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  Editoriali  »  Anche la pietà è morta, di Renzo Montagnoli 14/02/2009
 

Anche la pietà è morta

di Renzo Montagnoli

 

Questo articolo è comparso la mattina del 9 c.m. sul mio blog L'armonia delle parole. La sera dello stesso giorno Eluana Englaro è spirata e proprio per questo pensavo di non riproporlo, perché il silenzio è d'obbligo in questi casi, ma l'ignobile gazzarra esplosa in parlamento, accompagnata da accuse ingiustificate espresse con violenza, mi ha fatto capire quanto di quel che ho scritto fosse non contingente, ma purtroppo sempre attuale.

Ecco il  perché quindi della pubblicazione di questo editoriale.

 

Ho meditato a lungo prima di scrivere questa riflessione, chiedendomi soprattutto se avevo titolo per parlare di certe cose.

Poi, ho pensato che sono parte di questa umanità, di questo insieme di esseri pulsanti a cui voglio indistintamente bene, perché miei compagni del non facile viaggio della vita e allora ho capito che devo parlarne e completare il discorso che ho già intrapreso con i miei due libri Canti celtici e Il cerchio infinito.

E' un obbligo ingrato che mi sono posto, perché so che mi potrò attirare anche delle antipatie, quando addirittura qualcuno non arriverà a tacciarmi di supponenza. A scanso di equivoci dico subito che non nutro nessuna pretesa di essere il depositario di una verità unica e indiscutibile, ma fra tanti clamori, assordanti, storpianti e i silenzi ancor più numerosi e non meno colpevoli, devo far sentire la mia voce, non gridando, senza odio, senza rancore, perché la famiglia umana è quella e dato che ne sono parte ne condivido le poche gioie e i molti dolori, e pure sono partecipe delle sue colpe.

In questi giorni ovunque si discute, si litiga, si strilla per la vicenda triste di Eluana Englaro. C'è chi invoca il diritto, anzi il dovere di restare in vita a ogni costo, e c'è chi invece reclama la possibilità di chiudere i propri giorni, quando questi sono senza ore, inermi, inconsapevoli in un letto di dolore da cui non potrà più rialzarsi.

Personalmente, sono dell'idea che al centro di ogni decisione, assolutamente individuale, ci sia la dignità dell'essere umano e pertanto non vedo il perché debba persistere un inutile accanimento terapeutico quando l'ammalato non lo voglia.

Dunque, ogni decisione al riguardo spetta solo al soggetto interessato o alla sua famiglia, qualora abbia alla stessa espresso a suo tempo il desiderio di morire con dignità.

Non possono esistere decreti legge o decreti legislativi che vadano in contrasto a questa fondamentale libertà dell'individuo, né del resto possono avere un senso i richiami di una chiesa che predica la vita eterna e poi chiaramente in contrasto impedisce di raggiungerla nel migliore dei modi.

Non abbiamo certezze del dopo e per questo la morte ci spaventa, ma a volte essa è più pietosa delle indicibili sofferenze provocate da diverse malattie.

L'uomo si sforza con la sua tecnologia di allungare l'esistenza, ma non arriverà mai a renderla perpetua.

I suoi limiti non sono però solo scientifici, ma anche morali, a maggior ragione quando pretende di conoscere la verità assoluta.

Nel momento che impongo a un altro essere umano come dovrà essere la sua vita, o come nel caso specifico la non vita, compio l'azione più scellerata, perché mi sostituisco alle leggi naturali, perché credo di essere Dio.

Del resto, in una società in cui nulla più è quello che è, ma solo ciò che si vuol far apparire, tutto diventa una recita di uno stanco copione, in cui l'amore non è affetto, in cui una nascita non è più emozione, ma frutto di un atto meccanico, in cui la morte non è più il silenzioso commiato, ma uno spettacolo, con tanto di applausi al feretro.

Non voglio scendere nei retroscena di un decreto mancato con il probabile intento di uno scontro istituzionale, non voglio stigmatizzare il comportamento di uno stato, e anche chiesa, che pontifica oltre i propri confini, ma mi limito a ricordare a questi protagonisti che lo squallore di certi atteggiamenti  urta e sconvolge sia il cristiano che l'uomo non religioso, ma che crede ancora nei valori immutabili di qualsiasi umanità.

La pietà è da tempo morta, ma per una volta che provino a sapere cosa la stessa significhi e lascino quindi in pace la famiglia Englaro nel suo immenso dolore.

Da parte mia, stringo in un ideale abbraccio Eluana e i suoi genitori.

 

 
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