MIGUEL TORGA
di Fabrizio Manini
Adolfo Correira da Rocha
nasce nel 1907 in
Portogallo. Insieme a Fernando Pessoa è riconosciuto tra i maggiori autori del
Novecento portoghese, tanto da condividere con l'illustre contemporaneo
l'assunzione di un eteronimo che vuole significare la frantumazione dell'io a favore dell'esistenza del “doppio” e del “sosia”.
L'inquietudine dello sdoppiamento fra se stesso e l'Altro sarà ricorrente in
tutta la produzione di Torga e porterà a un continuo
e violento confronto fra queste due entità, specialmente dal 1934 in poi quando consegue
la specializzazione universitaria. Egli assume il nome di Miguel, in onore di
Cervantes, da cui riprende il concetto dell'impossibilità attuativa riguardo
all'ideale di essere uomo e scrittore; oltre a questo Cervantes e Pessoa
saranno i protagonisti di molte sue liriche. Il primo, simbolo di sogni e
chimere, è radicato alla terra d'Iberia, definita “terra
tumor d'angoscia nera e disperata” dove tuttavia
la natura accoglie con gioia il genio che lì viene a trovarsi; il secondo
appare agli occhi di Torga come un occulto creativo
di versi sfuggenti, alla stregua di un trovatore-argonauta che canta la
centralità lusitana attraverso l'esaltazione delle qualità naturali e terrene
dell'essere umano. In fondo una delle sue opere migliori come l'Orfeo
ribelle (1958) da una definizione del poeta assoluto con cui Torga ambisce a identificarsi: la verità poetica diffonde
la speranza, ma porta con sé la paura di essere uomini
in una vita dove la scrittura si abbandona alla nostalgia di vivere. Torga creò su di sé la maschera di Orfeo iberico e
insofferente, combattivo e solitario, lontano da scuole o movimenti culturali
(pur essendo attivo collaboratore di varie riviste) e per questo inevitabilmente
e incessantemente combattuto fra i naturali richiami terreni e una ricerca
spirituale-interiore dove colui che verseggia è cittadino del mondo e sfida
quest'ultimo con la propria difesa.
Le influenze moderniste, l'attenzione verso i contemporanei in
generale, Joyce e Proust in particolare, gli suggeriscono una scrittura
elaborata ma diretta, emotiva e realistica insieme,
attenta alle istanze sociali così come a quelle esistenziali. In ultima analisi
ciò che veramente gli interessa è la difesa della vita e questo avviene
attraverso un radicamento ai luoghi natii che forniscono lo sfondo delle sue
opere: non a caso in portoghese la parola “Torga” che
ha scelto come cognome indica una pianticella montana resistentissima a tutte
le avversità. Oltre alle poesie egli scrive anche romanzi, racconti, novelle,
testi teatrali, dai quali tutti traspare l'ansia di un riscatto individuale che
emerge prima nell'esaltazione di un universo umano-religioso e poi nella
celebrazione di un paganesimo di matrice druidica correlato di astrazioni
terrene e sovrannaturali che lo portano a dire “è sotto il suolo che mi
cerco”. L'aver collaborato tre anni (dal 1927 al 1930) con la prestigiosa
rivista Presença ha portato l'autore a delimitare
chiaramente la sua visione di cultura e il suo modo di scrivere; tale
esperienza gli ha permesso di allargare i propri orizzonti a un pubblico ampio
e non più circoscritto solo agli amanti delle avanguardie, lo ha persuaso a
rifiutare nettamente qualsiasi etichetta di “scuola di pensiero” e lo ha portato
a un atteggiamento di sostanziale ambiguità nei riguardi degli eventi politici.
In conclusione l'uomo teorizzato e vagheggiato da Torga
appariva molto lontano dalla storia di un Portogallo che per buona parte del
secolo scorso non è certo stato un paese ricco; era qualcosa di legato alla
realtà naturale, prodotto della terra iberica, fango e chiaro di luna in
perenne lotta per ciò che è e ciò da cui proviene e in cerca di una qualche
verità che non può comunque riuscire a trovare. I testi che vi propongo sono Appello
e Reminiscenza tratti entrambi da Orfeo ribelle; i versi di
speranza e, allo stesso tempo, di rassegnazione uniti alla volontà di
combattere e al timore di essere uomini “che più non germogliano” trovano qui
la loro summa in una persona sola che non vuol saperne di arrendersi e che non
è difficile immaginare come Torga stesso.
APPELLO
Decidetevi in fretta, finché è tempo,
se volete
accudirmi.
Procuro di resistere
all'avversario,
e ho
bisogno d'aiuto.
Ma chi mi verrà in soccorso,
sappia che
soltanto
potremo
combattere
sulle vette e
nei baratri
sugli estremi
confini,
ai limiti
del mondo
e
dell'essere mio.
REMINISCENZA
Prosegue l'incubo.
Felice il tempo, che non ha memoria!
È soltanto degli uomini
quest'altra vita del ricordo.
E così inutili certe agonie
che il
passato distilla nel presente!
Così inutili i giorni
che l'animo
rifà e il corpo più non sente!
La ricordanza dolente permane
nelle
cicatrici.
Tronchi recisi che più non
germogliano
e
rimangono verdi, vegetali,
nel silenzio
profondo
delle radici.
Riferimenti:
Miguel Torga, Poesie, Fabbri Editori.