La divina
foresta
di Giuseppe Bonaviri
a cura di Salvatore Nigro
Sellerio editore Palermo
Narrativa romanzo
Pagg. 181
ISBN: 9788838922527
Prezzo: € 11,00
Non è facile scrivere di
un libro come La divina foresta, perché tutto in esso è
fuori dai canoni correnti. Lo si potrebbe anche interpretare in diversi modi,
come un testo poetico e di poesia lì ce n'è tanta, ma non si tratta di versi
sapientemente accostati per creare una composizione armonica, bensì di una prosa
caratterizzata da soluzioni e da ritmi che sono propri della poesia, un insieme
di elementi che fanno di questo testo un'opera unica e di indubbio elevato
valore.
Non è solo la capacità
creativa che stupisce e affascina, ma anche quella sottile vena di mistero che
permea tutto il romanzo, con un susseguirsi di divenire, di modificare, di
proporre nuovi quesiti dopo che già sembra di aver avuto adeguate risposte alle
domande che inevitabilmente il lettore finisce con il porsi.
E' una scrittura
immaginativa e non a caso il libro entusiasmò Italo Calvino, con quel sorgere
della vita in un mondo primordiale descritta con una fantasia dall'efficacia
sorprendente, e con una serie di successive metamorfosi che richiama alla
memoria, pur nelle loro differenze, la famosa opera di Ovidio.
Se l'aspetto
interpretativo non può essere univoco, di rilevante e uniforme giudizio è
invece quello stilistico, in cui la ricerca del linguaggio ha caratteristiche
svariate, che vanno dall'uso di descrizioni che si potrebbero definire
addirittura tridimensionali all'aspetto fonetico delle parole, il tutto
finalizzato a creare un irripetibile equilibrio ritmico di prosa poetica (del
resto non è un caso se aveva suscitato in Giorgio Caproni tanto entusiasmo in
un suo parere di lettura).
La vicenda di un magma
inconsistente che si apre alla vita, prima indefinibile, poi vegetale,
trasformandosi infine in un avvoltoio trova un'esatta definizione in quel poema biologico che proprio Calvino ebbe
a riscontrare leggendo il libro.
Sarebbe tuttavia
limitativo pensare solo che Bonaviri abbia inteso
darci una sua personale visione della creazione e dell'evoluzione della vita,
perché secondo me l'opera presenta altre interpretazioni, non in contrasto fra
loro, che non possono che nobilitare ulteriormente il lavoro dello scrittore di
Mineo.
Fra queste non di certo
trascurabili sono le riflessioni filosofiche che ogni tanto emergono nel
linguaggio di vegetali e di animali, un porsi il perché dell'esistenza in
specie minori che presenta il vantaggio di semplificare i loro ragionamenti a
tutto beneficio del lettore.
Del resto la vicenda
dell'avvoltoio che ricerca l'amore fuggito, spingendosi oltre ogni confine,
cercando di arrivare alla luna (le descrizioni al riguardo sono semplicemente
eccezionali) sembra la metafora dell'uomo che tenta dalle origini di scoprire
se stesso, senza mai riuscirci completamente.
Ma l'opera è aperta anche
ad altre interpretazioni che le successive riletture sono in grado di far
emergere, proprio come in un lavoro poetico di indubbio grande valore.
Ho riscontrato, fra
l'altro, un rispetto profondo per la natura, quel senso del far parte di
qualche cosa che dall'infinitesimo al più grande non ci appartiene, ma che ci
ospita in un disegno apparentemente caotico, la cui perfezione tuttavia esclude
la capacità dell'umano comprendere, a cui è consentito solo di scoprire leggi
fisiche senza capirne i motivi se non cercando, con un percorso intimo
trascendente, di arrivarvi, senza tuttavia riuscirci.
Mi pare superfluo
aggiungere che questo libro è senz'altro raccomandabile, ma lo faccio perché
Giuseppe Bonaviri è un autore poco conosciuto al
grande pubblico, benché le sue opere possano incontrarne i favori anche per la
considerevole gradevolezza della lettura.
Biobibliografia
(fonte Wikipedia)
Giuseppe Bonaviri, nato a Mineo
(Catania) l'11 luglio 1924, è il primo dei cinque figli di don Nanè, sarto, e di Donna Giuseppina Casaccio, casalinga.
Frequenta le scuole a Mineo e la sua passione poetica, come afferma lo stesso Bonaviri, viene alimentata dall'atmosfera magica che
aleggiava intorno ad una pietra, detta della poesia, che si trovava presso Camuti (altopiano
famoso per il suo villaggio preistorico) dove si trovava la pietra attorno alla quale,
fino alla fine del 1850,
prima dell'Unità d'Italia, si riunivano numerosi poeti da
ogni parte della Sicilia,
per gareggiare scrivendo e recitando versi.
Si iscrive in seguito presso
l'Università di Catania dove consegue la laurea in medicina
nel 1949,
svolge il servizio di leva come sottotenente medico a Casale Monferrato
dove scrive il suo primo romanzo, Il sarto della stradalunga,
che è anche quello a cui Bonaviri è più legato.
L'opera ottiene grande approvazione da parte di Elio Vittorini
e sarà pubblicata nel 1954 da
Einaudi nella nuova collana "I gettoni".
Trasferitosi a Frosinone,
lavora come medico cardiologo, cercando di conciliare la sua attività
professionale con la scrittura.
Scrive numerosi romanzi nei quali
rappresenta il piccolo mondo paesano della sua terra, sempre attento a cogliere
la dimensione magica e
arcaica della natura: Il fiume di pietra nel 1964, Notti sull'altura
nel 1971, L'enorme
tempo nel 1976, Novelle
saracene nel 1980, L'incominciamento
nel 1983, È
un rosseggiar di peschi e d'albicocchi nel 1986, Ghigò
nel 1990, Il
vicolo blu nel 2003.
Ha anche pubblicato raccolte di poesie: Il dire
celeste nel 1976, O
corpo sospiroso nel 1982, L'asprura nel 1986,
I cavalli lunari nel 2004.
Nel 2006 ha pubblicato Autobiografia
in do minore. Nel 2007 si
è raccontato nel documentario Bonaviri
ritratto di Massimiliano Perrotta.