I
superstiti del Télémaque
di
Georges Simenon
Edizioni
Adelphi
Narrativa
Pagg.
187
ISBN
9788845934889
Prezzo
Euro 18,00
Non
il solito Simenon
Per
quanto la capacità creativa di Simenon potesse sembrare
inesauribile ogni tanto doveva sopravvenire qualche stanchezza, un
calo di forma che inevitabilmente si rifletteva in una produzione non
del consueto elevato livello. Deve essere accaduto anche per I
superstiti del Télémaque, dalla lettura pur
sempre gradevole, ma romanzo che non è all’altezza di
quanto ci ha abituato l’autore belga. Eppure la storia parte da
un elemento di indubbio interesse, da un delitto che pare trovare
origine in quanto accaduto dopo il naufragio del Télémaque,
allorché i superstiti, per sopravvivere, dovettero ricorrere
al cannibalismo. La moglie di uno dei possibili divorati è
impazzita e i figli Pierre e Charles, gemelli, scontano della tragica
fine del padre e dello stato mentale della madre la loro esistenza,
con il primo tutto forza e muscoli, ma poco cervello, e il secondo,
malaticcio, ma capace di ben ragionare.
E’
Pierre che viene accusato dell’omicidio di un superstite di
quel naufragio e spetterà all’insicuro Charles l’ingrato
e delicato compito di tirarlo fuori dalle rogne scoprendo il vero
colpevole.
La
trama è quella che è, tanto più che la scoperta
del reo è abbastanza nebulosa, ma in genere quello che si
apprezza di Simenon sono le capacità di ricreare l’ambiente
e di sondare psicologicamente l’animo umano. La prima non
manca, perché la descrizione e l’atmosfera di Fécamp,
cittadina della Normandia che vive soprattutto con la pesca
dell’aringa sono come al solito rese perfettamente.
Quello
che invece non è al solito livello è l’indagine
psicologica, con questi due gemelli per niente uguali e dalle
caratteristiche completamente diverse, notevolmente accentuate nei
caratteri, tanto da essere quasi innaturali. Insomma, nessuno dei due
è riuscito a rientrare nelle mie simpatie, perché
troppo estremizzati.
Direi
che questo romanzo è stato scritto forse frettolosamente,
oppure, come ho accennato all’inizio, era un periodo un po’
di stanchezza; con ciò non intendo affermare che è un
lavoro da poco, no, solo che è semplicemente un giallo, e non
il solito, ma eccellente giallo di Simenon.
Georges
Simenon
(Liegi, 13 febbraio 1903 – Losanna, 4 settembre 1989).
Romanziere
francese di origine belga. La sua vastissima produzione (circa 500
romanzi) occupa un posto di primo piano nella narrativa
europea.
Grande
importanza ha poi all'interno del genere poliziesco, grazie
soprattutto al celebre personaggio del commissario Maigret.
La
tiratura complessiva delle sue opere, tradotte in oltre cinquanta
lingue e pubblicate in più di quaranta paesi, supera i
settecento milioni di copie. Secondo l'Index
Translationum,
un database curato dall'UNESCO, Georges Simenon è il
quindicesimo autore più tradotto di sempre.
Grande
lettore fin da ragazzo in particolare di Dumas, Dickens, Balzac,
Stendhal, Conrad e Stevenson, e dei classici. Nel 1919 entra come
cronista alla «Gazette de Liège», dove rimane per
oltre tre anni firmando con lo pseudonimo di Georges
Sim.
Contemporaneamente
collabora con altre riviste e all'età di diciotto anni
pubblica il suo primo romanzo.
Dopo
la morte del padre, nel 1922, si trasferisce a Parigi dove inizia a
scrivere utilizzando vari pseudonimi; già nel 1923 collabora
con una serie di riviste pubblicando racconti settimanali: la sua
produzione è notevole e nell'arco di 3 anni scrive oltre 750
racconti. Intraprende poi la strada del romanzo popolare e tra il
1925 e il 1930 pubblica oltre 170 romanzi sotto vari pseudonimi e con
vari editori: anni di apprendistato prima di dedicarsi a una
letteratura di maggior impegno.
Nel
1929, in una serie di novelle scritte per la rivista «Détective»,
appare per la prima volta il personaggio del Commissario Maigret.
Nel
1931, si avvicina al mondo del cinema: Jean Renoir e Jean Tarride
producono i primi due film tratti da sue opere.
Con
la prima moglie Régine Renchon, intraprende lunghi viaggi per
tutti gli anni trenta. Nel 1939 nasce il primo figlio, Marc.
Nel
1940 si trasferisce a Fontenay-le-Comte in Vandea: durante la guerra
si occupa dell'assistenza dei rifugiati belgi e intrattiene una lunga
corrispondenza con André Gide. A causa di un'errata diagnosi
medica, Simenon si convince di essere gravemente malato e scrive,
come testamento, le sue memorie, dedicate al figlio Marc e
raccolte nel romanzo autobiografico Pedigree.
Accuse
di collaborazionismo, poi rivelatesi infondate, lo inducono a
trasferirsi negli Stati Uniti, dove conosce Denyse Ouimet che
diventerà sua seconda moglie e madre di suoi tre figli. Torna
in Europa negli anni Cinquanta, prima in Costa azzurra e poi in
Svizzera, a Epalinges nei dintorni di Losanna.
Nel
1960 presiede la giuria della tredicesima edizione del festival di
Cannes: viene assegnata la Palma d'oro a La
dolce vita di
Federico Fellini con cui avrà una lunga e duratura amicizia.
Dopo pochi anni Simenon si separa da Denyse Ouimet.
Nel
1972 lo scrittore annuncia che non avrebbe mai più scritto, e
infatti inizia l'epoca dei dettati: Simenon registra su nastri
magnetici le parole che aveva deciso di non scrivere più. Nel
1978 la figlia Marie-Jo muore suicida. Nel 1980 Simenon rompe la
promessa fatta otto anni prima e scrive di suo pugno il romanzo
autobiografico Memorie
intime,
dedicato alla figlia.
Georges
Simenon muore a Losanna per un tumore al cervello nel 1989.
Renzo
Montagnoli
|