La
Val Rendena
di
Renzo Montagnoli
C’è
una valle del Trentino- Alto Adige che mi è particolarmente
cara, perché lì ho trascorso molti mesi estivi da
bambino e da ragazzo, insomma era il luogo della mia villeggiatura.
Parlo della Val Rendena, sita in provincia di Trento e che, a
differenza di altre di quella regione orientate da Est a Ovest, è
orientata da Nord a Sud e poiché è delimitata
dall’Adamello a Occidente e dal Gruppo Dolomitico del Brenta a
oriente, montagne tutte di notevole altezza, beneficia di un numero
di ore di sole più limitato, e se poi si considera che è
percorsa da tre torrenti, che poi lì si riuniscono, cioè
il Sarca di Val Genova, il Sarca di Nambrone e il Sarca di Campiglio,
si può ben comprendere quanto possa essere ricca di
vegetazione. Grosso modo la valle inizia a sud con l’abitato di
Verdesina e finisce a nord con quello di Carisolo, il paese delle mie
vacanze estive, da cui se si prosegue al bivio e si prende la strada
a sinistra si entra nella selvaggia Val di Genova, mentre se si tira
dritto ci si arrampica verso il valico di Campo Carlo Magno,
incontrando il ridente villaggio di Sant’Antonio di Mavignola e
successivamente la rinomata località di turismo estivo e
invernale che risponde al nome di Madonna di Campiglio.
La
valle, benché non certo lunga (circa 20 Km.), è
suddivisa amministrativamente in 11 comuni, pressoché
attaccati l’uno all’altro e poiché giustamente
vige sulla strada il limite orario di 50 km. orari occorre procedere
con attenzione e nel pieno rispetto di tale limite perché gli
autovelox sono assai numerosi e tutti funzionanti.
Si
incontrano, appunto, partendo da Verdesina gli abitati di Porte di
Rendena, di Javrè, di Darè, di Vigo Rendena, di Pelugo,
di Spiazzo, di Strembo, di Bocenago, di Caderzone, di Massimeno, di
Giustino, di Pinzolo e infine di Carisolo, in parte frazioni e in
parte sedi comunali. Rispetto all’epoca in cui frequentavo
questi posti è cambiato molto: ricordo che già ad
andarci era un’avventura, su vecchi autobus stracarichi di
passeggeri che arrancavano sulla ripida e stretta strada delle
Sarche, con strapiombi che mozzavano il fiato, senza protezioni che
impedissero un eventuale volo del torpedone e con non poche vecchine
che pregavano per tutto il percorso. Una volta arrivati alla meta
alloggiavamo nel modesto appartamento preso in affitto in un paesino
che aveva ancora le stalle attaccate alle case e con la scena, che ho
sempre negli occhi, di due sorelle zitelle e molto anziane, vestite
dimessamente, che portavano due mucche a bere alla fontana della
piazza. Non è che ci fossero molte possibilità di
muoversi, mancando di un automezzo, e allora o si stava tutto il
giorno in un giardinetto in riva a uno dei Sarca, oppure si andava a
piedi in Val di Genova alle Cascate Nardis, o nel bosco a funghi.
Memorabile poi, nel corso di una villeggiatura, era la giornata a
Madonna di Campiglio (ci si arrivava con l’autobus) e poi,
meraviglia delle meraviglie, l’utilizzo di un mezzo di risalita
a fune, come la seggiovia che portava al Monte Spinale o la funivia
che arrivava sul Grostè, a toccare le basi dei picchi
dolomitici del Gruppo del Brenta. Di occasioni di divertimento non ce
n’erano, quindi mancavano sale da ballo, sale giochi per i
bambini, il cinema era quello parrocchiale, ma solo a Pinzolo, che
era ed è ancora il più importante paese della valle.
Con il buio, che calava piuttosto presto, a parte la cena, non
c’erano altre possibilità conviviali, se non una partita
a carte e in prossimità poi degli inizi degli anni ‘60
il bar del paese con il televisore e il seguitissimo “Lascia o
raddoppia?”. Occorrerà arrivare più o meno
intorno al 1968 perché a Pinzolo venisse aperta una sala da
ballo, il mitico “Ciclamino” fatto di luci soffuse e con
un disc jokey che cercava di animare le serate. In pratica la vera
vita si svolgeva di giorno, con le escursioni o a media quota, alla
piana del Bedole, ai piedi dell’Adamello, o ad alta quota, ai 5
laghi o meglio ancora alle Dolomiti di Brenta con i non facili
sentieri Orsi e delle Bocchette, camminate che affaticavano non poco
e che alla sera invogliavano a coricarsi presto e non certo a cercare
altri svaghi, peraltro, come detto, piuttosto limitati. Lì si
facevano amicizie, lì mi sono innamorato la prima volta di una
ragazzina del paese, rimediando un occhio nero per un pugno che mi
diede uno spasimante locale, insomma posso dire che la Val Rendena è
entrata come una valanga nella mia vita. Dopo questa occasione di
memorie ritengo opportuno evidenziare i motivi per cui vale la pena
di andarci a fare almeno una visita. E’ sempre stata una valle
agricola fino agli anni del boom economico, fatta di una agricoltura
povera, di sussistenza e quindi se si spera di trovare monumenti,
opere architettoniche e anche opere d’arte di pregio non si
potrà che restare delusi. In verità, per chi è
appassionato di pittura, c’è qualche cosa di
interessante da vedere: Simone il Baschenis ( circa 1495 –
1555) era un pittore bergamasco itinerante e nel suo percorso risalì
la Val Rendena, fermandosi a Javrè, a Pinzolo e a Carisolo;
infatti nel primo paese dipinse una Crocifissione nella parrocchiale
di Santa Maria Assunta, ma le opere più pregevoli furono
realizzate nelle altre due località; in particolare stupenda è
la Danza Macabra, soggetto ricorrente dell’artista, dipinta
sulla facciata della Chiesa di San Vigilio a Pinzolo, nonché
quella che ha impreziosito la Chiesa di Santo Stefano a Carisolo,
edificio religioso che vanta all’interno un altro affresco
dello stesso autore, la Leggenda di Carlo Magno (fra l’altro
questa chiesetta e l’annesso piccolo cimitero, posti a
strapiombo su una roccia, sono stupendi). Gli altri paesi della
valle, a parte chiese piuttosto antiche, non presentano bellezze
artistiche di notevole interesse, fatta eccezione per i centri
storici che in alcuni casi risalgono al XIV secolo. Pertanto
l’attrazione o meglio le attrazioni sono paesaggistiche e,
occorre dirlo, queste sì di notevole importanza, capaci di
affascinare sia il villeggiante sedentario sia quello che ama
camminare. Dalle comode passeggiate agli itinerari impegnativi, o
addirittura alle arrampicate, c’è di che soddisfare
tutti i gusti e le aspettative. Al riguardo, il solo fatto che siano
vicine delle montagne come l’Adamello, con i suoi ghiacciai, o
le Dolomiti di Brenta, con le loro vette aguzze, danno un’idea
delle possibilità offerte al turista. Non c’è
bisogno di essere dei Messner per andare per esempio in Val di Genova
alla piana del Bedole, a cui si può arrivare anche in auto, su
una strada asfaltata fino alle cascate del Nardis e poi solo su
carrozzabile e a traffico limitato; dal Bedole partono i sentieri che
salgono all’Adamello, ma lungo il percorso non si può
restare indifferenti al corso tumultuoso del Sarca e, soprattutto, è
consigliato fare una deviazione per ammirare, nel bosco, la magica
cascate del Lares. Sempre abbastanza vicine sono le cascate di
Vallesinella, nei pressi di Madonna di Campiglio, ma anche restando
nella valle itinerari soddisfacenti non mancano, come la salita al
Doss del Sabion, la montagna che sovrasta Pinzolo, o a piedi o con
una telecabina, per arrivare poi al mitico Rifugio Xii Apostoli, da
cui si gode una splendida vista sul ghiacciaio della Presanella ed è
il punto di partenza di itinerari ben più impegnativi. A
piedi, e solo a piedi invece, si può salire da Carisolo sulla
Cima Lancia, da dove la visuale spazia dall’Adamello al Gruppo
del Brenta, oppure, sempre con i propri piedi, si può
raggiungere l’eremo di San Martino, con magnifica vista sulla
valle. Riguardo a quest’ultimo percorso pongo l’accento
sul fatto che sembra facile, ma non lo è e in particolare non
è indicato per chi soffre di vertigini e per che chi è
convinto che si tratti di una scampagnata. In particolare, l’ultimo
tratto, molto accidentato e a strapiombo, richiede nervi e piedi
saldi, come anche testimoniato da alcune disgrazie che lì sono
accadute (a ogni buon conto c’è una fune metallica a cui
assicurarsi). Altri itinerari di sicuro gradimento e senza
particolari difficoltà sono i percorsi della Val Ceresina da
Vigo Rendena e della Val di San Valentino da Javrè, ai masi
Valastun da Pinzolo, alla cava di quarzo da Giustino, alla cascata di
Masanèl da Bocenago, alla Ruina Plan da li funtani da
Caderzone, ai masi del Vastùn da Strembo, alla Val di Borzago
da Spiazzo e al monte Campolo ancora da Carisolo. Non mancano,
ovviamente, le piste ciclabili e anche i percorsi per mountain bike.
Altro motivo di attrazione è costituito dalle terme: a
Caderzone c’è un impianto termale in cui si curano
affezioni cardio-vascolari, dermatologiche, patologie dell’apparato
respiratorio e osteoarticolari, inoltre c’è un
nuovissimo centro wellness dotato di sauna, bagno turco, docce
aromatiche, piscina con idromassaggio, grotta del sale e percorso
Kneipp.
Per
gli amanti degli sport invernali, a parte il comprensorio sciistico
di Madonna di Campiglio e Marilleva, assai famoso, c’è
il Doss del Sabion a Pinzolo con piste di diversa difficoltà e
per gli amanti degli sci stretti c’è un anello per il
fondo di 5 Km. a Carisolo, di cui 1,5 Km con illuminazione notturna e
fra l’altro con neve programmata.
Insomma,
sarà perché la val Rendena mi ha ospitato in gioventù,
per cui il ricordo è assai vivo, ma sta di fatto che è
un posto che merita ampiamente di essere visitato. Certo, con il
progresso soprattutto economico qualcosa è cambiato e la
gente, comunque sempre ospitale, è meno spontanea, il cemento
ha eroso parte della natura, le strade corrono ovunque, ma consola
che al tramonto, con i suoi riflessi rossastri, la Cima Tosa, che con
i suoi 3.173 metri è il picco più alto del Gruppo del
Brenta, è sempre lì e sembra vegliare sulla valle e i
valligiani, muta testimone di un tempo che passa per tutti, ma non
per lei.
Come
arrivare
Le
vie di accesso sono tre:
1)
dalla Val di Sole, passato il passo di Campo Carlo Magno e
transitando per Madonna di Campiglio;
2)
dal lago d’Idro, strada tortuosa e molto trafficata, passando
per Tione;
3)
da Trento o da Riva del Garda fino a Ponte Arche, poi per quella che
un tempo era la strada delle Sarche, l’orrido di cui ho
parlato, sostituito per fortuna da lunghe e comode gallerie.
Dove
soggiornare
Le
offerte sono tante e preferisco rimandarvi al sito in cui è
presente l’elenco:
www.campigliodolomiti.it
Il
corredo fotografico sarebbe assai numeroso, ma per esigenze di spazio
ho preferito limitarmi a quattro immagini che ritengo particolarmente
rappresentative, tutte reperite su siti Internet; nell’ordine
sono la cima Tosa, la chiesa cimiteriale di Santo Stefano a Carisolo,
la Chiesa di San Vigilio a Pinzolo e la cascata del Lares in Val di
Genova.
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