Area riservata

Ricerca  
 
Siti amici  
 
Cookies Policy  
 
Diritti d'autore  
 
Biografia  
 
Canti celtici  
 
Il cerchio infinito  
 
News  
 
Bell'Italia  
 
Poesie  
 
Racconti  
 
Scritti di altri autori  
 
Editoriali  
 
Recensioni  
 
Letteratura  
 
Freschi di stampa  
 
Intervista all'autore  
 
Libri e interviste  
 
Il mondo dell'editoria  
 
Fotografie  
 
 
  Narrativa generica  Noir  Storie di paese Prima Serie  I racconti del nonno  Fiabe  Horror  Storie di paese Seconda Serie  C'era una volta  Racconti di Natale 

  Racconti  »  Narrativa generica  »  Una maledetta giornata di pioggia 17/03/2006
 

 

Scrosciava la pioggia, ma Franco sembrava non accorgersene; camminava spedito, con gli abiti ormai zuppi ed i piedi bagnati. Ogni tanto volgeva lo sguardo al cielo, cercando un' improbabile schiarita; erano giorni di maltempo, di continui rovesci, accompagnati da un costante abbassamento della temperatura, fenomeni più da primo inverno che da mezza primavera.

Accelerò ulteriormente il passo, perché la paura di tardare cominciava ad opprimerlo.

“Perché sono uscito senza l'ombrello?” si chiese, mentre stringeva ancor più forte il mazzo di fiori ormai sfatti. Si era preparato meticolosamente per quell'incontro: abiti perfettamente stirati, capelli ben tagliati ed il volto accuratamente rasato. Ed ora…, ed ora, per un po' di questa maledetta pioggia, tutto era finito a schifio. Lasciò cadere il mazzo di fiori nel torrente che aveva ormai invaso la strada e l'acqua si impossessò di quei petali infradiciati, portandoli via. Franco guardò mestamente la scena, in preda ad una cupa disperazione per quella sfortuna che lo perseguitava da tempo.

Scapolo, di bell'aspetto e di buona posizione, aveva cercato più volte di accasarsi; le opportunità non gli erano mancate, ma erano tutte terminate in breve volgere di tempo; spesso si chiedeva se era colpa del suo carattere, di quel voler cercare a tutti i costi la perfezione, ma non aveva saputo, o voluto, darsi una risposta. Restava il fatto che dopo un po' le donne lo lasciavano, senza plausibili motivi, forse timorose di un legame duraturo; finiva con il consolarsi dicendo che in fondo erano state avventure di completa soddisfazione, ma più passava il tempo, ed il peso degli anni iniziava a farsi sentire, sentiva crescere in lui il desiderio, la necessità di un'unione più salda. Il risvegliarsi la mattina solo, in un letto troppo grande, farsi il caffè ascoltando la voce anonima della radio, il silenzio delle pareti domestiche, l'unica compagnia miagolante del gatto, gli ingeneravano un senso di sconforto e rendevano insopportabile quella solitudine un tempo invece tanto apprezzata.

Ed ecco allora avviare un nuovo tipo di ricerche, non farsi più avanti con signore già conosciute, anche se superficialmente. Aveva vergogna ad ammetterlo, ma aveva dovuto affidarsi ad un'agenzia matrimoniale; schede compilate sul carattere, spesso con indicazioni non veritiere, alcune fotografie scattate per l'occasione ed il testo del suo annuncio “Scapolo bella presenza, benestante, anni quaranta (qualcuno in meno rispetto alla realtà), seriamente intenzionato, cerca donna seria, sincera ed onesta per iniziale convivenza ed eventuale matrimonio”.

L'annuncio era stato pubblicato durante l'inverno sul principale quotidiano locale ed era rimasto a lungo senza riscontro fino agli inizi della primavera, allorché l'agenzia lo aveva contattato per comunicargli che, forse, si era fatta avanti un'anima gemella. Si era precipitato subito negli uffici ed aveva potuto prendere visione della scheda della signora in questione; aveva così appreso che si trattava di una divorziata di anni trentasei (sarebbe stata la vera età?), insegnante, casa propria, senza figli, lieve difetto fisico, amante della natura e dei viaggi. Guardò la fotografia: un'istantanea del solo volto, un ovale perfetto, un naso appena pronunciato, una bocca socchiusa in un sorriso rassicurante, due occhi sbarazzini, una cascata di capelli biondi. “Interessante, molto interessante” pensò e manifestò il desiderio di farne la conoscenza. Trascorse qualche giorno, poi una sera, dopo cena, squillò il telefono; sollevò la cornetta e rimase senza parole: dall'altro capo del fino c'era lei, una voce imbarazzata, ma calda, persuasiva, di qualcuno che sa ciò che vuole. Fu una conversazione breve, ma Franco ebbe la netta sensazione che sarebbero seguite altre telefonate e così avvenne, fino all'ultima con la quale la signora gli propose di vedersi, di conoscersi meglio.

In preda ad un'emozione travolgente, Franco ne convenne  e così fu fissato l'appuntamento per le sedici del giorno dopo, in un bar di piazza Scalarini.    

“Piazza Scalarini, uno slargo di una stretta via della città vecchia, qualche abitazione, alcuni negozi, un solo bar; non posso sbagliarmi” pensava Franco mentre si avvicinava a grandi passi alla meta.

Girò l'angolo ed infatti ecco piazza Scalarini, con il suo unico bar, proprio di fronte a lui; guardò l'orologio che segnava le 16,10 ed ebbe il timore di non trovarla, che se ne fosse andata per il ritardo.

Entrò nel locale, dove vi erano pochi avventori; scrollandosi l'acqua di dosso, diede un'occhiata: eccola, seduta ad un tavolino, intenta a leggere un giornale. La fissò estasiato: era più di una bella donna, era la grazia, la simpatia in persona, quanto aveva sognato e che non avrebbe mai sperato di trovare. La donna si accorse di quello sguardo e sollevò gli occhi; le labbra si aprirono appena in un sorriso, subito frenato quando si accorse dello stato pietoso dell'uomo che le stava dinnanzi.

“Ciao, ma sei tutto bagnato; sembra che tu sia caduto in un fosso!”

“Sì, purtroppo, il tempo…” non riuscì a dir altro.

“Devi cambiarti, altrimenti prendi un malanno, ma come fare?” “Ho trovato, cambiamo il programma, vieni su in casa mia ad asciugarti, abito vicino” e lo prese per mano.

Franco era incapace di parlare, sarebbe sprofondato volentieri per quel suo aspetto di pulcino bagnato; solo quando uscirono dal bar si accorse che la donna era claudicante e che portava al piede sinistro una scarpa ortopedica.

Salirono in casa di lei e Franco dovette spogliarsi in bagno, mettersi un pigiama che doveva essere appartenuto al precedente marito, un uomo di stazza rispettabile, considerata la taglia del capo.

E mentre si guardava le maniche che coprivano abbondantemente le mani, la donna, con un sorriso, gli confermò che era così e, sottovoce, gli disse “Non era bello come te, ma quando si ha un difetto come il mio ci si deve accontentare; ecco, penso che ora, dopo esserti rivestito, te ne andrai e non ti farai più rivedere, come hanno fatto altri.

Franco la guardò, vide in quegli occhi sbarazzini la disperazione della solitudine, la sua stessa disperazione, e non disse nulla; l'attrasse a sé, appoggiò le labbra sulle sue e sussurrò “No.

 

 
©2006 ArteInsieme, « 013952175 »