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  Editoriali  »  I conti non tornano, di Renzo Montagnoli 21/12/2019
 
I conti non tornano

di Renzo Montagnoli





A ogni fine anno, quasi inconsciamente, faccio il punto della situazione, di ciò che è accaduto, degli avvenimenti più importanti che hanno caratterizzato il periodo, in pratica redigo un bilancio, in cui purtroppo i conti non tornano mai.

Avrei voluto scrivere che finalmente si è raggiunto un accordo globale sul clima, mi sarebbe piaciuto quasi gridare che le immense disuguaglianze che caratterizzano la popolazione di questo pianeta si sono ridotte, che non c’è più gente che muore per fame, che ovunque regna la pace.

Purtroppo nulla di quello che speravo almeno iniziasse si è avverato e ogni giorno di più devo constatare che una cosa sono gli animali e un’altra le bestie, cioè non pochi rappresentanti del genere umano. Le ricchezze sono sempre più nelle mani di pochi che determinano la vita di ognuno di noi e le cui scelte hanno conseguenze di cui stentiamo ad accorgerci. Viviamo in un mondo malato, dove c’è chi ha troppo e c’è chi non ha niente, in cui gente disperata è disposta a lasciare il suo paese per non patire la fame, o per fuggire le guerre o crudeli dittatori. Questo flusso di varia umanità è la caratteristica saliente di questi primi diciannove anni del XXI secolo e credo che di questo si siano accorti tutti, ma c’è chi ha rimedi opposti, entrambi che non portano alla soluzione del problema. Ci sono quelli che li vogliono respingere, che magari sono contenti se non pochi periscono nel percorso di immigrazione, e ce ne sono altri che dicono di accoglierli a braccia aperte. Entrambi, o sono ignoranti, o sono falsi, perché questa tragedia, perché di tragedia si tratta, si risolve solo rimuovendo le cause che stanno all’origine, in particolar modo cessando di sfruttare da schiavisti paesi poveri economicamente, ma ricchi di materie prime. Queste posizioni antitetiche non sono proprie solo del nostro paese, ma in genere di tutti gli Stati in cui è presente un certo benessere. Così come non è caratteristica solo dell’Italia, dove peraltro è spinto ai massimi livelli, l’odio dilagante. Da noi chi semina zizzania ha facile gioco, perché hanno successo soprattutto le notizie false, visto che una larga parte della popolazione non è in grado di distinguere fra verità e menzogna, e tanto più la “bufala” è pacchiana, tanto più c’è chi abbocca. Poi, se guardiamo il nostro paese, purtroppo la popolazione è divisa, manca di un comune afflato e non solo fra Nord e Sud, ma anche nell’ambito della stessa regione e perfino dello stesso comune. C’è stato un movimento che per anni ha attribuito, sbagliando, una pseudo minore ricchezza del Nord al peso insostenibile del meridione, con atteggiamenti palesemente razzisti, salvo poi fare dietro front per accaparrarsi i voti del sud. Quasi a compensare, la parte inferiore dello stivale vede un altro movimento che incolpa della sua arretratezza il Settentrione, il che non è vero ed è facilmente dimostrabile e altrettanto facilmente comprensibile da menti libere da ogni pregiudizio. E’ evidente, però, che nell’uno e nell’altro caso la materia grigia degli interessati è carente.

Il grado di insoddisfazione in Italia e all’estero è in perenne crescita, determinato dalla necessità delle attività imprenditoriali di creare di continuo nuovi impellenti bisogni, condizione imprescindibile per un aumento della produzione. E così si distruggono cervelli, si sottomettono gli uomini, si esauriscono le non infinite risorse della natura.

Detto questo, mi chiedo cosa ci possa essere stato di soddisfacente in questo anno 2019, ma non trovo risposte, se non guardando in una cerchia più ristretta, nella mia famiglia, i cui membri, grazie al cielo, sono in buona salute, hanno un lavoro e pur non esultando non sono però insoddisfatti, e allora mi nasce una speranza, cioè che tutto ancora non sia perduto, che si debba partire da noi stessi e dai nostri familiari per cercare nel nostro piccolo quei motivi – che esistono, sono solo soffocati – per cui valga la pena di vivere, per ritrovare quella pace e serenità grazie al nostro amore per chi è a noi vicino e in estensione per il nostro paese, uniti a una fede, non necessariamente, anche se preferibilmente cristiana, che metta l’uomo come individuo, come carne e spirito al centro dell’Universo, un uomo che non desideri sovrastare, ma che sia animato dal desiderio di percorrere la strada della vita in armonia con gli altri, pronto ad aiutare i meno fortunati, l’uomo che Gesù Cristo avrebbe voluto vedere.


 
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