Croci di guerra
di Renzo Montagnoli
La neve scendeva fitta a
imbiancare l'altopiano; a tratti il vento sollevava dei mulinelli e finiva con
l'accumularne di più in certi punti piuttosto che in altri. Si creavano così
dei veri e propri cumuli, o meglio…
- Tumuli, sono tumuli!
Il Dottor Fritz Wiener si
scosse a quel grido e volse subito il capo all'indietro.
- E lei chi è?
- Come chi sono? Io sono
me.
Chi aveva detto quella
frase senza senso era un uomo sulla cinquantina, di bassa statura, tozzo e
anche un po' panciuto.
- Ovvio che lei è lei.
Forse è meglio che mi presenti io:
mi chiamo Fritz Wiener e vengo da Graz.
- Ostrega, parla bene
l'italiano per essere un todesco.
- Sono austriaco e mia
madre era italiana, di Brescia.
- Un mezzo sangue,
allora.
- Non proprio, perché mio
padre, che non ho mai conosciuto, era di Salisburgo e là sono nato.
- Venuto a sciare? La
neve non manca.
- No, sono venuto a
cercare.
- A cercare?
- Sì, una persona e per
questo ho bisogno di una guida. All'albergo mi hanno detto di chiedere di Tony.
- Questa è fortuna! Tony
sono me.
Wiener rimase non poco
perplesso a questa affermazione, perché chi gli era
davanti, più che una guida, dava tutta l'aria di essere lo scemo del paese.
Tony parve rendersi conto
della titubanza del suo interlocutore e lo prevenne: - Sì, non mi presento
bene. Sono sempre stato così fin da piccolo; anche mamma diceva che ero un po'
strano e me ne accorgo pure io, ma sono serio, onesto e sgobbo per mantenermi.
Nel dire così allungò la
mano destra a cercare quella di Wiener; questi esitò, ma quando sentì la
stretta calorosa e la voce ferma del suo interlocutore che si presentava -
Piacere, Tony Balcher – non poté fare a meno di contraccambiare.
- Signor Wiener, perché
ha bisogno di me?
- E' una storia lunga e,
come le dicevo, sono alla ricerca di una persona. Mi hanno detto che lei
conosce tutti i cimiteri di guerra della zona. Se potesse accompagnarmi, le
sarei grato e, ovviamente, la ricompenserei.
- E' vero che li conosco
tutti e non sono pochi; qui durante la guerra che è finita una trentina di anni
fa si sono scannati alla grande, austriaci e italiani. E per cosa poi? Per un
pezzo di terra.
- Accetta?
- Sì.
- Cominciamo subito.
- No, aspettiamo che finisca
di nevicare e domani, se ci sarà il sole, daremo corso alla ricerca.
- Dove ci troviamo?
- Sarò io a trovarla: in
paese c'è solo un albergo.
Il giorno dopo Wiener
scostò le tende della finestra della sua camera e guardò fuori: aveva smesso di
nevicare e il cielo si era completamente rasserenato.
Il panorama, che prima
non aveva potuto ammirare a causa della foschia della nevicata, appariva in
tutta la sua bellezza, con le cime ammantate che brillavano al sole.
Guardò giù in strada e lo
vide, davanti alla porta dell'albergo, tutto imbacuccato e perciò ancor più
rotondo del giorno innanzi.
- Vengo subito, Tony.
- Faccia con comodo.
Scese velocemente, aprì
la porta e si sorprese nello scorgere un volto sorridente, con due occhi vispi
di un azzurro intenso.
- Tony, se non è di
disturbo, possiamo darci del tu e così è più semplice.
- Ma certo, ostrega, era
quello che volevo dire io.
- Allora cominciamo?
- Sì, ma forse non c'è da
girar molto, se mi dici che il morto che cerchi era austriaco o italiano.
- Austriaco, Tony. Io
cerco Sepp Wiener, mio padre.
- Non mi ricordo questo
nome.
- Ci credo, con tutti i
caduti che ci saranno nei cimiteri.
- Li conosco tutti, uno a
uno.
- Davvero?
- Sì, sono la mia
compagnia. Per uno che è solo non c'è miglior compagnia dei morti: puoi
parlargli e loro ti ascoltano, puoi anche incazzarti e loro non s'offendono.
Per ognuno che non ho conosciuto da vivo ho una
storia, una faccia, un corpo: sono i miei amici e chi non ricorda gli amici?
Wiener apparve perplesso
e si grattò il mento.
- Sì, ti capisco; chissà
che ti hanno raccontato. Ti avranno detto che quando ho un po' di tempo faccio
solo il giro dei cimiteri, che parlo con i morti, che sono il matto del paese.
- A dire il vero mi hanno
detto solo che saresti stata la guida giusta.
- Pensi che sia matto,
vero?
- Non so.
- Forse è vero, ma mi
conoscerai e potrai giudicare. Adesso andiamo al primo dei due cimiteri in cui
forse potremo trovare tuo padre.
Si incamminarono, piano
piano, Tony davanti e Wiener subito dietro.
La strada cominciò a
salire.
Dopo una
quarto d'ora Wiener azzardò: - Manca ancora molto?
- No, il suo tempo.
- E sarebbe?
- Quello che ci vuole.
Scusa, ma davvero non hai conosciuto tuo padre?
- No, sono nato un mese dopo
che era partito per la guerra. Me ne ha parlato mia madre e come le ho promesso
in punto di morte ora vorrei almeno trovare la sua tomba.
- Anche io non ho
conosciuto il papà.
- Morto in guerra?
- E chi lo sa? Forse, può
anche essere. Porto il cognome della mamma.
- Ah. Non te ne ha mai
parlato?
- No e non mi interessa
sapere di un papà che non si cura di un figlio. La vita è stata dura con me: la
mamma è morta presto e sono rimasto solo, ho fatto in tempo a vedere la guerra,
anzi ho combattuto nell'ultimo anno.
- Hai ucciso qualcuno?
- Spero di no.
- Perché?
- Non si è uomini ad
ammazzare gli altri.
Scese il silenzio e
Wiener non si azzardò ad aprir bocca e altrettanto fece Tony.
Dopo un'altra
ventina minuti d'ascesa giunsero al cimitero di guerra di Slaghenaufi,
una piccola oasi di pace, con 748 croci ordinate in file parallele.
- Cominciamo dalla prima
e guarda che non sono in ordine alfabetico.
Si avvicinò al legno e
lesse sulla piccola targhetta:
- Julius Blind, caporale.
Oggi c'è il sole Julius e sapessi com'è bello il panorama! E' uno dei miei
preferiti: è caduto vicino al Forte Verena nel 1917 e aveva solo 25 anni. Ecco,
un po' di lettere a formare un nome e un paio di date è quel che resta di un
uomo. Era alto, biondo e felice di vivere, prima. Ora è polvere e numeri.
Andarono ancora avanti e
per ogni croce c'era un pensiero di Tony, una sorta di ricordo inventato che
ridava un'immagine del caduto.
- Wilfred Mayer, di anni 45. Saranno cresciuti i tuoi figli. Bei
ragazzi, Wilfred, e poi bravi, te lo assicuro.
Andreas Mann, di anni 18. C'è tanta neve che ci si potrebbe
rotolare. Sì, è ancora tempo di giochi, ma ti vedo già guardarti all'intorno,
occhieggiare qualche ragazza. Sei mancato troppo presto per conoscere la vita.
Il tragitto, percorso in questo
modo, fu necessariamente lento e quando arrivarono all'ultima fila cominciava
già a scendere il sole.
- Manfred Richter, di anni 33. Come quelli di nostro Signore, ma lui è
salito alla gloria dei cieli e tu invece sei nascosto a tutti, sotto un metro
di terra e di sassi. Lui è morto per tutti gli uomini e tu per pochi uomini che
se ne stavano al caldo, ben vestiti e sazi, mentre tu pativi il freddo, la fame
e ogni giorno era un tormento.
E' passato tanto tempo,
ma tutti e due siete morti invano.
Wiener era come
frastornato: quei ricordi inventati lo coinvolgevano e gli pareva che forse,
anzi sì, quei morti non gli fossero per nulla sconosciuti.
- Joseph Franz Wiener, di anni 30…
- Ferma!
- Mi fermo, ma…
- Mio padre, mio padre!
Si chiamava così, ma tutti lo conoscevano come Sepp. L'ho trovato!
- Vuoi sapere?
- No, no. Di anni 30. Hai
lasciato per la guerra tua moglie che aspettava un bimbo che non avresti mai
visto e che ora è qui. Eri alto, capelli e occhi neri, e tutte le donne dicevano
che eri un bell'uomo. La mamma è morta, ma già lo sai, perché è finalmente con
te.
- No, non dargli un altro
dolore. Ti dico invece il mio ricordo, se non ti disturba.
Eri veramente il più
bello di tutti, il più umano e lo fosti anche quella piovosa sera del settembre
1918.
Un soldatino appena
arrivato si è presentato a te e quando sapesti che era stato comandato di
pattuglia volesti uscire al posto suo.
Nessuno rientrò. Attesi
fino all'alba e io che avevo conosciuto solo dolore, nessun affetto, ti piansi
come un padre.
Wiener osservò il volto
di Tony, tirato, gli occhi lucidi; gli pose una mano sulla spalla e gli fece
cenno di tornare.
Durante il percorso non
parlarono e si lasciarono davanti all'albergo.
L'indomani Wiener partì.
Mentre attendeva l'arrivo della corriera si guardò intorno, quasi a cercare
Tony, ma questi non venne.
Durante il viaggio pensò
a quello che era accaduto, al racconto della morte di suo padre, una pietosa
menzogna, a cui tuttavia avrebbe desiderato credere. Rilesse così il comunicato
del ministero della guerra che annunciava il decesso del soldato Joseph Franz
Wiener, avvenuto all'ospedale da campo di Slaghenaufi a seguito di un attacco
di peritonite. Si passò una mano fra i capelli, come a riordinare le
impressioni di quei giorni, poi guardò fuori dal finestrino: aveva
ripreso a nevicare, minuscoli fiocchi che scendevano lenti a ricoprire ogni
cosa.