Le
cinque chiese
di
Stefano Giannini
In
quel solatio, ma sfortunato paese, seduto su di un promontorio a metà
della valle del Savio, posto sulla costa del colle esposto a
mezzogiorno, che dalla sommità di Tezzo si srotola verso
l’ansa più bella del Savio, dove il fiume gemello del
Tevere, riceve il tributo irregolare dell’affluente Fanante,
abitato da secoli da indomita, onesta e laboriosa gente (al tempo,
per lo più pastori e contadini, oggi operai, artigiani,
pensionati, ed extracomunitari), da tempi immemorabili v’era
una parrocchia e naturalmente un parroco che custodiva quel gregge di
anime buone. Tutto normale se non fosse stato per la chiesa
parrocchiale che non trovava pace, non si rassegnava di restare
tranquilla e stabile nel posto ove era stata eretta, per non più
di duecento anni.
Si
può dire avesse la sindrome della Fenice, con la differenza
che rinasceva sempre in siti diversi.
Un
malefico e misterioso destino incombeva inesorabile e perenne su
quelle benedette mura. Forse si trattava di un maligno e dispettoso
gioco del diavolo. Da quando, nell’anno milleduecento, o giù
di lì, fu eretta la prima, ai giorni nostri, di chiese ne sono
crollate e poi riedificate almeno sei, (la
sesta chiesa, quella
attuale, costruita nel 1983 con il contributo dello Stato, del
parroco Don Egisto Battistini e dei
generosi parrocchiani, sta ancora ferma al suo posto,
integra, ma fino a quando ?).
Le cause dei crolli furono sempre le stesse: ripetuti movimenti
franosi e terremoti, susseguitisi negli ultimi otto secoli, che hanno
coinvolto e sconquassato un vasto territorio, i suoi borghi, il paese
e le sue chiese.
Una
di queste frane più recenti, (30.5.1939), trascinò a
valle, per 54 metri l’intera borgata “Cassandra”,
senza che le abitazioni crollassero.
Questi,
in breve, alcuni cenni quasi
storici delle cinque chiese crollate:
la
prima chiesa di cui si ha memoria, eretta attorno al 1200, sorgeva a
fianco del Castello di Federico II°, era dedicata a San Donato, e
per 150 anni restò al suo posto, poi un brutto giorno
dell’anno 1350, nel borgo, a ridosso del castello
riecheggiarono prima un sinistro boato, poi le acute grida delle
popolane che assistettero attonite al crollo della chiesa e di parte
dell’antico maniero, crollo dovuto ad un improvviso distacco
della roccia friabile su cui sorgevano.
La
seconda chiesa fu eretta nel 1355, dedicata alla Madonna Assunta e a
Sant’Egidio Abate, detta anche Santa Maria de Castro Bezii, dal
nome del castello omonimo, situato a ridosso della chiesa, località
che in seguito fu chiamata "Cassandra", toponimo derivato
da Cà della Sandra, nobile e pia signora, discendente dai
conti Bezii, proprietaria dei fondi del circondario. Anche questa
chiesa un fatidico giorno del 1593 fu travolta e sbriciolata da una
frana assieme ai resti del castello. Probabilmente vi furono anche
vittime.
Quest’ultimo
avvenimento non è ben documentato perché un incendio
dell’archivio diocesano distrusse gran parte degli antichi
testi.
La
terza chiesa dedicata a S.Egidio Abate, fu costruita nell’anno
1634 sui ruderi di un antico monastero. Una lapide dell’epoca,
murata nell’attuale chiesa, riporta i nomi del vescovo
committente, del parroco e del costruttore. Ancora ai giorni nostri,
nel luogo ove sorgeva la chiesa affiorano dal suolo teschi e ossa
umane. Nei pressi, a testimonianza del luogo sacro, resta in piedi
una piccola, deliziosa celletta dell’epoca, dedicata alla
Madonna.
Anche
questa chiesa, nel 1778 (dopo 144 anni), fu trascinata via da
un’altra gigantesca frana. E’ ancora visibile la grossa
faglia nel terreno.
La
quarta chiesa fu eretta attorno all’anno 1780 in una località,
in seguito denominata: “Chiesa Vecchia”, più in
alto rispetto alla precedente.
Restò
in piedi per 110 anni, il crollo, causato da un forte terremoto
avvenne nel 1890, che per fortuna non fece alcuna vittima.
Queste
chiese rurali, non furono significative opere architettoniche, solo
modesti fabbricati di culto, senza troppe pretese ma, per quelle
genti, erano imponenti cattedrali.
La
quinta chiesa (dove fui battezzato), fu costruita nell’anno
1895, con tanti sacrifici dei soliti poveri ma tenaci parrocchiani.
All’inaugurazione seguirono grandi festeggiamenti che
coinvolsero tutta la gente della zona e delle parrocchie limitrofe.
Tutti si augurarono che la malasorte fosse terminata e che questa
bella ed ampia chiesa, a tre altari, più grande delle
precedenti, restasse in piedi per molti secoli a venire; invece, fu
quella che ebbe la vita più breve, solo 74 anni. Nel 1969 fu
dichiarata inagibile dalle autorità, e dovette essere
abbandonata per le grosse lesioni provocate da un subdolo movimento
franoso, ancor oggi monitorato, dato l’incombente rischio di
scivolamento a valle, di una vasta zona, densamente popolata. Detta
chiesa, per la verità, non è ancora crollata, ma resta
sconsacrata e inagibile.
Poi,
per 14 anni, lo sfortunato paese restò senza chiesa
parrocchiale, fino al 1982, quando, l’ultimo, già
anziano ma intraprendente parroco, Don Egisto, si rimboccò le
maniche e costruì più a valle, l’attuale bella e
originale chiesa a forma di croce greca, tutta in mattoni rossi,
simili ai laterizi romani. Progettata dal noto architetto Fioravanti
di Cesena, dedicata ai Santi Padre Kolbe e S. Egidio.
La
prima pietra fu posata il 17/04/1982.
Infine,
come non bastassero le prove subite dalla chiesa parrocchiale, alla
morte dell’ultimo parroco, l’antica parrocchia, per una
pessima idea balenata in mente ad un “fantasioso”
Vescovo, fu soppressa, annullata, cancellata, depennata dalla storia,
dai registri ecclesiastici e da quelli statali.
Forse
punita per l’instabilità delle sue chiese ? No ! Solo
per il vezzo di un Vescovo di tracciare rigoni rossi sulla mappa
della diocesi.
Una
decisione, la sua, presa senza consultare i diretti interessati, cioè
i parrocchiani, discendenti delle genti che contribuirono a creare la
parrocchia e a ricostruire, con abnegazione e sacrifici, le chiese
che ripetutamente crollavano. Uno “sgarbo” alla piccola
comunità di 200 anime e, forse anche alle migliaia già
trapassate, che si sarebbe potuto e dovuto evitare.
Lo
sgarbo di quel Vescovo nei confronti dell’antica parrocchia ha
seguito quelli attuati, anni prima, anche dalle autorità
civili con la soppressione dell’omonimo Comune, della scuola
elementare e dell’ufficio postale.
Quello
sfortunato paese, declassato, umiliato e spogliato di tutta la sua
dignità, è il mio paese, dove sono nato e dove sono
ritornato a vivere dopo anni di emigrante.
Il
suo strano nome è SORBANO (suburbium)
= sobborgo della vicina città
di Sarsina, ma è anche probabile derivi da sorbo, visto
l’antico stemma: uno scudo entro cui campeggia una pianta di
sorbo e, ai lati, due leoni rampanti in campo blu, coronato dal
giglio fiorentino.
Infatti,
per ben 500 anni, dal 1428 al 1923, fu Comune sotto la giurisdizione
di (Fiorenza) Firenze.
Oggi
il suo nobile e antico toponimo non è che il nome di una via
della Città di Sarsina; nessuna lapide o targa che ricordi ai
posteri la lunga storia di questo ex piccolo e nobile comune. Per
completare l’opera demolitrice, anche la sua Chiesa, da
“parrocchiale” è divenuta semplice oratorio,
purtroppo ! Ma, per le funzioni religiose, può andare bene lo
stesso.
Nota:
La fotografia a corredo dell’articolo (Veduta di Sorbano) è
stata scattata dall’autore dello stesso.
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