitano certo alla
spensieratezza. Il tema del tempo che, inesorabile e indifferente,
scorre troppo velocemente portandosi via aspirazioni, sogni e
illusioni dei personaggi si lega a quelli del lavoro e delle
trasformazioni della società che da militare tende a farsi sempre
più civile e borghese, come sottintende non solo il trasferimento
della brigata cui appartengono gli ufficiali frequentatori di casa
Prozorov, ma anche il fatto che una delle sorelle, Masa, sia stata
data in moglie a un insegnante di ginnasio e che lo stesso Andrèj,
invece che seguire le orme paterne, insegua la carriera da accademico
per poi perdersi nel gioco d´azzardo.
"[...]
Una volta l´umanità non si occupava che di guerre; la sua
esistenza era un seguito d´invasioni, di spedizioni, vittorie.
Tutte queste cose adesso sono sparite, e hanno lasciato un vuoto
enorme che non è ancora stato colmato; l´umanità è alla ricerca,
alla ricerca, e finirà col trovare! Per forza! Chissà quando però:
speriamo in tempo! [...]"
La
penna dell´autore fotografa una società in pieno disfacimento,
dove si ritrovano insieme, non senza contraddizioni, nuove istanze e
vecchie tradizioni, coesistenza che culmina nel duello finale che si
porterà banalmente via il barone Tuzenbach o nello sprezzo arrogante
di Natasa nei confronti della servitù. Le tre sorelle Prozorov sono
testimoni di tutti i cambiamenti, piegandosi a un destino di
infelicità e insoddisfazione che non condurrà nessuna di loro nella
tanto agognata capitale Mosca.
Particolarmente
filosofici suonano alcuni scambi di battute e considerazioni sul
futuro, la felicità e il progresso dell´umanità, nonché a tratti
utopistici. Presumo che il ferreo senso del dovere incarnato da certi
personaggi dell´opera in questione sia stato rivalutato e
apprezzato in un secondo momento dal successivo regime sovietico,
dinanzi al quale il teatro di Cechov non godette all´inizio di
grande favore.
Nel
complesso, una lettura abbastanza scorrevole che, tuttavia, non mi ha
coinvolta pienamente.
Laura
Vargiu