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  Editoriali  »  Diventiamo tutti più buoni 08/12/2006
 

Diventiamo tutti più buoni

 

Diversi anni fa, quando ancora ero ragazzo, immancabilmente, all'approssimarsi del Natale, il parroco concludeva la sua lezione di catechismo con la frase “ Diventiamo tutti più buoni”.

Ero giovane, poco esperto della vita, ma ricordo che dentro di me dicevo: “ Chissà perché dobbiamo diventare più buoni per la ricorrenza della nascita di Gesù Cristo! Se uno è buono, è buono e basta. L'invito può essere rivolto a uno cattivo, ma a chi è già buono non ha senso”.

Non voglio tediarvi con i soliti discorsi dei vecchi, dove alla loro epoca tutto era più bello e la bontà regnava sovrana, però mi corre l'obbligo di una riflessione.

Premetto che i cosiddetti cattivi ci sono sempre stati, ma ai miei tempi, nell'immediato dopoguerra, con un paese distrutto, con poco lavoro, dove parecchi facevano veramente la fame, esisteva una solidarietà fra i poveri - che erano la stragrande maggioranza - che poi è andata lentamente sparendo. C'è stato poi il boom economico, il numero degli indigenti si è ridotto e ha preso avvio una strana indifferenza ai dolori del mondo, una sorta di facile scusa per pensare solo di godersi il proprio orticello. Non era ancora cattiveria, ma la curva della bontà aveva assunto le caratteristiche della parabola e già si era nella sua fase discendente.

Siamo arrivati poi a questi ultimi anni, per l'esattezza gli ultimi dieci, dove l'indifferenza ha preso decisamente il sopravvento e ha cominciato a generalizzarsi una sorta di cattiveria prima celata, subdola, che però giorno dopo giorno ha iniziato a emergere prepotentemente. L'impressione che se ne ricava è che, sotto l'apparenza dell'opulenza, sia maturata una profonda insoddisfazione, come se l'aver molto accresca il desiderio di possedere sempre di più.

E questo stato di disagio esplode in fatti eclatanti, o anche in eventi ormai visibili ogni giorno.

Cito solo due episodi:

1)    tre ragazzini in Svizzera si sono divertiti a gettare un povero vecchio in uno stagno, e meno male per lui che l'anziana moglie è riuscita a trarlo in salvo;

2)    oggi, al mio paese, ho dovuto andare in farmacia. L'abitato è attraversato proprio nella sua parte più vecchia da una strada statale assai frequentata, visto che porta alla città. Poiché c'è la necessità di attraversare questa via e considerato che le strisce pedonali non consentivano ai pedoni l'attraversamento, il comune molto intelligentemente ha ubicato un semaforo a chiamata. Arrivo, ci sono altri a piedi come me che attendono, il traffico è assai intenso e, finalmente, arriva il verde per me e il rosso per le auto. Si inizia l'attraversamento, ma è un'impresa eroica, perché i veicoli, nonostante il semaforo rosso e i pedoni sulle strisce, non si fermano, anzi accelerano. Immagino quello che pensano questi disgraziati “ Io sono in auto e tu sei a piedi. Non vorrai che mi fermi io. “ E infatti ogni tanto ci scappa l'incidente.

 

Se mentre il primo episodio può sembrare sporadico (ma ce ne sono non pochi di analoghi finiti tragicamente), il secondo è generalizzato perché di conducenti che non si curano della vita di altri ce ne sono tantissimi e al riguardo basta dare un'occhiata alle statistiche degli incidenti stradali mortali, dove la fatalità o la disattenzione sono cause rarissime, mentre prevalgono l'eccessiva velocità, il mancato rispetto della precedenza, la guida in stato d'ebbrezza o dopo aver assunto droghe.

Insomma, quella solidarietà sperimentata nel bisogno è rimasta solo un caro ricordo e ora è già molto se il prossimo non ti tira una sassata o non ti travolge con l'auto.

Ci sono le debite eccezioni, ovviamente, ma direi che non è più tempo di buoni e così penso che il sacerdote sarebbe meglio che dicesse “ Diventiamo tutti meno cattivi”.    

  

 

 

 
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