Senza
pietà - Patricia Highsmith - Bompiani - Pagg.
280 - ISBN 9788845223990
- Euro 6,00
Un
giallo degli anni Sessanta
Pubblicato
nel 1965, il romanzo "Senza pietà" della scrittrice
statunitense Patricia Highsmith (1921-1995) non mi è parso un
capolavoro né uno di quelli destinati a restare tra gli
indimenticabili del genere in questione; diciamo pure senza infamia e
senza lode, dal momento che si lascia sì leggere bene, ma come
giallo, alla fin fine, non si rivela eccezionale, almeno secondo
me.
Lettura,
dunque, abbastanza scorrevole dopo aver superato le lente descrizioni
della parte iniziale, propedeutica a mettere a fuoco la situazione,
non delle migliori, tra i due giovani coniugi (lui scrittore, lei
pittrice) protagonisti di questa storia di ambientazione britannica.
A poco a poco, infatti, il ritmo della narrazione si velocizza e se
in un primo tempo il personaggio di Sydney appare piuttosto
indisponente e forse addirittura inquietante per via del suo
atteggiamento nei confronti della moglie Alicia, da un certo punto in
avanti tutto si ribalta e quello che avrebbe dovuto essere soltanto
un sorta di gioco senza alcuna importanza diviene invece una trappola
senza via di fuga per il povero marito. Povero perché nemmeno lui,
così assorbito dalla scrittura e dalle storie diciamo movimentate a
cui la sua fantasia dà vita nella speranza di sbarcare il lunario,
avrebbe pensato di cacciarsi in un guaio del genere.
"La
finzione con la quale si era divertito fino a quel momento era
improvvisamente diventata realtà".
A
privare la narrazione di fascino e maggior coinvolgimento è questo
giocare a carte totalmente scoperte da parte dell'autrice con il
lettore, il quale è persona costantemente informata dei fatti,
almeno sino al capitolo 27. Certo, l'epilogo di lì a poco è
alquanto spiazzante e l'effetto sorpresa stavolta c'è, ma le battute
finali, a mio avviso, non sono sufficienti a rendere eccezionale
l'intero romanzo che, qua e là, mostra qualche ingenuità, come lo
sperare di Sydney che le impronte digitali lasciate nell'appartamento
di Tilbury - in definitiva, un altro beffato come lui - non vengano
rilevate (è presumibile che a inizio/metà anni Sessanta le tecniche
della scientifica non fossero progredite come quelle attuali, ma la
polizia qualcosa avrebbe pur trovato anche allora). Quanto alla
protagonista femminile, Alicia è un personaggio poco convincente,
nonché la vera responsabile, con il proprio comportamento vigliacco,
della morte dell'amante e del fatto che il marito diventi un
assassino. Tra i personaggi secondari, fa invece una pessima figura
quello di Alex, il socio per così dire di Sydney, a cui poco importa
né dell'uno né dell'altra dei signori Bartleby e che, pronto a
trarre vantaggio personale dalla situazione, mostra soltanto tutta la
sua avidità. Carino, e neanche mal riuscito, quello dell'anziana
signora Lilybanks; peccato muoia d'infarto nel momento meno
opportuno, senza suscitare inoltre grande commozione.
Nel
complesso, il voto non supera le tre stelle.
Laura
Vargiu