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  Editoriali  »  La Giornata della Memoria 18/01/2007
 

La Giornata della Memoria

 

Il 27 gennaio, data della liberazione del campo di sterminio di Auschwitz, si celebra la Giornata della Memoria, dedicata al ricordo delle vittime ebree della Shoah.

Non mi dilungherò sui numeri dei morti nei campi di concentramento nazisti, perché fosse stato anche solo uno non cambierebbe nulla nella sostanza.

Ora mi preme invece evidenziare come questa ricorrenza, come molte altre del resto, finisca gradualmente con il perdere il suo reale significato.

E allora mi chiedo se sia giusto celebrare un giorno all'anno questo rito della memoria, che esteriormente si estrinseca in qualche discorso dei politici e nella deposizione di una futile corona d'alloro. Eppure, a pensarci bene, dovremmo avere sempre presente questo immane dramma della Shoah, una follia di un popolo volta allo sterminio di un altro popolo.

Sì, perché gli ebrei non furono massacrati perché nemici combattenti, o cospiratori politici, ma solo perché erano ebrei.

Nella storia dell'umanità si sono purtroppo verificate altre Shoah  e al riguardo basti pensare al sistematico sterminio degli armeni da parte dei turchi fra il 1915 e il 1918, oppure agli eccidi compiuti dagli americani nei confronti della nazione indiana che ostacolava il loro concetto di progresso e di civiltà. Ce ne sarebbero altri, che risalgono a epoche ben più lontane, ma non voglio fare un sunto storico, perché in questa sede mi preme solo evidenziare come invece esista solo una giornata che ricordi il genocidio degli ebrei.

Peraltro, questo popolo ha tutto il mio rispetto, ma mi par giusto che questa ricorrenza debba accomunare le tante Shoah della storia, perché un essere umano non può e non deve essere discriminato per il colore della sua pelle, per il suo credo religioso o per la sua nazionalità.

Mi si potrà far presente che un tipo come Adolf Hitler e un movimento come quello nazionalsocialista sono un caso del tutto eccezionale e che quindi questa commemorazione rappresenta, oltre che un segno di rispetto nei confronti delle vittime, una ferma condanna dei persecutori.

Ne convengo nella misura in cui si ricordino tutte le vittime dei genocidi e si abbia sempre ben presente che i loro assassini potrebbero colpire ancora, come è accaduto altre volte nella storia e come temo che potrà nuovamente succedere.

La prossima volta la Shoah potrebbe riguardare anche gli italiani, in quanto tali, e per lo stesso motivo anche i francesi, e così via.

Nel momento in cui un popolo si sente superiore agli altri, crede di essere al vertice dell'universo, ma l'incontro con le difficoltà proprie di tutti gli uomini finirà con il provocare un senso di frustrazione, rimediabile unicamente attribuendo le proprie colpe agli altri.

Il reperire un capro espiatorio è la soluzione più semplice per rifuggire dalle proprie responsabilità, per non ammettere che non siamo perfetti.

In questo caso, la rabbia, opportunamente alimentata e veicolata, prorompe con tutta la sua forza e, anziché rivolgersi a un riesame del proprio stato, si scatena nei confronti di altri.

I pellirosse uccidevano i coloni? Lo facevano certo per difendere la propria terra, la loro identità, mentre gli eccidi perpetrati nei loro confronti erano il frutto del desiderio del più forte di schiacciare il debole. Per dare un'idea del loro genocidio basti pensare che ci fu un periodo che veniva riconosciuta una ricompensa ai coloni per ogni indiano ucciso, una sorta di tiro al bersaglio non diversa dalla realizzazione della soluzione finale nei lager nazisti.

Quindi, pur nel doveroso rispetto ai milioni di ebrei massacrati dai nazisti, facciamo che ogni giorno dell'anno sia il 27 gennaio, cerchiamo di evitare di cadere nel luogo comune che a noi non potrebbe mai accadere.

 

 

 
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