Dolomiti
di Brenta: dal rifugio Graffer al rifugio Tuckett
di
Renzo Montagnoli
Non
sempre per vedere panorami suggestivi o per arrivare quasi a toccare
delle cime dolomitiche è necessario diventare un rocciatore o
percorrere sentieri escursionistici attrezzati che richiedono
comunque, oltre a un certo allenamento, anche dotazioni tecnologiche
specifiche e la totale assenza di vertigini.
Esistono
infatti dei percorsi in quota che sono adatti a persone in buone
condizioni di salute, ambientate all’altezza e abituate a
lunghe camminate. Uno di questi si trova sulle Dolomiti di Brenta e
ovviamente l’ho percorso quando ancora ero giovane, ma mi
risulta che nulla sia cambiato e che quindi si possa parlarne con
cognizione di causa.
Poichè
il rifugio Giorgio Graffer di trova a 2.263 metri di altezza il primo
problema che si pone è come arrivarci da Madonna di Campiglio
e preciso subito che occorre portarsi un po’ più in alto
rispetto alla nota località di villeggiatura e cioè al
passo di Campo Carlo Magno, il valico che mette in comunicazione la
Val Rendena con la Val di Sole e che è comodamente
raggiungibile in pochi minuti d’auto. Lì si può
lasciare il mezzo, perché ci sono ampi parcheggi, e, in base
al tempo disponibile, al tempo atmosferico e al proprio grado di
allenamento, si prospettano due opzioni. La prima è quella
certamente più appetibile e cioè prendere la cabinovia
del Grosté che sale all’ominimo passo e da lì in
una ventina-trentina di minuti scendere al rifugio Graffer
utilizzando il sentiero SAT contrassegnato con il n. 301, oppure, ed
è la più faticosa, ma assicura un avvicinamento con
panorami che già si possono pregustare lungo il bosco, e cioè
percorrere una strada forestale che in circa due ore consente di
arrivare al rifugio Graffer. A questo punto mi permetto di aprire una
parentesi perché è sì piacevole fare escursioni
andando da un rifugio all’altro, ma quasi sempre non ci si
chiede chi sia stato il personaggio che dà il nome al rifugio
stesso. Giorgio Graffer nacque a Trento il 14 maggio 1912 e fu un
aviatore e alpinista; il suo aereo venne abbattuto nei cieli greci di
Delvinaki da caccia inglesi il 28 novembre 1940 e nell’occasione
gli fu conferita, alla memoria, la medaglia d’oro al valor
militare; in considerazione anche delle sue capacità
alpinistiche, emerse soprattutto in scalate su nuove vie nelle
Dolomiti di Brenta, venne deciso di onorarlo anche dando il suo nome
a questo rifugio che si trova in una posizione strategica per
escursioni e arrampicate.
Dal
Rifugio Giorgio Graffer si sale lungo il sentiero SAT 331 fino ad
arrivare a un incrocio con il sentiero SAT 316, che scende dal passo
Grostè, e da lì, su un itinerario costituito da facili
saliscendi, si arriva al rifugio Tucket in un tempo che grosso modo è
di 100 – 120 minuti. Anche in questo caso è opportuno
vedere le origini di questa costruzione, sita a m. 2.271 s.l.m. sotto
il famoso Castelletto Inferiore, meta di tante scalate. Venne
edificato nel 1906 da alpinisti tedeschi che lo dedicarono a Francis
Fox Tuckett, noto alpinista inglese. Da lì si aprono ampie
possibilità di arrampicate e di percorrere interessanti
sentieri attrezzati, fra i quali quello arcinoto delle Bocchette e
l’altro, pure famoso, cioè l’Osvaldo Orsi. In ogni
caso, si può dire che per normali turisti - ma non per caso -
proseguire sarebbe impossibile, oltre che pericoloso e quindi, a meno
che non ci si voglia fermare per la notte, è opportuno
prendere la via del ritorno passando per il rifugio Giorgio Graffer,
dove peraltro si può sostare e consumare il pasto, visto che
anche la cucina è piuttosto rinomata. Da lì, volendo,
si possono fare altre escursionei scendendo perfino al lago di Tovel,
ma per il momento e prima che la fatica si avverta in maggior misura
è opportuno ritornare al passo di Campo Carlo Magno. Se si è
fatta la salita in cabinovia si può pensare, sempre che le
forze ci siano, di scendere a piedi, opzione che consiglio vivamente.
Solo a titolo di notizia, non avendole a suo tempo fatte, le
escursioni possibili dal Rifugio Graffer consentono di scendere ad
Andalo e Molveno, le due principali località turistiche
sull’altro versante delle Dolomiti di Brenta.
In
questa sede mi limito ad aggiungere che, oltre alla possibilità
di avvicinarsi notevolmente alla dorsale delle Dolomiti di Brenta,
con splendidi scorci come è possibile rilevare anche dal
corredo fotografico, la vista a ponente è entusiasmante sui
ghiacciai dell’Adamello e della Presanella.
Nota:
le immagini, a corredo dell’articolo, rappresentano, dall’alto
in basso, il passo Grosté, il rifugio Graffer, il rifugio
Tuckett, il Castelletto Inferiore, la cabinovia del Grosté,
Campo Carlo Magno, e sono stati reperite su diversi siti Internet
dedicati, al pari delle informazioni che hanno consentito di
descrivere l’escursione.
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