Diario
sentimentale
di
Vasco Pratolini
Edizioni
BUR Biblioteca Universale Rizzoli
Narrativa
raccolta di racconti
Pagg.
253
ISBN
9788817057646
Prezzo
Euro 8,90
Intensa
umanità
Ogni
volta che inizio a leggere un libro di Pratolini avverto, già
dalle prime righe, un fremito che, dapprima quasi impercettibile,
poco a poco satura il mio animo. Anche questi racconti, che
riflettono in buona parte la vita dell’autore, sono un
concentrato di grande umanità: un’infanzia segnata dal
dolore per la perdita della madre, un’adolescenza in cui si
combatte per sopravvivere e infine l’età adulta,
caratterizzata dagli amori, ma anche dai dolori per la perdita di chi
si ama, e inoltre la malattia occasione per altri dispiaceri,
nonostante la guarigione.
Senza
trascendere, senza mai giungere a degli eccessi Vasco Pratolini ha
l’incredibile capacità di trasmettere al lettore
l’immagine dei suoi sentimenti, racconto dopo racconto, alcuni
brevi, altri più lunghi, ma tutti di grandissimo interesse.
Che si parli del padre che tornato dalla guerra e rimasto vedovo si
risposa per un rapporto non dei più felici, che si narri delle
esperienze da scugnizzo o che si dica dei nonni, le uniche relazioni
familiari solide fino a quando sono rimasti in vita, la scrittura di
Pratolini è intrisa di un lirismo che fa pensare a ispirazioni
poetiche trasformate in prosa, un risultato di eccezionale bellezza,
con una capacità affabulatoria che non fa mai cadere il ritmo
del racconto, che accompagna il lettore al mondo dell’autore,
un mondo così lontano dal nostro in cui pur tuttavia ci si
immerge volentieri, perché accanto a povertà e miserie
umane ci sono dei sentimenti forti, quali l’amicizia e anche
l’amore, quest’ultimo travolgente, intenso nel desiderio
quanto aleatorio nel risultato. Sì, per quanto possa sembrar
strano, anche Pratolini non viene meno a certe caratteristiche del
romanticismo, pur inquadrate in un neorealismo che sembra stridere
con emozioni e sensazioni, ma che è il palcoscenico ideale per
poter intonare un grande canto di umanità.
Non
credo che ci sia bisogno di aggiungere altro, perché il bello,
quando è veramente tale, si commenta da solo.
Vasco
Pratolini (Firenze, 19 ottobre 1913 – Roma,
12 gennaio 1991).
Di famiglia operaia, è costretto a interrompere gli studi e
svolge mestieri diversi per potersi mantenere.
Autodidatta,
entra in contatto con l’ambiente degli artisti e degli
scrittori che gravitano attorno al pittore Ottone Rosai,
frequentandone la casa.
Pratolini
comincia a collaborare al periodico «Il Bargello» e
diviene redattore con Alfonso Gatto, nel 1938, della rivista «Campo
di Marte». Nel 1951 si trasferisce a Roma, città nella
quale vivrà da allora in poi.
Le sue prime esperienze
narrative ("Il tappeto verde", 1941; "Via de’
magazzini", 1941; "Le amiche", 1943; "Cronaca
familiare", 1947) compongono il ritratto di un'infanzia e di una
giovinezza piuttosto picaresche.
Il
registro adottato, sin da quelle prime prove, si pone a mezza via fra
il realistico e il lirico.
"Il quartiere" (1943) è
un affresco corale che narra della presa di coscienza del
sottoproletariato urbano.
Gli stessi temi sono riproposti,
con tono appena più svagatamente satirico, ne "Le ragazze
di San Frediano" (1949), e trasposti poi in una più
approfondita lettura psicologica in "Cronache di poveri amanti"
(1947).
Pratolini
svolge con successo, in questi anni, anche un'attività di
sceneggiatore e soggettista cinematografico, e intraprenderà
in seguito una carriera di autore di testi teatrali ("La
domenica della povera gente", 1952; "Lungo viaggio di
Natale", 1954).
Nel
1955 pubblica Metello (premio Viareggio), primo romanzo di quella che
diverrà la trilogia "Una storia italiana", essendo
completata da "Lo scialo" (1960) e da "Allegoria e
derisione" (1966).
Nella trilogia, la vita dei fiorentini,
descritta attraverso la caratterizzazione di personaggi emblematici
del proletariato e della borghesia, diviene il microcosmo in cui
analizzare lo svolgimento di dinamiche sentimentali e
politico-sociali.
Alla
città e al mondo dell’adolescenza sono dedicati ancora
un romanzo, "La costanza della ragione" (1963), e le poesie
raccolte in "La mia città ha trent’anni"
(1967). Alcune «cronache in versi e in prosa», scritte
dal 1930 al 1980, sono riunite nel volume "Il mannello di
Natascia" (1984, premio Viareggio).
Renzo
Montagnoli
|