Accecate
i cantori
di
Angela Caccia
Presentazione
con i giudizi di Lucianna Argentino, Francesco Filia e Alberto
Trentin
Fara
Editore
www.faraeditore.it
Poesia
Pagg.
80
ISBN
978
88 94903 17 1
Prezzo
Euro 10,00
Il
poeta vede a occhi chiusi
E’
da un po’ di tempo che seguo la produzione di questa poetessa e
posso senz’altro dire che si presenta in continua evoluzione, e
non solo per le tematiche affrontate, ma anche stilisticamente. Sì,
Angela Caccia non è uno di quegli autori che si considerano
arrivati, finendo poi con il riposare un po’ sugli allori,
bensì ha compreso che c’è ancora tanto da
esplorare dentro il suo mondo interiore, così che ogni volta
che si accinge a scrivere dei versi è una ulteriore sfida con
se stessa, con ciò che sente e che vuole esprimere, con quello
di cui ha appena una percezione e che vorrebbe cosi tanto schiarire,
fare uscire da quell’oscurità per avere ulteriori
certezze. E’ anche questo il caso di Accecate i cantori,
titolo in verità un po’ spiazzante, tanto che prima di
leggere le poesie contenute in questa raccolta mi sono immaginato
tanti bambini dalle candide voci privati degli occhi, accecati
insomma. Ovviamente non è che Angela Caccia sia sadica e
pertanto quell’accecate è in senso figurato, quasi a
voler dimostrare che il poeta-cantore per vedere chiaro deve chiudere
gli occhi. E in un certo senso è vero, perché la realtà
dell’artista è un’immagine riflessa nel suo “io”,
deformata, rivisitata, sensibilizzata, il tutto in un lavorio,
probabilmente di neuroni, di cui il poeta non ha la precisa scelta o
volontà; è un qualche cosa che nasce d’improvviso,
una scintilla che poco a poco si fa luce; la creatività sembra
indipendente, e in effetti lo è, dalla volontà
dell’artista, come se dentro lo stesso ci fosse un altro, un
puro spirito che si risveglia. In quest’ottica, pertanto,
nascono le poesie, si stemperano le sensazioni e le emozioni nella
penna che corre sul foglio e infine non è raro che l’autore
stesso, a lavoro concluso, si meravigli del suo risultato. Per il
resto il mondo di Angela Caccia è fatto di ombre che
riemergono dal passato, da quei ricordi che il tempo in noi ha
rielaborato e che l’abilità dell’artista ripropone
nel loro significato, privo di perniciosi paludamenti, un’integrità
di sostanza che sapientemente proposta si fa poesia. A dire ciò
può sembrare avulso da una realtà obiettiva, potrebbe
anche dare l’impressione di un astruso ragionamento di un
pretenzioso aspirante critico letterario, ma per fugare questo dubbio
non c’è di meglio di leggere questa raccolta, di
assaporare verso dopo verso la prospettiva esistenziale dell’autore
e in tal senso credo che un assaggio valga più di mille
parole: Ci vuole una minuziosa / e paziente / esperienza al male /
quanto basta / per imparare a difendersi dalle parole / dalle mani
spaiate / entrambe dispari incapaci di una stretta / dalla natura
servizievole della compassione / dal fiore senza giardino / che vive
e muore nello spazio di un vaso / non ci addestra mai al dolore /
al male sì / per fronteggiarlo in qualche modo.
Non
mi resta che augurare buona lettura.
Angela
Caccia,
funzionaria in un ente pubblico, vive e lavora a Crotone;
laurea in materie giuridiche la hanno ulteriormente abbarbicata alla
poesia. Gelosa dei suoi affetti, ritiene con Octavio Paz che “I
poeti non hanno biografia. La loro opera è la loro biografia”,
l’unica che restituisca il riflesso più fedele di un
autore –molte volte sconosciuto all’autore stesso. Ha
vinto diversi concorsi ed è inserita in numerose antologie.
Con Fara ha pubblicato le raccolte pluripremiate Nel fruscio feroce
degli ulivi (2013) e Il Tocco abarico del dubbio (2015). Con
LietoColle ha dato alle stampe Piccoli forse
(2017).
Web: ilciottolo.blogspot.it
Renzo
Montagnoli
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