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  Bell'Italia  »  Le cinque chiese, di Stefano Giannini 15/03/2017
 

Le cinque chiese

di Stefano Giannini




In quel solatio, ma sfortunato paese, seduto su di un promontorio a metà della valle del Savio, posto sulla costa del colle esposto a mezzogiorno, che dalla sommità di Tezzo si srotola verso l’ansa più bella del Savio, dove il fiume gemello del Tevere, riceve il tributo irregolare dell’affluente Fanante, abitato da secoli da indomita, onesta e laboriosa gente (al tempo, per lo più pastori e contadini, oggi operai, artigiani, pensionati, ed extracomunitari), da tempi immemorabili v’era una parrocchia e naturalmente un parroco che custodiva quel gregge di anime buone. Tutto normale se non fosse stato per la chiesa parrocchiale che non trovava pace, non si rassegnava di restare tranquilla e stabile nel posto ove era stata eretta, per non più di duecento anni.

Si può dire avesse la sindrome della Fenice, con la differenza che rinasceva sempre in siti diversi.

Un malefico e misterioso destino incombeva inesorabile e perenne su quelle benedette mura. Forse si trattava di un maligno e dispettoso gioco del diavolo. Da quando, nell’anno milleduecento, o giù di lì, fu eretta la prima, ai giorni nostri, di chiese ne sono crollate e poi riedificate almeno sei, (la sesta chiesa, quella attuale, costruita nel 1983 con il contributo dello Stato, del parroco Don Egisto Battistini e dei generosi parrocchiani, sta ancora ferma al suo posto, integra, ma fino a quando ?). Le cause dei crolli furono sempre le stesse: ripetuti movimenti franosi e terremoti, susseguitisi negli ultimi otto secoli, che hanno coinvolto e sconquassato un vasto territorio, i suoi borghi, il paese e le sue chiese.

Una di queste frane più recenti, (30.5.1939), trascinò a valle, per 54 metri l’intera borgata “Cassandra”, senza che le abitazioni crollassero.


Questi, in breve, alcuni cenni quasi storici delle cinque chiese crollate:

la prima chiesa di cui si ha memoria, eretta attorno al 1200, sorgeva a fianco del Castello di Federico II°, era dedicata a San Donato, e per 150 anni restò al suo posto, poi un brutto giorno dell’anno 1350, nel borgo, a ridosso del castello riecheggiarono prima un sinistro boato, poi le acute grida delle popolane che assistettero attonite al crollo della chiesa e di parte dell’antico maniero, crollo dovuto ad un improvviso distacco della roccia friabile su cui sorgevano.

La seconda chiesa fu eretta nel 1355, dedicata alla Madonna Assunta e a Sant’Egidio Abate, detta anche Santa Maria de Castro Bezii, dal nome del castello omonimo, situato a ridosso della chiesa, località che in seguito fu chiamata "Cassandra", toponimo derivato da Cà della Sandra, nobile e pia signora, discendente dai conti Bezii, proprietaria dei fondi del circondario. Anche questa chiesa un fatidico giorno del 1593 fu travolta e sbriciolata da una frana assieme ai resti del castello. Probabilmente vi furono anche vittime.

Quest’ultimo avvenimento non è ben documentato perché un incendio dell’archivio diocesano distrusse gran parte degli antichi testi.

La terza chiesa dedicata a S.Egidio Abate, fu costruita nell’anno 1634 sui ruderi di un antico monastero. Una lapide dell’epoca, murata nell’attuale chiesa, riporta i nomi del vescovo committente, del parroco e del costruttore. Ancora ai giorni nostri, nel luogo ove sorgeva la chiesa affiorano dal suolo teschi e ossa umane. Nei pressi, a testimonianza del luogo sacro, resta in piedi una piccola, deliziosa celletta dell’epoca, dedicata alla Madonna.

Anche questa chiesa, nel 1778 (dopo 144 anni), fu trascinata via da un’altra gigantesca frana. E’ ancora visibile la grossa faglia nel terreno.

La quarta chiesa fu eretta attorno all’anno 1780 in una località, in seguito denominata: “Chiesa Vecchia”, più in alto rispetto alla precedente.

Restò in piedi per 110 anni, il crollo, causato da un forte terremoto avvenne nel 1890, che per fortuna non fece alcuna vittima.

Queste chiese rurali, non furono significative opere architettoniche, solo modesti fabbricati di culto, senza troppe pretese ma, per quelle genti, erano imponenti cattedrali.

La quinta chiesa (dove fui battezzato), fu costruita nell’anno 1895, con tanti sacrifici dei soliti poveri ma tenaci parrocchiani. All’inaugurazione seguirono grandi festeggiamenti che coinvolsero tutta la gente della zona e delle parrocchie limitrofe. Tutti si augurarono che la malasorte fosse terminata e che questa bella ed ampia chiesa, a tre altari, più grande delle precedenti, restasse in piedi per molti secoli a venire; invece, fu quella che ebbe la vita più breve, solo 74 anni. Nel 1969 fu dichiarata inagibile dalle autorità, e dovette essere abbandonata per le grosse lesioni provocate da un subdolo movimento franoso, ancor oggi monitorato, dato l’incombente rischio di scivolamento a valle, di una vasta zona, densamente popolata. Detta chiesa, per la verità, non è ancora crollata, ma resta sconsacrata e inagibile.

Poi, per 14 anni, lo sfortunato paese restò senza chiesa parrocchiale, fino al 1982, quando, l’ultimo, già anziano ma intraprendente parroco, Don Egisto, si rimboccò le maniche e costruì più a valle, l’attuale bella e originale chiesa a forma di croce greca, tutta in mattoni rossi, simili ai laterizi romani. Progettata dal noto architetto Fioravanti di Cesena, dedicata ai Santi Padre Kolbe e S. Egidio.

La prima pietra fu posata il 17/04/1982.

Infine, come non bastassero le prove subite dalla chiesa parrocchiale, alla morte dell’ultimo parroco, l’antica parrocchia, per una pessima idea balenata in mente ad un “fantasioso” Vescovo, fu soppressa, annullata, cancellata, depennata dalla storia, dai registri ecclesiastici e da quelli statali.

Forse punita per l’instabilità delle sue chiese ? No ! Solo per il vezzo di un Vescovo di tracciare rigoni rossi sulla mappa della diocesi.

Una decisione, la sua, presa senza consultare i diretti interessati, cioè i parrocchiani, discendenti delle genti che contribuirono a creare la parrocchia e a ricostruire, con abnegazione e sacrifici, le chiese che ripetutamente crollavano. Uno “sgarbo” alla piccola comunità di 200 anime e, forse anche alle migliaia già trapassate, che si sarebbe potuto e dovuto evitare.

Lo sgarbo di quel Vescovo nei confronti dell’antica parrocchia ha seguito quelli attuati, anni prima, anche dalle autorità civili con la soppressione dell’omonimo Comune, della scuola elementare e dell’ufficio postale.

Quello sfortunato paese, declassato, umiliato e spogliato di tutta la sua dignità, è il mio paese, dove sono nato e dove sono ritornato a vivere dopo anni di emigrante.

Il suo strano nome è SORBANO (suburbium) = sobborgo della vicina città di Sarsina, ma è anche probabile derivi da sorbo, visto l’antico stemma: uno scudo entro cui campeggia una pianta di sorbo e, ai lati, due leoni rampanti in campo blu, coronato dal giglio fiorentino.

Infatti, per ben 500 anni, dal 1428 al 1923, fu Comune sotto la giurisdizione di (Fiorenza) Firenze.

Oggi il suo nobile e antico toponimo non è che il nome di una via della Città di Sarsina; nessuna lapide o targa che ricordi ai posteri la lunga storia di questo ex piccolo e nobile comune. Per completare l’opera demolitrice, anche la sua Chiesa, da “parrocchiale” è divenuta semplice oratorio, purtroppo ! Ma, per le funzioni religiose, può andare bene lo stesso.


Nota: La fotografia a corredo dell’articolo (Veduta di Sorbano) è stata scattata dall’autore dello stesso.

 
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