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  Recensioni  »  Diario sentimentale, di Vasco Pratolini, edito da BUR 10/09/2019
 
Diario sentimentale

di Vasco Pratolini

Edizioni BUR Biblioteca Universale Rizzoli

Narrativa raccolta di racconti

Pagg. 253

ISBN  9788817057646

Prezzo Euro 8,90


Intensa umanità


Ogni volta che inizio a leggere un libro di Pratolini avverto, già dalle prime righe, un fremito che, dapprima quasi impercettibile, poco a poco satura il mio animo. Anche questi racconti, che riflettono in buona parte la vita dell’autore, sono un concentrato di grande umanità: un’infanzia segnata dal dolore per la perdita della madre, un’adolescenza in cui si combatte per sopravvivere e infine l’età adulta, caratterizzata dagli amori, ma anche dai dolori per la perdita di chi si ama, e inoltre la malattia occasione per altri dispiaceri, nonostante la guarigione.

Senza trascendere, senza mai giungere a degli eccessi Vasco Pratolini ha l’incredibile capacità di trasmettere al lettore l’immagine dei suoi sentimenti, racconto dopo racconto, alcuni brevi, altri più lunghi, ma tutti di grandissimo interesse. Che si parli del padre che tornato dalla guerra e rimasto vedovo si risposa per un rapporto non dei più felici, che si narri delle esperienze da scugnizzo o che si dica dei nonni, le uniche relazioni familiari solide fino a quando sono rimasti in vita, la scrittura di Pratolini è intrisa di un lirismo che fa pensare a ispirazioni poetiche trasformate in prosa, un risultato di eccezionale bellezza, con una capacità affabulatoria che non fa mai cadere il ritmo del racconto, che accompagna il lettore al mondo dell’autore, un mondo così lontano dal nostro in cui pur tuttavia ci si immerge volentieri, perché accanto a povertà e miserie umane ci sono dei sentimenti forti, quali l’amicizia e anche l’amore, quest’ultimo travolgente, intenso nel desiderio quanto aleatorio nel risultato. Sì, per quanto possa sembrar strano, anche Pratolini non viene meno a certe caratteristiche del romanticismo, pur inquadrate in un neorealismo che sembra stridere con emozioni e sensazioni, ma che è il palcoscenico ideale per poter intonare un grande canto di umanità.

Non credo che ci sia bisogno di aggiungere altro, perché il bello, quando è veramente tale, si commenta da solo.



Vasco Pratolini (Firenze, 19 ottobre 1913 – Roma, 12 gennaio 1991). Di famiglia operaia, è costretto a interrompere gli studi e svolge mestieri diversi per potersi mantenere.
Autodidatta, entra in contatto con l’ambiente degli artisti e degli scrittori che gravitano attorno al pittore Ottone Rosai, frequentandone la casa.

Pratolini comincia a collaborare al periodico «Il Bargello» e diviene redattore con Alfonso Gatto, nel 1938, della rivista «Campo di Marte». Nel 1951 si trasferisce a Roma, città nella quale vivrà da allora in poi.
Le sue prime esperienze narrative ("Il tappeto verde", 1941; "Via de’ magazzini", 1941; "Le amiche", 1943; "Cronaca familiare", 1947) compongono il ritratto di un'infanzia e di una giovinezza piuttosto picaresche.

Il registro adottato, sin da quelle prime prove, si pone a mezza via fra il realistico e il lirico.
"Il quartiere" (1943) è un affresco corale che narra della presa di coscienza del sottoproletariato urbano. 
Gli stessi temi sono riproposti, con tono appena più svagatamente satirico, ne "Le ragazze di San Frediano" (1949), e trasposti poi in una più approfondita lettura psicologica in "Cronache di poveri amanti" (1947).

Pratolini svolge con successo, in questi anni, anche un'attività di sceneggiatore e soggettista cinematografico, e intraprenderà in seguito una carriera di autore di testi teatrali ("La domenica della povera gente", 1952; "Lungo viaggio di Natale", 1954).

Nel 1955 pubblica Metello (premio Viareggio), primo romanzo di quella che diverrà la trilogia "Una storia italiana", essendo completata da "Lo scialo" (1960) e da "Allegoria e derisione" (1966).
Nella trilogia, la vita dei fiorentini, descritta attraverso la caratterizzazione di personaggi emblematici del proletariato e della borghesia, diviene il microcosmo in cui analizzare lo svolgimento di dinamiche sentimentali e politico-sociali.

Alla città e al mondo dell’adolescenza sono dedicati ancora un romanzo, "La costanza della ragione" (1963), e le poesie raccolte in "La mia città ha trent’anni" (1967). Alcune «cronache in versi e in prosa», scritte dal 1930 al 1980, sono riunite nel volume "Il mannello di Natascia" (1984, premio Viareggio).



Renzo Montagnoli



 
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