Voglio
che dio mi mostri il suo volto
di Fabrizio
Manini
Prefazione di Taylor
Grant Hauwkes
Introduzione di Alberto Peruzzi
Edizioni Il Foglio
http://www.ilfoglioletterario.it/
lupi@infol.it
Poesia – silloge
Pagg. 153
ISBN: 88-88515-15-1
Prezzo: € 7,50
E' difficile scrivere un commento
critico di un testo di così elevata portata, ma anche per sua natura
estremamente complesso, perché sinceramente parlare di entità supreme al di
fuori dei canoni dogmatici istituiti dagli uomini di chiesa può apparire, oltre
che profano, anche eretico.
Del resto quando un uomo rivendica
una propria autonoma interpretazione di qualsiasi cosa di questo mondo finisce
inevitabilmente per essere bollato con l'infamia propria di chi non vuol far
parte delle regole rigide di un ordine costituito.
Ritengo, però, opportuno chiarire
subito un concetto, sgombrando così quel dubbio che si potrebbe insinuare in un
credente leggendo le prime poesie: l'autore non ha inteso innalzare un ode all'ateismo, anzi il poeta, per quel modo di vedere e
di sentire del tutto autonomo, intende rivendicare una propria specifica
visione della spiritualità.
In questo contesto, invece, emerge un
evidente anticlericalismo, rivolto non tanto alla Chiesa, ma agli uomini della
chiesa, nel senso che l'istituzione in sé non è criticabile, mentre altra cosa
è il comportamento di chi la rappresenta.
Del resto, il rivendicare una propria
religiosità individuale, al di fuori degli schemi rigidi creati da chi
rappresenta la chiesa, se da un lato costituisce un'eresia, dall'altro realizza
quell'identità spirituale fra uomo e divinità che è
propria di una religione monoteista volta ad essere compresa dall'animo di ogni
individuo.
La visione di Fabrizio Manini si attua attraverso un'evoluzione che dapprima porta
a considerare Dio
e il Diavolo due facce della stessa medaglia, ma poi finisce con il
considerarli elementi che non riescono a trovare una collocazione logica nella
mente umana proprio perché non è possibile dimostrare la loro esistenza.
A questo punto sembrerebbe scattare
l'ipotesi di un testo ateo, ma subito viene fugata da
un raziocinio che riesce a individuare come ragion d'essere l'Amore, in ambo i suoi
significati, cioè quello puramente affettivo e quello erotico. Anche in questo
caso sono due facce della stessa medaglia; però se il primo è l'amore di Dio e il secondo
è quello del Diavolo, la visione
percepibile concretamente dalla mente umana non è la contrapposizione a cui ci
ha abituato la rigida e, per molti versi, illogica morale cattolica, ma la loro
contemporanea presenza, una perfetta unione in mancanza della quale non può
sussistere un concetto di vita salvifico.
Quindi, più che per lo stile,
peraltro assai funzionale e piacevole, questa silloge assume una valenza per il
concetto espresso, tanto da pensare che un filosofo si sia dilettato a esporre
il suo pensiero con la poesia.
Il titolo della silloge, oltre che
essere tratto da due versi di una delle liriche (MIODIO), riassume bene il
significato di libertà di interpretazione, di dialogo muto fra uomo e spirito
che solo può portare a una concezione religiosa in funzione dell'individuo che
la vive, quindi lungi da dogmatismi, frutto di imposizioni di altri
uomini.
A mio avviso, questa è un opera che conferma il talento di questo autore, capace di
rendere in poesia concetti filosofici di notevole profondità.
Fabrizio Manini è collaboratore de Il Foglio
Letterario dal 2001. All'interno delle Edizioni Il Foglio è direttore della
Collana Autori Contemporanei Poesia e della rivista ebook Carmina. Ha pubblicato anche Briciole d'eternità (Ed. Polistampa,
1997), Ballate di vita di morte e d'amore (Ed. Il Foglio, 2002), Grigie distese (Ed.
Il Foglio, 2005).