Le
vignette: ma libertà di parola vuol dire libertà di bestemmia?
di Ferdinando Camon
Quotidiani locali del Gruppo "Espresso-Repubbluca"
13 gennaio 2015
Domani, mercoledì, torna in edicola il settimanale francese che ha pubblicato
le vignette per le quali gl'islamici jihadisti si
sono infuriati e hanno fatto la strage. È seguita la caccia agli assassini, la
loro uccisione, l'imponente manifestazione di solidarietà al popolo francese da
parte di molti governi, anche islamici, alcuni dei quali fortemente illiberali
in casa propria. Parigi è stata una scena mondiale, e tutti han voluto
esibirsi. Ma domani il giornale continuerà con le stesse vignette? Tutto fa
pensare di sì. E gli jihadisti s'offenderanno di
nuovo? Non si vede perché no. Dunque, siamo da capo.
Sui disegni satirici ci sono stati anche pareri discordi. Per il “Financial Times” erano incauti e inopportuni. Per “Telegraph”, “NBC News” e un'altra dozzina di testate la
satira non può offendere i sentimenti religiosi. Il “New York Times” ha ricordato che in America vignette di questo
genere non escono. Forse non c'entra nulla, ma Obama non s'è fatto vedere alla
manifestazione di Parigi. I disegnatori dicono: la libertà di parola contiene
la libertà di blasfemia, se non c'è questa non c'è quella. Non è vero.
Se un filosofo vuol dimostrare che Dio non c'è e scrive la “Critica della
Ragion Pura”, noi leggiamo il suo libro e, consentendo o dissentendo, gli siamo
grati. Ma se uno gira per le strade bestemmiando come un turco e qualcuno lo
denuncia, il denunciante esercita un diritto e il bestemmiatore no: libertà di
parola non significa libertà di bestemmia. In Italia, com'è noto, la bestemmia
è un reato. Se un regista vuol presentarci un Cristo che è un grande uomo ma
non è un Dio, come ha fatto Pasolini col “Vangelo secondo Matteo”, il suo film
può sedurre anche i credenti ed essere premiato dall'Office Catholique.
Ma se un regista, per dimostrare che Cristo era soltanto un uomo, lo fa
convivere con una prostituta che si chiama Maddalena, e inizia il film con
Maddalena che esercita il suo mestiere e riceve i clienti, mentre Cristo la
osserva seduto per fare il voyeur, questo regista, anche se si chiama Martin
Scorsese, fa un'opera che non fa ragionare i credenti ma gli sputa addosso. Non
dite: “Ma bisogna pagare il biglietto per vedere quelle scene”, perché non è
vero: le foto e le scene finiscono sui giornali, sui settimanali, negli spot
pubblicitari e ti seguono ovunque. Quando Isabelle Huppert recita “Ave Maria,
piena di m…”, penso che il regista non fa nessuna
opera d'arte o di pensiero, ma semplicemente, e con gioia, bestemmia. I
cristiani sopportano molto, anche troppo, ma gli islamici no. Per questo la
satira contro i cristiani è così frequente. Ora, veniamo al problema
principale: gli islamici credono che il Corano “è” Dio: la peggior sofferenza
che gli americani gl'infliggevano a Guantanamo era buttare per terra il Corano
e pisciarci sopra. Era una tortura. I vignettisti parigini che disegnano sulla
copertina un imam che esclama: “Il Corano è una merda”, infliggono agli
islamici la stessa tortura. Non vedo con quale diritto. Moravia diceva: “Chi
ragiona così è un fobico, e un fobico non può governare la società”. È vero.
Chi crede in qualcosa di sacro e non vuole che sia violato, è un fobico. Ma chi
lo vìola per divertimento è un sadico, può un sadico
governare la società? Siamo tutti malati di storia e d'ideologia, non possiamo
cercare una convivenza? Nel caso di Maometto, il problema è semplice: noi non
sentiamo la sacralità di Maometto, è un nostro diritto. Ma ci sono popoli che
la sentono: è un loro diritto. Se io visito una moschea, non prego Allah ma mi
levo le scarpe e non sputo per terra. Credo che possiamo condividere una
conclusione: una cultura deve portare l'uomo a rispettare gli altri, se lo
porta ad offenderli è sbagliata. Le vignette sono sbagliate. E una religione
deve portare l'uomo ad amare gli altri, se lo porta a ucciderli è sbagliata. Il
jihadismo è inammissibile.
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