I
vinti di Vittorio Veneto
a
cura di Mario Isnenghi e Paolo Pozzato
Edizioni
Il Mulino
Storia
Pagg.
384
ISBN
9788815279125
Prezzo
Euro 26,00
Il
dramma degli sconfitti
Come
è noto (o come dovrebbe esserlo, vista la crescente
disaffezione per la storia) la battaglia di Vittorio Veneto, iniziata
il 24 ottobre 1918 e terminata con l’armistizio firmato a Villa
Giusti il 3 novembre dello stesso anno, segnò per noi italiani
la fine della Grande Guerra, dopo più di tre anni di
sanguinosi combattimenti. E’ indubbia la gioia che dovettero
provare i nostri soldati, anche per la cessazione del sempre
incombente pericolo di restare uccisi, ma quale fu il comportamento
dei vinti, dei soldati di quel cosmopolita esercito imperial
asburgico? E’ questa la domanda da cui è nato questo
saggio scritto a quattro mani da Mario Isnenghi e Paolo Pozzato. Il
quesito è più che mai necessario perché posto
che gli sconfitti abbiano tirato un sospiro di sollievo per aver
allontanato così l’incombente pericolo della morte, è
altrettanto vero che quei militi battuti, laceri, affamati, si
trovarono frastornati per la perdita di quello che era sempre stato,
da secoli, il faro della loro esistenza, quell’impero
dissoltosi e smembrato ben presto in tanti stati non sempre legati da
rapporti amichevoli. Questa impensabile sconfitta si tradusse in una
generale sfiducia, tanto più marcata quanto più forte,
ed errata, era stata la convinzione di una supposta inferiorità
del soldato italiano, quel soldato che, quasi travolto con la
dodicesima battaglia dell’Isonzo e con la disfatta di
Caporetto, era quasi miracolosamente risorto già nel novembre
1917, per cambiare completamente, in modo positivo, a partire dal
mese successivo, tenacemente attaccato alla linea del Piave, capace
di respingere il nemico incalzante, per poi vanificare l’attacco
austriaco nella battaglia del solstizio, arrivando a contrattaccare e
ora addirittura travolgente nell’ultima e definitiva battaglia.
Onestà vuole che si riferisca che dopo il cruento scontro del
giugno 1918 le cose erano molto cambiate in campo nemico, era
subentrata una rassegnazione che in non pochi casi si era sviluppata
in una crescente tensione che aveva portato diversi reparti,
all’inizio soprattutto ungheresi, a disertare in massa, a
lasciare il campo per tornare nei luoghi d’origine.
Quell’impero, che dal di fuori pareva monolitico, si frantumò
come se fosse d’argilla e le tante nazionalità che lo
componevano e che da anni reclamavano un’autonomia sempre
negata, ora rialzavano la testa e cercavano di ottenere non
diplomaticamente o politicamente, ma con l’azione quello che
era da troppo nelle loro mire.
I
vinti di Vittorio Veneto è
un libro che è fatto di testimonianze, secondo un preciso
criterio cronologico nell’ordine dell’evolversi degli
eventi; abbiamo così degli scritti di parte avversa che ben
riescono a spiegare cosa accadde veramente e anche il perché;
sono affrontati quattro periodi temporali in cui è diviso
anche il volume: dall’illusione di vincere alla fine, la
battaglia di Vittorio Veneto, il crollo, cattura e prigionia.
Emergono
così dei temi meritevoli di ulteriori approfondimenti:
l’incapacità di accettare come evento certo la
sconfitta, i dissapori, per non definirli vere e proprie
esacerbazioni nei confronti degli ungheresi e degli sloveni,
l’illogica convinzione dell’inferiorità del
soldato italiano, la fine di un mondo sempre mitizzato, di
quell’epoca d’oro dei romantici balli di corte al ritmo
dei valzer degli Strauss.
In
questo senso il libro di Isnenghi e Pozzato assume un’importanza
basilare non solo per comprendere i motivi del dissolvimento di un
impero millenario, ma anche per rendersi conto che la Grande Guerra
fu l’occasione per legare quegli italiani che nell’unità
d’Italia vedevano solo un’entità astratta, e non
il sogno realizzato di un intero popolo.
Da
leggere, quindi.
Mario
Isnenghi,
uno
dei più autorevoli storici italiani, è professore
ordinario all’Università di Venezia, presidente
dell’Istituto veneziano per la Storia della Resistenza e della
società contemporanea e condirettore di «Belfagor».
Ha pubblicato fra l’altro: Il
mito della Grande guerra (Il
Mulino 1970 e ss.); L’Italia
in piazza (Mondadori
1994); I
luoghi della memoria (Laterza
1997 e ss.); La
tragedia necessaria. Da Caporetto all’8 settembre (Il
Mulino 1998), Storia
d'Italia. I fatti e le percezioni dal Risorgimento alla società
dello spettacolo (Laterza
2014),
Passati
remoti. 1914-1918. Due saggi sulla Grande Guerra (Edizioni
dell'Asino 2014), Ritorni
di fiamma. Storie italiane (Feltrinelli
2014), La
Grande guerra. 1914-1918 (Il
Mulino 2014, con Giorgio Rochat), La
grande guerra. I grandi uomini (40due
Edizioni 2014, con Giuseppe Castrovinci), Breve
storia d'Italia ad uso dei perplessi (e non) (Laterza
2014), Convertirsi
alla guerra. Liquidazioni, mobilitazioni e abiure nell'Italia tra il
1914 e il 1918(Donzelli
2015), Le
guerre degli italiani. Parole, immagini, ricordi 1848-1945 (Il
Mulino 2015). Con la sua direzione, sono usciti i sette volumi di Gli
italiani in guerra. Conflitti, identità, memorie dal
Risorgimento ai giorni nostri (Utet,
2008-2009) e Garibaldi
fu ferito (Donzelli,
2008).
Paolo
Pozzato
(Bassano
del Grappa, 1958), docente di storia e filosofia, come storico del
primo conflitto mondiale è membro della Società
italiana di storia militare. Fa parte dei comitati scientifici di
vari convegni nazionali e internazionali, nonché del Progetto
Ortigara sul recupero del patrimonio storico della prima guerra
mondiale sulle Prealpi vicentine. Ha pubblicato decine di libri e
tradotto numerosi memoriali austriaci e tedeschi sulla grande guerra.
Renzo
Montagnoli
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