Aycelin il Templare di Roberto Querzola – Edizioni Aliberti
Il romanzo storico da noi non è
frequente ed è un peccato perché è un modo per conoscere fatti ed epoche in
modo piacevole e coinvolgente.
Quando ho terminato la lettura di Aycelin Il Templare mi è venuto istintivo un accostamento
con il celebre Il nome della Rosa di Umberto Eco, perché in entrambi i romanzi
è possibile rilevare un'accurata ricostruzione delle epoche a
cui si riferiscono, con la creazione mirabile delle atmosfere, quasi
palpabili.
Querzola ha svolto
un accurato lavoro di ricerca, con attenzione e senza lasciarsi sfuggire nulla,
tanto che la fine dell'Ordine dei Templari, pur nella fantasia della trama
narrata, è descritta esattamente nei modi e nei motivi con i quali è avvenuta.
Se fosse stato un semplice saggio storico non è per
niente improbabile che ne sarebbe scaturita un'opera puramente didattica;
l'avere invece inserito in un filo rigorosamente di realtà una trama avvincente
come non poche presenta il duplice pregio di intrattenere in modo coinvolgente
il lettore e di renderlo anche edotto su un avvenimento cardine della storia
(le lotte per la supremazia fra la
Francia di Filippo il Bello e la Chiesa Cattolica
di Clemente V).
Il romanzo parla della vita di un
nobile francese, appunto Aycelin, dagli entusiasmi
giovanili alla maturità della vecchiaia, conclusa tragicamente a Parigi fra le
fiamme del rogo a cui era stato condannato per il solo
fatto di essere un templare fedele ai propri ideali, vittima di un gioco di
potere tragicamente ricorrente nella storia e riscontrabile anche ai giorni
nostri.
Ecco, quindi, che, al di là della
vicenda in questione, Querzola riesce, per il tramite
della sua creatura Aycelin, a lanciare un messaggio
universale: contro la corruzione dei poteri non ci si deve snaturare, perché
l'unica possibilità che ha un essere umano per poter sperare in una società più
giusta è la coerenza, intesa come lealtà, disponibilità perfino al sacrificio
personale e con la consapevolezza e la dignità di vivere il proprio
destino.
Non intendo anticipare la trama,
peraltro assai attraente, per non togliere al lettore il piacere di viverla con
il personaggio, pagina dopo pagina, e preferisco soffermarmi sullo stile
espositivo.
A tal proposito, la scrittura di Querzola , pur nella necessità di
essere talora assai descrittiva per ricreare l'ambientazione, è tuttavia snella
e quasi si direbbe che il narratore, pur immedesimandosi in Aycelin,
non si sia fatto prendere la mano, lasciando al suo personaggio un'autonomia
propria che può essere solo radicata in un uomo che crede con fermezza nei suoi
ideali. Non ci sono quindi eccessi, o cadute di tono, anzi il tutto procede
spedito sullo stesso ritmo scandito dal passare del tempo, senza la benché minima
forzatura.
Sotto questo aspetto mi permetto di
evidenziare il notevole equilibrio delle ultime pagine, laddove si narra della
morte sul rogo di Aycelin: una fine orribile, atroce,
ma che l'autore ha saputo descrivere con un tocco di grazia poetica che porta
il lettore a una commozione liberatoria.
In conclusione mi sento di
raccomandare caldamente la lettura di questo bellissimo romanzo che, mio avviso, meriterebbe anche una trasposizione
cinematografica.
L'autore
Roberto Querzola
è nato a Faenza (RA) il 18 aprile 1960, ma vive da
molti anni a Forlì. Laureato in Giurisprudenza, lavora presso un istituto di
credito. Aycelin è il suo secondo romanzo (il primo è
“Una stregone alla corte dell'anno mille” , edito da
Il Ponte Vecchio); attualmente sta lavorando a una terza opera che dovrebbe
intitolarsi “Il condottiero boemo” e che riguarderà
la vita del generale Wallenstein, il capo delle
armate imperiali durante la famosa guerra dei Trent'anni
che divampò nell'Europa del ‘600.