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  Poesie  »  Generica  »  Quattro novembre 03/11/2006
 

            Quattro novembre

 

Mentre risuonano i tromboni in parata,

 

dalle doline del Carso emergono

 

le mani scheletrite di migliaia di caduti,

 

ghermiscono le note, le inghiottono

 

in un rumore sordo di mandibole sdentate.

 

Ancor oggi non li lasciano dormire in pace,

 

a distanza di anni l'esaltazione di una vittoria

 

cerca di cancellare l'orrore di battaglie

 

senza vinti, né vincitori.

 

Giovani italiani, giovani austriaci,

 

falciati come messi dalla lama della morte,

 

dalle occhiaie vuote lanciano un monito

 

a fronte del quale una vittoria non ha significato:

 

“Noi siamo il simbolo della sconfitta dell'umanità.

 

Felice è assai chi muore per la patria,

 

dicono i vivi senza però poterne dare prova;

 

avevamo vent'anni e la nostra felicità

 

era il bacio di una ragazza, una carezza,

 

il sogno di un futuro.

 

Siamo stati le comparse di un massacro;

 

abbiamo fatto il nostro dovere più degli altri

 

e non chiediamo che l'oblio.”

 

La parata è finita, i tromboni si sono zittiti,

 

ritorna il silenzio fino al prossimo quattro novembre;

 

anche quest'anno i vivi hanno tacitato

 

la coscienza con l'esaltazione della stupidità umana.

 

                                              

 

 

 
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