Il
sogno del principe.
Vespasiano
Gonzaga e l'invenzione di Sabbioneta
di
Edgarda Ferri
Arnoldo
Mondadori Editore S.p.A.
Storia
biografia
Pagg.
236
ISBN
9788804558644
Prezzo
Euro 17,50
La
città ideale
E’
il mese di febbraio del 1591 e fuori dal palazzo nevica,
copiosamente. Vespasiano Gonzaga, morente, fa un un ultimo sforzo e
viene vestito di tutto punto per dettare al notaio le sue ultime
volontà, poi, affranto, si corica, assistito amorevolmente
dalla terza moglie Margherita Gonzaga e a cui si rivolge con
un’ulteriore lascito, cioè il racconto della sua vita.
E’ così che inizia a parlare, a dire tutto, dalla sua
nascita a Fondi il 6 dicembre 1531, primogenito di Isabella Colonna e
di Luigi Gonzaga “Rodomonte” fino al suo ultimo soffio di
vita, in un’esistenza tutta dedita a servire il suo Signore
Filippo II di Spagna; del grande monarca fu l’assai fidato
consigliere e uomo d’armi, ripagato da onori e gloria, ma
soprattutto con il titolo di Grande di Spagna e con l’onorificenza
del Cavalierato dell’Ordine del Toson d’Oro. Fu un
continuo accorrere alle chiamate del suo re, quasi sempre lontano da
casa, impegnato a costruire fortezze, di cui era un esperto, o a
combattere, oppure ancora ad amministrare grandi territori in qualità
di vice re. Il tempo per la famiglia fu necessariamente poco, eppure
riusci a contrarre tre matrimoni, di cui il primo con Diana Folch de
Cardona, che morì nel novembre 1569 in circostanze poco chiare
(con ogni probabilità assassinata da Vespasiano, a cui erano
giunte missive anonime relative a un suo presunto tradimento
coniugale, rivelando un’indole violenta che si sarebbe ancor
più manifestata nel 1580 allorché uccise per futili
motivi con un calcio all’inguine l’unico figlio maschio,
il quattordicenne Luigi); anche la seconda moglie, Anna Trastamara
d’Aragona, imparentata con il re di Spagna e di salute assai
cagionevole, venne a mancare nel 1567; miglior fortuna ebbe la terza
consorte Margherita Gonzaga, che appunto assistette Vespasiano
durante il trapasso, ma che non riuscì a dargli un figlio
(circolarono voci che lei fosse sterile, ma la verità era che
Vespasiano aveva contratto il mal francese, cioè la sifilide,
con tutti i problemi e conseguenze che comporta) . Fra gli onori e la
gloria vi fu anche la nomina, da parte dell’imperatore
Massimiliano II d’Asburgo, di Principe del Sacro Romano Impero,
titolo che spettava ai feudatari che dipendevano direttamente
dall’imperatore, il quale già l’aveva gratificato
nel 1565 del titolo di Marchese. Completò la sua carriera
nobiliare, a chiaro simbolo del suo prestigio, l’elevazione a
ducato del marchesato di Sabbioneta. Fino a qui è la brillante
carriera di un uomo del rinascimento, come non ve ne furono molti, ma
l’importanza di Vespasiano è nell’aver
concretizzato un sogno che possiamo toccare con mano, che è
meta di tanti visitatori: la realizzazione, partendo da un piccolo
borgo, di una città rinascimentale chiamata anche la Piccola
Atene. Ai confini occidentali estremi del mantovano, non lontana dal
Po, circondata dalla sua stupenda cinta muraria sorge Sabbioneta,
quell’ideale in cui Vespasiano credette fino in fondo e che lo
sostenne nelle sue lunghe assenze nel corso delle quali trovava il
tempo per progettare la sistemazione architettonica. E mentre lui
combatteva in Spagna contro i moriscos, pietra dopo pietra la
meraviglia nasceva, quella che nella sua mente avrebbe dovuto
rappresentare, come in effetti rappresenta, una città ideale,
da stupire il mondo, in cui altri, ma soprattutto lui vivere
realmente un sogno. Qualcuno potrà pensare a un buen
retiro, e non sbaglierebbe, per
quanto la definizione sia un po’ riduttiva, perché
probabilmente in Vespasiano allignava la gioia della creazione, il
piacere di dire:”questo è sì mio, ma
l’ho realizzato io”.
Edgarda
Ferri è molto brava, scrive delle biografie in cui si ha la
sensazione di essere accanto al personaggio della narrazione, ma
forse con “Il sogno del Principe”
si è superata. Si avverte infatti palpabile l’ammirazione
per quest’uomo, per ciò che ha realizzato, per quei
tesori di cultura che ha lasciato e che tutti possono vedere, perché
se Mantova vuol dire Gonzaga e quindi il castello di San Giorgio, il
Palazzo Ducale, il Palazzo Te, Sabbioneta è uno scrigno
prezioso che emerge dalle nebbie della pianura e splende di luce
propria.
Da
leggere senza dubbio.
Edgarda
Ferri (Mantova,
24 gennaio 1934) vive e lavora a Milano. Scrittrice, saggista,
giornalista,
ha pubblicato tra le altre le biografie di Maria Teresa d’Austria,
Giovanna la Pazza, Caterina da Siena, Matilde di Canossa e Piero
della Francesca.
Renzo
Montagnoli
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