Dopo
Galileo, si apre il caso Freud?
di Ferdinando Camon
"La
Stampa", 27 maggio 2015
La vittoria del sì al referendum irlandese sul matrimonio gay significa che
nella cultura cattolica l'omosessualità non è più la colpa mostruosa che era
fino a un papa fa. Il salto è enorme: dall'omosessualità come peccato
paragonabile all'omicidio, all'omosessualità come diritto riconosciuto per
legge.
Generazioni di cattolici, in Italia e nel mondo, ma soprattutto in Irlanda, si
sono formate sulla dottrina che ricordava “i sette peccati che gridano vendetta
al cospetto di Dio”. Questi sette peccati formavano una filastrocca che veniva
imparata a memoria dai ragazzini e recitata a fine messa dai fedeli. La lista
cominciava così: “Omicidio volontario, peccato impuro contro natura…”. Che l'omicidio volontario fosse una colpa che
offendeva direttamente Dio è comprensibile: Dio ha creato una vita e tu la
sopprimi, sei un ribelle a Dio, un anti-Dio. Lui contro di te non eserciterà la
giustizia ma la vendetta: nella vendetta c'è un sovrappiù di collera. Ma il
secondo peccato che “grida vendetta” è il “peccato impuro contro natura”, e
cioè l'omosessualità. Che l'omosessualità offenda direttamente e personalmente
il creatore, e che sia un “peccato contro natura”, fa parte di un sistema
complesso e coerente, dal quale la cultura cattolica non si era mai discostata,
e che si può esprimere così: Dio ha creato la Natura, e la Natura prevede
l'uomo e la donna. Il rapporto sessuale avviene tra un uomo e una donna, legati
dal matrimonio. In tal modo, questo rapporto è “secondo Natura”. Questo impulso
“secondo Natura” lo sentono tutti. Ma gli omosessuali lo rinnegano e lo
contraddicono, si ribellano alla Natura e vanno contro natura. Maledicono come
son fatti e chi li ha fatti. Perciò, siano maledetti. Ci sono stati secoli in
cui venivano bruciati. Mai assolti, neanche se pentiti, perché la posizione più
“perdonante” della Chiesa era (è ancora) che “uno può essere omosessuale, ma
non può fare l'omosessuale”. Il suo modo di vivere l'omosessualità, per essere
accettato, è di combattere contro se stesso. Nella misura in cui vince la
battaglia, è salvato. Nella misura in cui la perde, è perduto. Grandi
intellettuali italiani, scrittori, poeti, registi, drammaturghi son vissuti con
questo dramma. Giovanni Testori è passato di là, ha abbracciato la Chiesa e ha
maledetto se stesso. Pier Paolo Pasolini s'è fermato a metà strada, angosciato.
E l'angoscia lo ha portato a morire. S'è messo in analisi da Cesare Musatti (è stato lo stesso Musatti
a raccontarmelo, come analista parlava un po' troppo), è andato avanti per sette-otto sedute parlando di tutto ma non
dell'omosessualità, difendendosi così: “È natura, inutile parlarne”. E Musatti: “Ne parlerà comunque, anche se non vorrà”.
Pasolini entrò in angoscia, e da Musatti non tornò
più. Ho espresso più volte la mia tesi: se fosse tornato, non sarebbe morto in
quel modo. Perché c'è anche una cattolica auto-punizione in quella morte. Ora,
che cosa apporta di nuovo, in questo campo, il referendum di un paese cattolico
sul matrimonio gay? Questa coscienza: l'omosessuale non va contro natura, ma
segue la sua natura. Non c'è merito negli eterosessuali, se seguono la loro
natura. Non c'è colpa negli omosessuali, se seguono la propria. È quel che la
teoria e la pratica della psicanalisi han sempre ammesso. E dunque nella
cultura cattolica, dopo il caso Galileo, si apre un caso Freud?
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