È scoppiato il Novecento
di Grazia
Giordani
Sembra spirare una ventata sulfurea, quasi luciferina nel clima delle
attuali mostre rodigine, visto che – appena conclusa l'esposizione dedicata
all'”Ossessione Nordica”, con risultati eccellenti, superiori a qualsiasi rosea
previsione -, a Palazzo Roverella dal 14
febbraio al 14 giugno 2015 potremo ammirare “Il demone della modernità.
Pittori visionari all'alba del secolo breve”, anche questa volta a cura di
Giandomenico Romanelli.
Siamo certi che il clima nebbioso polesano,
coi suoi cieli invernali cupi, spesso velati da folte nebbie, sia il più adatto
ad accogliere un tema abitato da incubi ed ambigui eterei straniamenti, per cui
“tout se tien” e la cornice è perfetta, fatta su
misura.
L'irrompere della modernità nel mondo tardo Ottocentesco e il suo deflagrare
nei primi decenni del “secolo breve” – nell'ottica del curatore della mostra –
sono il soggetto vero di questa sorprendente esposizione affidata alla
Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo con il Comune di Rovigo e
l'Accademia dei Concordi. Una modernità particolare, popolata da angeli e
demoni, tra inquieto ed ineffabile, tra conscio ed inconscio, dove il buio
della morte e la luce della rinascita sembrano contendersi il primato.
Potremmo considerare questa esposizione un noir pittorico, per immagini
imperdibili, presentato alla grande a Milano e nelle principali città del
Veneto, proprio perché i fruitori possano, per tempo, prenderne coscienza.
Incontreremo, visitandola, emozioni tali da accompagnarci nel baratro profondo
dell'inconscio, per farci, fortunatamente, risalire verso la consolazione della
luce.
Saremo attratti da alcune icone dell'universo simbolista che ci grazieranno
della scoperta di un'arte esclusiva e misteriosa e nel contempo della
rappresentazione drammatica, talvolta subliminale, della follia della guerra.
Impossibile non evocare raffronti tra arte e letteratura, poiché l'una
permea l'altra in un inscindibile duetto. E qui respiriamo gli spiriti oscuri
di Baudelaire e Poe, oltre al pensiero
filosofico nuovo e spregiudicato, vera radice della modernità.
Il mondo luciferino, fatto di illuminazioni abbacinanti e di cupe ombre,
dense di mistero, di figure portatrici di morte, di sedotti e seduttori, ci
ammalia, facendoci sostare, con animo sospeso, di fronte alle Salomé provocatoriamente danzanti di Gustave Moreau, o
facendoci apprezzare la diafana finezza di Odilon Redon, presi come saremo dall'inquietante finezza di questo
artista, per giungere alle originali interpretazioni di Max Klinger e Franz von Stuck, allievi entrambi di Boecklin,
di cui sono le punte più ardite.
Quello che ci affascina soprattutto in questa mostra è la
deflagrazione, quasi lo scoppio di una modernità inquieta e tempestosa – come
sostiene il curatore – prefiguratrice di
morte non meno che sfrenata celebrazione di un vitalismo tutto proteso verso
nuove conquiste e nuovi miti. Anche i linguaggi dell'arte si rinnovano
tumultuosamente, infrangendo il rigore un po' ingessato della classicità. Suona
una nuova musica innovatrice ora, incurante, anzi promotrice della
contaminazione tra i generi.
La mostra non si prefigge una narrazione piattamente didascalica, quasi un
lungo compitino senza originali respiri e possibili tirate di fiato da parte
del fruitore, cavalcando la banalità, non incontreremo quindi una narrazione
sistematica attorno ad impareggiabili figure del mondo nuovo, ad angeli di un
destino di luce e alle tenebre gelide e sulfuree che circondano il reietto,
perché l'arte nuova spalanca orizzonti insospettati e opera il miracolo di far
esplodere sopra le rovine del passato la potenza incontenibile e pure ambigua
del moderno.
Ad d operare questo saranno grandi nomi quali: James Ensor, Franz Von Stuck, Odillo,Redon, Boecklin, Moreau, e i nostri De Maria, Cadorin, Cagnaccio, Martini, solo per citarne pochi fra i
tanti. Il tutto avviene in una sinfonia che inevitabilmente si contrappone alle
musiche di wagner e alle originalissime
immagini di New York di Gennaro Favai.
Una mostra per chi ama la grande arte, i confronti con le altre arti e
soprattutto le forti emozioni.
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