Lendinara,
l’Atene del Polesine
di
Renzo Montagnoli
Il
Polesine è una zona che corrisponde all’incirca alla
provincia di Rovigo, racchiusa fra due grandi corsi d’acqua, il
Po e l’Adige. Benché presenti note caratteristiche di
interesse, soprattutto per quanto concerne le architetture di non
suoi pochi centri, è scarsamente conosciuto, nel senso che non
attira la moltitudine di turisti che invece affluiscono nella
confinante provincia di Ferrara. Quali siano i motivi di questo suo
quasi isolamento non sono del tutto noti, ma certo il fatto d’essere
considerato una terra paludosa, soggetta più di altre alle
alluvioni del Po, contribuisce non poco a renderlo poco appetibile,
anche se le bonifiche che sono state fatte hanno risanato gran parte
del territorio, in cui ancora esiste il flagello delle zanzare, anche
se, a differenza di un passato non molto lontano, la malaria appare
definitivamente debellata. Eppure, come ho dianzi scritto, motivi per
una visita non mancano, perché ci sono dei paesi che hanno un
loro riflesso culturale per nulla disprezzabile e uno di questi è
Lendinara.
Distante
16 chilometri dal capoluogo di provincia Rovigo conta all’incirca
12.000 abitanti ed è divisa in due dal fiume Adigetto. Fin dal
XVIII secolo gode dell’appellativo di Atene
del Polesine
per i tesori artistici che la caratterizzano. Ed è di questi
che conviene parlare, tralasciando volutamente le attività
produttive che, se pur di non rilevanti dimensioni, sono tuttavia
presenti.
Sull’ampia
e bella piazza centrale, dove svetta una colonna con in cima il Leone
di San Marco (questo un tempo era territorio della Serenissima) si
affacciano il Palazzo Comunale, eretto dagli Estensi nel XIV secolo e
ora sede del Municipio (all’interno è possibile ammirare
nella sala canoziana una grata monacale lignea a intaglio e traforo,
risalente al 1447, e realizzata in stile gotico dai famosi fratelli
lendinaresi Lorenzo e Cristoforo Canozi) e la Torre dell’orologio,
un tempo uno degli ingressi del borgo, successivamente trasformata in
torre campanaria e dotata di orologio solo nel XVII secolo. Peraltro
Lendinara è ricca di testimonianze architettoniche come il
Palazzo Pretorio, uno dei più antichi del polesine, il bel
palazzo Ca’ Dolfin – Marchiori, eretto nel XVI secolo su
progetto di Vincenzo Scamozzi, allievo del Palladio, i palazzi
Malmignati-Boldrin (prima metà del XVI secolo), Cattaneo
(pure XVI secolo), Malmignati (sorge sulla riva destra dell’Adigetto
e risale al XVIII secolo), Perolari-Malmignati (si affaccia anch’esso
sulla riva destra dell’Adigetto ed è stato edificato nel
XVI secolo), il Teatro Ballarin, eretto nel XV secolo dagli Estensi
con lo scopo di farne un magazzino di granaglie, trasformato in
teatro solo nel XIX secolo.
Queste
sono le architetture civili di maggior risalto, ma non mancano quelle
religiose e fra queste mi corre l’obbligo di dire due parole
sul Santuario della Beata Vergine del Pilastrello, santuario mariano
che fu edificato nel 1576 a seguito di numerosi eventi miracolosi
avvenuti negli anni precedenti del secolo stesso, legati all’acqua
di una fonte con grandi poteri taumaturgici e che poi venne anche
deviata all’interno della chiesa, dove si trovano numerosi
affreschi e tele e fra queste un pregiato lavoro di Jacopo e Domenico
Robusti, rispettivamente padre e figlio, di cui il più noto è
il primo, senz’altro più conosciuto con l’appellativo
di Tintoretto.
Il
duomo di Lendinara è la Chiesa di Santa Sofia, costruita nel
lontano 1070, ma successivamente ampliata più volte; a fianco
si erge la torre campanaria, realizzata fra il 1797 e il 1857, che,
con i suoi 92,5 metri è una delle più alte d’Italia.
Pregevole
è poi la Chiesa di Santa Maria e Sant’Anna, edificata
nel 1433 e che all’interno presenta un’interessante tela
di Andrea Vicentino.
Esistono
poi altri edifici religiosi, a mio avviso, validi, ma di minor
interesse e sui quali pertanto non mi soffermo.
C’è
poi qualche cosa che non è esattamente identificabile, ma che
è frutto di un insieme di opere d’arte, di natura
(l’Adigetto ha un suo particolare carisma), di gente, di
negozi, di ciottolati, che fanno respirare un’aria d’altri
tempi, quella magica atmosfera che si incontra in tanti borghi
italiani e che è la chiave del loro successo. Sì, credo
proprio che l’appellativo di Atene
del Polesine
sia meritato e che quindi una visita sia raccomandata. Io ci sono
stato alcune volte, in occasione della premiazione di un concorso
letterario, ideato e ben organizzato da Gloria Venturini,
L’arcobaleno
della vita,
diventato ormai un classico, con la partecipazione di poeti e
narratori non solo italiani.
Come
arrivare a questa piccola, ma splendida realtà?
Se
si usa l’automobile ci sono la Superstrada Transpolesana, una
strada regionale e l’autostrada A13 (BO-PD), con uscita a
Rovigo.; con il treno c’è la linea Verona –
Rovigo, con fermata alla Stazione di Lendinara.
Per
il dormire e il mangiare, per maggior completezza e brevità,
rimando a questo link del comune di Lendinara:
http://www.comune.lendinara.ro.it/accoglienza-ristorazione.html
Quanto
alle foto, andando dall’alto in basso, rappresentano piazza
Risorgimento, la piazza del centro di Lendinara, ed è stata
reperita su Wikipedia, e il fiume Adigetto, scattata dall’autore
dell’articolo una decina di inverni fa.
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