Concorsi letterari
Alla base del legittimo desiderio di
chiunque di noi di essere letti e di raggiungere anche la fama c'è, fra
l'altro, il
ricorso ai Premi Letterari, in ampia e rapida diffusione.
Si partecipa per misurarsi, per cercare
un riconoscimento delle proprie capacità, per il fatto che risultare primi su
altri è un incoraggiamento a proseguire.
Anche in questo campo, però, occorre
procedere con prudenza, al fine di non essere buggerati, oppure di non ritenere
che un primo posto ci qualifichi come autori di grandi speranze.
Fra le miriadi di concorsi quelli che
possono dichiararsi di prestigio e che quindi conferiscono un metro di giudizio
confortante sono veramente pochi e prevalentemente riservati a opere già edite.
Fra l'altro, anche in questi non rare volte sorgono dubbi sulla correttezza
delle valutazioni, influenzate da fattori esterni.
E adesso vediamo di muoverci in
questo campo di rosee speranze, ma che nasconde mine anche a scoppio ritardato.
Una caratteristica importante, da non
sottovalutare, è data dal costo, la cosiddetta tassa di lettura, una sorta di
rimborso spese come proclamano gli organizzatori e che spesso è di importo non
trascurabile.
Fino a una decina di Euro per opera
presentata ci può anche stare il discorso del rimborso spese, oltre invece no,
a meno che i premi non risultino anche in denaro,
alimentati ovviamente dai contributi di ogni concorrente.
Non c'è da fidarsi di quei concorsi
che a fronte di esborsi di 15-20 Euro e anche più offrono premi puramente
simbolici, perché in tal caso è lecito supporre che la differenza fra le
entrate (consistenti) e le uscite (modeste) vadano a vantaggio degli
organizzatori.
Sembrerebbero, quindi, più
trasparenti quei concorsi che non richiedono una tassa di lettura, ma ciò non
esclude che i giudizi possano sempre essere influenzati da fattori esterni.
E a proposito delle valutazioni dei
giurati ci sarebbe molto da dire; in particolare è evidente che i gusti variano
da giuria a giuria, ragione che può spiegare perché un'opera prenda un premio
in un concorso e in un altro non venga nemmeno
segnalata.
Inoltre, si deve considerare che
spesso i giurati non sono competenti e la circostanza è tanto più facile nei
piccoli concorsi di paese dove delegati allo scopo sono immancabilmente il
maestro elementare, il farmacista e il sindaco, e quest'ultimo potrebbe anche
essere, senza offesa per la categoria, un macellaio, magari con modeste nozioni
scolastiche. Insomma, per valutare poesie occorrerebbe almeno uno che sia abituato a leggerle, e lo stesso dicasi per i racconti;
invece non è sempre così.
Esistono poi i fattori esterni,
interessati o disinteressati; per i primi penso che non ci sia bisogno di
ulteriori chiarimenti, visto che presuppongono un do ut des sotto
diverse forme; per i secondi sono dati da inconsci moti di simpatia perché ad
esempio si conosce da tempo il tal concorrente e lo si stima, indipendentemente
dalla qualità dell'opera in gara.
Senza voler creare dell'inutile
allarmismo, ammettiamo che il Concorso Letterario a cui
partecipiamo sia senza tassa di lettura, o con una tassa giustificabile, che la
giuria sia composta da persone serie, corrette e altamente qualificate, tutte
circostanze che solo raramente possono coesistere, però, e allora si pone un
ulteriore problema.
Quale è secondo voi?
Sono i premi. Tanto più alto è il
numero dei premiati, tanto maggiormente vengono
sviliti questi riconoscimenti, e la cosa è facilmente comprensibile, perché se
premio tanti per attirare il maggior numero possibile di concorrenti va a
finire che in effetti scontento tutti.
A mio parere, a parte un
riconoscimento ai primi tre di ogni sezione, dovrebbe esistere un numero esiguo
di segnalati.
Dopo aver sviscerato questi
argomenti, poniamo il caso di partecipare a un concorso perfetto e di vincerlo.
La notizia, comunicata via telefono o
a mezzo mail, raramente per telegramma, ha l'effetto di un'improvvisa
illuminazione, con il cuore che batte, con tutto che
all'intorno ci sembra più bello. Poi, dopo un primo momento di esaltazione, c'è
il compiacimento, un senso di appagamento totale e infine il piacere di
comunicare la vincita agli amici.
Nel periodo successivo, vale a dire
in quello che porta alla cerimonia, l'effetto si attenua, ma nasce la curiosità
di sapere lo svolgimento. Si studia il percorso, ci si informa dove
eventualmente si può dormire, insomma ci si prepara come si deve per il grande
evento. E arriva il giorno, si entra
nella sala, inizia la proclamazione dei vincitori. Quando arriva il tuo nome,
ti alzi in piedi guardandoti intorno, vai sul palcoscenico fra gli applausi dei
presenti, ti consegnano il riconoscimento, ti chiedono di dire qualche cosa e
il discorso che ti eri così attentamente preparato è scivolato via dalla mente,
balbetti poche parole, che nemmeno tu senti. Ritorni in platea, ridiscendi
dall'olimpo, la festa è finita.
Già nel ritorno è immancabile il
pensiero al prossimo concorso a cui parteciperai, con
le stesse titubanze, la stessa volontà di cercare una dimostrazione di quel che
vali, un giro infinito, un'alternanza di illusioni e delusioni, una sorta di
vizio in cui è facile iniziare e difficile smettere, una sigaretta che si
brucia dietro l'altra e un giorno che smetterai ti resterà sempre quella
domanda: valgo qualche cosa, oppure no?