Tempi
di guerra, tempi di pace
di
Lorenzo Russo
I
liberatori della allora ancora amata patria si sacrificarono per
cacciare il nemico, quello che era velatamente ancora presente nelle
loro file come quello straniero.
Un'epoca
scomparì nelle macerie del conflitto e l'Italia divenne una
repubblica democratica.
Mentre
i seguaci del regime cambiarono casacca o si dettero alla fuga per
non essere giustiziati dal popolo insorto, i migliori dei nostri si
cimentarono ad elaborare una costituzione moderna ed esemplare.
Ancor
oggi la si giudica la migliore del mondo, ma chi lo afferma non tiene
conto che il mondo è mutato e che essa ha bisogno di una
rinfrescata.
Settantacinque
anni di pace hanno fatto dell'italiano un cittadino di una Europa
unita almeno formalmente, ma di certo non realmente.
Troppe
sono le differenze, a incominciare dalla lingua parlata, dalla
cultura ereditata di secolo in secolo superando conflitti immensi che
hanno causato tantissime vittime e sacrifici, e dal modo di concepire
la vita, per cui temo che ciò che definiamo la “italianità“
scomparirà, prima lentamente e poi velocemente.
Di
certo la colpa è dell'italiano stesso, in quanto è
troppo immaturo per poter comprendere che tutto ciò che ha
conquistato va difeso, non più con le armi, non più con
le chiacchiere inconcludenti, ma con la fermezza di carattere retto
da una comune visione.
Di
fatto, egli mi sembra troppo superficiale perché è più
propenso alla vita facile e troppo ingenuo con riferimento a
permettere l'invasione di persone estranee senza controllo della loro
affidabilità, capacità di integrarsi e disponibilità
di lavoro.
Detto
questo, aggiungo che è anche vero che esistono ancora italiani
coscienti dei propri valori di popolo ereditario di una cultura e
valore di notevole valore.
Ma
a cosa serve, quando questi valori non vengono coltivati e trasmessi
da padre in figlio come dovrebbe sempre essere, quando nelle scuole
si propaga una cultura europea che in verità favorisce gli
altri stati membri perché politicamente ed economicamente più
efficienti?
Un
esame dei rapporti tra i membri della EU mi conferma che l'Italia non
ha protetto abbastanza quella che dovrebbe essere la sua giusta
reputazione riguardante non solo il riconoscimento ufficiale della
propria lingua, ma anche il sostegno giuridico e paritario nei
settori economici fondamentali; questo quando noto che il paese viene
velatamente considerato paese da regolare, alla pari della Grecia
tanto per fare un esempio, dove i colossi economici tedeschi hanno
fatto bottino senza pudore.
La
cancelliera prussiana portante il nome di Angela Merkel (considerata
la mammona dai suoi concittadini) si è servita della EU per
ottenere favori per il proprio paese.
Peccato
che l'Italia non abbia politici di questo calibro!
Detto
questo, io proporrei una Confederazione degli stati europei, di modo
che ogni paese possa conservare meglio la propria identità
storica, il proprio modo di vivere e pensare, senza essere
continuamente sottoposto alle fin troppo rigide regole
comportamentali dell'Unione, che non altro vuole che instaurare un
potere centrale forte al soldo dei paesi nordici.
La
problematica attuale, riguardante il conflitto tra chi accetta la
vaccinazione e chi le si oppone, mi spinge a esprimere il mio parere,
secondo il quale il vivere in un sistema democratico non significa il
fare ciò che più si voglia, soprattutto quando in gioco
sta la salute dei cittadini.
Lo
ritengo un principio fondamentale sul quale dovrebbe reggersi ogni
sistema democratico.
In
effetti, e per mio conto, la libertà personale dovrebbe finire
quando è in contrasto con i doveri civili e sociali,
altrimenti si aprirebbe la porta al ritorno della dittatura.
Il
motto dovrebbe essere: sì alla libertà, ma no
all'arbitrio.
Guai
a strapazzare oltre la lecita misura la democrazia, perché in
agguato sta sempre la dittatura.
La
dittatura nasce quindi quando un popolo non è capace di
governarsi pacificamente, cioè quando nessuno è
disposto a dare un proprio contributo.
Pace
e dittatura sono due volti della stessa medaglia, che è la
vita umana.
Si
avvicendano periodicamente per l’immaturità dell'uomo,
ma anche per volere della natura, che sempre vigila su tutto ed è
pronta a imporre la sua volontà, rigida, severa, patriarcale.
E
ora, con riferimento alla pandemia in corso, ritengo che la
vaccinazione della popolazione sia un dovere civile da osservare.
Un
non vaccinarsi è un mettere in pericolo la vita degli altri, e
questo sebbene il vaccino non offra ancora la completa sicurezza di
efficacia o il paziente possa avere abbastanza anticorpi da non
temere l'infezione, in quanto sono eventualmente gli altri che
verrebbero infettati.
Le
pandemie non si eliminano, esse ritornano e diventano sempre più
difficili da combattere, ma mi ricordo quando molti decenni fa le
persone contagiate sarebbero state grate se avessero avuto a
disposizione un vaccino.
Quando
noto che la grande maggioranza dei ricoverati all'ospedale sono i non
vaccinati, mi è chiara la sua utilità.
Tra
i dimostranti c'è un gruppo, non proprio esiguo, che persegue
il fine di mettere in pericolo l'ordine pubblico.
Sono
coloro che credono ancora nell'ideologia del fascismo, del nazismo,
di una religione autoritaria o semplicemente si divertono a farlo.
Sono
il fondo scuro dell'animo dell'uomo, ma in un certo senso anche utili
perché risvegliano le coscienze tese all'ordine e alla pace.
È
il solito conflitto tra i due poli che qui si manifesta e determina
la condizione umana.
Poi
ci sono quelli che non hanno fiducia nelle istituzioni e quelli che
vi partecipano per divertirsi marinando la scuola.
Perché
non organizzino le dimostrazioni in un giorno non lavorativo o di
scuola, rimane una domanda senza risposta.
Un
ultimo gruppo è composto da manifestanti che credono in quello
che pensano e lo manifestano apertamente.
Una
discussione aperta e chiarificatrice tra i pro e i contro porterebbe
qui buoni risultati.
Insomma,
mi sembra che la scuola vada qui indirizzata, polarizzandola
maggiormente sui temi civili e sociali senza l'influsso dei partiti e
religioni.
Nella
considerazione che la maggioranza dei dimostranti è giovane,
aggiungo che è normale che vogliano protestare ogni qualvolta
venga deciso qualcosa di importante, ma so anche che, passata
l'adolescenza, loro verranno presi dalla realtà della vita,
che significa assumersi la responsabilità per ogni azione
compiuta e parola espressa.
Nonostante
ciò, ritengo che sia proprio il loro protestare a motivare gli
adulti a rivedere le loro posizioni, così che nel corso del
tempo la realtà riesca a migliorare, anche se molto
lentamente.
Detto
questo, cambio l'argomento e lo trasferisco su una mia constatazione
secondo la quale, finita una guerra, i superstiti vivono per
dimenticarla, mentre i giovani cercano i pericoli e lo fanno nel loro
modo più consueto e praticabile, quali sono oggi le attività
sportive ad alto livello di rischio e le svariate avventure
spericolate.
Da
qui ne deduco che, se nei disastri l'uomo viene stimolato al loro
superamento, nella pace si dà a praticare attività
ardue e pericolose per dimostrarsi di essere coraggioso e ardito.
Tempi
di guerra, quindi, e tempi di pace; nel loro avvicendarsi noto un
senso utile, che è quello di voler superare i primi e
conservare i secondi, purtroppo senza successo duraturo, come sempre
si verifica.
Godiamoci,
ora, la pace, ma prepariamoci mentalmente al prossimo grande
conflitto, che verrà quando la pace non è stata frutto
di una conquista, perché solo chi l'ha conquistata è
propenso a conservarla.
Ed
è qui che bisogna agire sui giovani, di modo che comprendano
che la pace è un diritto che va conquistato.
In
questo caleidoscopio
di avvenimenti contrastanti, la democrazia se ne va a spasso e il
tempo di guerra abbaglia già l'orizzonte.
Non
per niente le grandi potenze si danno da fare per affrontare con
carte migliori il prossimo conflitto.
Quale
psicopatico/a accenderà questa volta la miccia?
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