Greta e Vanessa: pagare il riscatto o
no?
di Ferdinando Camon
Quotidiani locali del Gruppo "Espresso-Repubblica" 18 gennaio
2015
Se io ho due figli e uno mi dice: “Voglio fare un viaggio nello Yemen”, gli
rispondo: “Tu non vai nello Yemen, perché ti sequestrano”. Ma lui ci va. Lo
sequestrano, e mi chiedono il riscatto. A quel punto, cosa faccio? Lo lascio
impiantato, col rischio che gli taglino la testa? E faccio il suo bene così?
Oppure pago e lo perdono? E così, faccio il suo bene?
Esiste una terza risposta: faccio di tutto per riportarlo a casa, vendo quel
che ho, chiedo prestiti in giro, mi riduco alla miseria, ma se posso lo salvo.
Però quel figlio dopo me la paga. E nell'eredità non lascio metà a lui e metà a
suo fratello, perché non hanno gli stessi meriti. Errore madornale è elogiarlo,
come se l'idiozia che ha fatto fosse un gesto da apprezzare. Purtroppo, questa
dell'elogio è la soluzione adottata dallo Stato italiano nei confronti di
Vanessa e Greta. Alla fetta di opinione pubblica che non ha gradito il
salvataggio delle due ragazzine a spese pubbliche, perché la brutta situazione
in cui eran finite “se l'erano cercata”, il nostro
ministro degli Esteri risponde che “l'Italia ha bisogno di giovani come queste,
animate da generosità e solidarietà”. No, ministro, non dica così. Le qualità
che le giovani han mostrato si chiamano superficialità e incoscienza. E ci son
costate dodici milioni di dollari, stando alle notizie. Noi non abbiamo bisogno
di connazionali che ci facciano sprecare tanti milioni per sventatezza o
egoismo. Di concittadini così, ministro, ne abbiamo già troppi.
Zaia dice: “Gli piantiamo una confisca a vita finché
abbiamo recuperato i 12 milioni di dollari”. Ma non ce la faremo mai. Queste
per adesso fan le volontarie, hanno 20 e 21 anni, e domani, se ci riusciranno,
faranno le impiegatine pubbliche da qualche parte, non avranno mai stipendi da
cui prelevare milioni, al massimo 80 euro. Ebbene, perché no? Importante
sarebbe che fossero iscritte come debitrici dello Stato, vita natural durante.
Occorre però che lo Stato abbia questo diritto, che abbia fatto cioè quel che
poteva perché loro non andassero in Siria. Lo Stato cura e aggiorna una “lista
dei paesi sconsigliati”, e se un cittadino va lì, ci va a suo rischio e
pericolo. Se poi gli succede qualcosa, non ha il diritto di chiedere aiuto. Ma
lo Stato non dovrebbe soltanto “sconsigliare” che i suoi cittadini vadano in
quei paesi, dovrebbe renderlo impossibile. I connazionali che vanno là
dovrebbero sapere, loro e le loro famiglie, che fanno una cosa illegale della
quale dovranno vergognarsi finché camperanno. Invece queste ragazzine vanno là
anche per la gioia di farsi un selfie. Si sposeranno,
con quel selfie. Lo mostreranno ai figli. In punto di
morte, gli daranno un'ultima occhiata. Sarà la loro gloria. Adesso sono
tornate, siamo tutti felici che siano vive, ma è sbagliata la festa che il
paese gli fa, perché l'essere festeggiate le fa sentire delle eroine. I
coetanei e le coetanee che le vedono le invidiano. E magari si sentono incitate
a partire. Tutto questo è sbagliato e dannoso. Il Manzoni racconta di un
cameriere che corteggia la figlia di un principe, il principe lo scopre e lo
licenzia in tronco, però vuole impedire che il ragazzo si vanti pubblicamente
di quell'avventura amorosa, perciò gli dà uno schiaffo di fronte a tutti. La
gloria del vanto è rovinata. Gli sconsiderati che van
sulla cima delle Dolomiti in scarpette da ginnastica e poi non riescono più a
tornar giù, vengono prelevati dall'elicottero ma non potranno vantarsi di
quella bravata perché poi l'elicottero lo devono pagare. Così dovrebbero fare
queste ragazzine. Lasciarle là era disumano. Ma adesso dovrebbero pagare una
quota mensile, magari piccola, per lo sperpero a cui ci han costretto. E niente
festa. Non c'è niente da festeggiare. Un padre di una volta le avrebbe prese a
sberle, e forse, tutto sommato...
www.ferdinandocamon.it