Diventiamo tutti più buoni
Diversi anni fa, quando ancora ero
ragazzo, immancabilmente, all'approssimarsi del Natale, il parroco concludeva
la sua lezione di catechismo con la frase “ Diventiamo tutti più buoni”.
Ero giovane, poco esperto della vita, ma ricordo che dentro di me dicevo: “ Chissà perché
dobbiamo diventare più buoni per la ricorrenza della nascita di Gesù Cristo! Se
uno è buono, è buono e basta. L'invito può essere rivolto a uno cattivo, ma a
chi è già buono non ha senso”.
Non voglio tediarvi con i soliti
discorsi dei vecchi, dove alla loro epoca tutto era più bello e la bontà
regnava sovrana, però mi corre l'obbligo di una riflessione.
Premetto che i cosiddetti cattivi ci
sono sempre stati, ma ai miei tempi, nell'immediato dopoguerra, con un paese
distrutto, con poco lavoro, dove parecchi facevano veramente la fame, esisteva
una solidarietà fra i poveri - che erano la stragrande maggioranza - che poi è
andata lentamente sparendo. C'è stato poi il boom economico, il numero degli
indigenti si è ridotto e ha preso avvio una strana indifferenza ai dolori del
mondo, una sorta di facile scusa per pensare solo di godersi il proprio
orticello. Non era ancora cattiveria, ma la curva della bontà aveva assunto le
caratteristiche della parabola e già si era nella sua fase discendente.
Siamo arrivati poi a questi ultimi
anni, per l'esattezza gli ultimi dieci, dove l'indifferenza ha preso
decisamente il sopravvento e ha cominciato a generalizzarsi una sorta di
cattiveria prima celata, subdola, che però giorno dopo giorno ha iniziato a
emergere prepotentemente. L'impressione che se ne ricava è che, sotto
l'apparenza dell'opulenza, sia maturata una profonda insoddisfazione, come se
l'aver molto accresca il desiderio di possedere sempre
di più.
E questo stato di disagio esplode in
fatti eclatanti, o anche in eventi ormai visibili ogni giorno.
Cito solo due episodi:
1)
tre
ragazzini in Svizzera si sono divertiti a gettare un povero vecchio in uno
stagno, e meno male per lui che l'anziana moglie è riuscita a trarlo in salvo;
2)
oggi, al mio
paese, ho dovuto andare in farmacia. L'abitato è attraversato proprio nella sua
parte più vecchia da una strada statale assai frequentata, visto che porta alla
città. Poiché c'è la necessità di attraversare questa via e considerato che le
strisce pedonali non consentivano ai pedoni l'attraversamento, il comune molto
intelligentemente ha ubicato un semaforo a chiamata. Arrivo, ci sono altri a
piedi come me che attendono, il traffico è assai intenso e, finalmente, arriva
il verde per me e il rosso per le auto. Si inizia l'attraversamento, ma è
un'impresa eroica, perché i veicoli, nonostante il semaforo rosso e i pedoni
sulle strisce, non si fermano, anzi accelerano. Immagino quello che pensano
questi disgraziati “ Io sono in auto e tu sei a piedi. Non vorrai che mi fermi
io. “ E infatti ogni tanto ci scappa l'incidente.
Se mentre il primo episodio può
sembrare sporadico (ma ce ne sono non pochi di
analoghi finiti tragicamente), il secondo è generalizzato perché di conducenti
che non si curano della vita di altri ce ne sono tantissimi e al riguardo basta
dare un'occhiata alle statistiche degli incidenti stradali mortali, dove la
fatalità o la disattenzione sono cause rarissime, mentre prevalgono l'eccessiva
velocità, il mancato rispetto della precedenza, la guida in stato d'ebbrezza o
dopo aver assunto droghe.
Insomma, quella solidarietà
sperimentata nel bisogno è rimasta solo un caro ricordo e ora è già molto se il
prossimo non ti tira una sassata o non ti travolge con l'auto.
Ci sono le debite eccezioni,
ovviamente, ma direi che non è più tempo di buoni e così penso che il sacerdote
sarebbe meglio che dicesse “ Diventiamo tutti meno cattivi”.