Le
Volkswagen nascono col trucco
di Ferdinando Camon
"Avvenire" 24
settembre 2015
“Inaudito” è ciò che non si è mai sentito prima, e dunque si pensava che
non esistesse e non fosse possibile. Bene: lo scandalo delle auto tedesche
truccate è inaudito. Per tante ragioni: 1) perché avviene in Germania, 2)
perché riguarda le auto, 3) perché si tratta della Volkswagen, 4) perché non è
un incidente, un errore, ma uno studio, un'invenzione, 5) perché inquina l'aria
che respiriamo, e la politica ecologica era un vanto della Germania, 6) perché
non è opera di un singolo, un sabotatore, ma di una comunità di lavoratori di
alto livello, e può darsi (non è certo, quindi non lo segno col numero 7) che
implichi anche connivenze a livello politico. Il lavoro industriale tedesco è
stimato nel mondo per la precisione, l'esattezza, il rispetto delle regole. Si
contrappone sempre “tedesco” a “latino” o “mediterraneo”, per dire che
caratteri del primo sono l'affidabilità, lo scrupolo, l'esattezza, mentre
caratteri del secondo sono l'estro, l'invenzione, l'intuizione. Le auto sono un
campo dove l'industria tedesca primeggia. Una casa tedesca lancia una sua nuova
auto dicendo: “Fidatevi, è tedesca”. Io ci sento anche (ma può essere una
sensibilità mia personale, quindi inattendibile) il senso di “non è italiana,
non è francese”. Un'altra marca lancia un suo modello con lo slogan: «“Das” auto», “La vera auto”. Le altre sono “auto”, ma questa
è l'auto per eccellenza. A permettersi questo slogan era la marca che produceva
le auto truccate. E truccate non da una filiale di rivenditori, non dalla
manomissione di qualche particolare del motore, come facevamo noi da ragazzi
per far correre di più e rombare meglio il motorino. No, qui il trucco è
inventato e creato alla fonte, nella stessa casa di produzione, è voluto e
commissionato dai produttori. Si tratta di un congegno che sente se la macchina
corre sui rulli di un'officina, o su una strada. Lo sente anche dalle
vibrazioni delle sospensioni. Se sente che la macchina è in officina, quindi
sottoposta ad esami o test, il congegno entra in funzione e riduce i consumi e
le emissioni. Anche il rendimento, ma il pilota non è al volante, e la
riduzione di rendimento non l'avverte nessuno. Se il congegno sente che la
macchina corre su strada, si disinserisce, e la macchina consuma di più, emette
più gas di scarico, ma va che è un piacere. Non è “un”'auto. È “das” auto.
L'auto è “il” desiderio di ogni uomo, piccolo o grande. È la tua casa mobile,
che ti segue dovunque. È il tuo status symbol.
Se hai una grande auto, sei riuscito. Se no, sei un fallito. Se hai un'auto
tedesca, sei al top.
L'industria di un paese si misura anche dalle auto che produce. La Germania è
il paese-leader in Europa, e incute negli altri un sentimento di soggezione,
del tipo: non possiamo raggiungerli, cerchiamo almeno di avvicinarci. È il
sentimento che anima in questi giorni la Ferrari nei confronti della Mercedes:
la Mercedes stravince tutte le gare di Formula1 da due anni, la Ferrari ha
vinto due-tre gare tra cui l'ultima, domenica scorsa,
e l'euforia dei ferraristi è stata tale, che sembrava avessero il titolo
mondiale in tasca. Per la verità i tedeschi avevano esagerato, perché dopo
l'ultima vittoria il portavoce della Mercedes, Nicky Lauda, aveva dichiarato in
tv: “Gli italiani sanno fare soltanto pizza e spaghetti”. Voleva dire: non le
auto. Dopo la successiva gara, vinta dalla Ferrari, il direttore della Ferrari,
Arrivabene, gli rispose: “Ho mangiato una pizza
all'arrabbiata”. Confondendomi le idee: esiste la pizza all'arrabbiata? Ma la
sorpresa maggiore me l'ha suscitata Lauda, con la sua dichiarazione che gli
italiani non sanno fare le auto, in questo caso le auto da corsa. Lauda è stato
per più anni consecutivi campione del mondo di Formula 1, guidando proprio una
Ferrari. Come può dire che la casa costruttrice che fabbrica l'auto che lo
porta al titolo mondiale, non sa fare le auto? La verità è che Nicky Lauda
vorrebbe essere ancora alla Ferrari, a fare il portavoce. La sua è gelosia. E
anche la nostra, ora che finalmente possiamo accusare la Volkswagen. Era tanto
tempo che aspettavamo!
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