AUTOPUBBLICARSI: ALLA RICERCA DEL LETTORE
di Carlo Bordoni
Nessuno
riesce ad immaginare quante speranze abbia acceso Sartre quando ebbe a scrivere
che il capolavoro nel cassetto non esiste. Che una qualsiasi opera, per
esserci, per produrre i suoi effetti, deve essere pubblicata. Mostrata, letta,
fatta circolare, conosciuta, insomma.
Si
contano a decine gli migliaia le persone che hanno
scritto qualcosa ritenuto meritevole di essere dato in pasto ai lettori e per
le ragioni più disparate – non ultima la difficoltà di trovare un editore –
lasciano che il frutto del loro lavoro ingiallisca in fondo a un cassetto.
Ancora
di più sono coloro che pensano di scrivere qualcosa, prima o poi, che sono
convinti di avere una storia da raccontare – il più delle volte la loro storia
privata – ma non hanno il tempo o la capacità di farlo. Personalmente mi è
capitato molte volte di imbattermi in qualche parente o vecchio amico di
famiglia desideroso di farmi accettare l'incarico di ghost writer,
per una storia che aveva in testa. Certo che riuscito a metterla sulla carta
meglio di lui, ma sotto la sua supervisione.
In
realtà il mestiere di scrivere è un lavoro faticoso. Richiede,
tempo, organizzazione mentale e una concentrazione assidua. S'impara scrivendo
e riscrivendo, con una fatica sempre uguale, che non si allevia con la pratica.
La soddisfazione, a volte, è grande. È il vero stimolo a continuare, a non rinunciare
al potere di inventare un mondo con la fantasia e tradurlo in un segno scritto.
Farlo diventare reale. Comprensibile a tutti, riproducibile e trasferibile
nello spazio e nel tempo. Una vera e propria macchina del tempo che ci permette
di viaggiare su e giù nel corso dei secoli passati e incontrare mondi
scomparsi, conoscerli intimamente come se avessimo la possibilità di andarci di
persona.
Ma che
cosa fa di una persona qualunque uno scrittore? Non la
sua capacità di comunicare, né la forza o il merito di comporre un testo leggibile, né di
inventarsi una storia originale o straordinaria. E neppure di aver già bello e
scritto il suo capolavoro, che giace ancora, muto, in fondo al solito cassetto.
Per
diventare uno scrittore, per potersi definire tale, bisogna trovare un editore.
È questi l'altra metà della mela, il pezzo mancante che permette al meccanismo
di mettersi in moto. L'incontro la l'autore e
l'editore rende possibile quell'evento meraviglioso che è la nascita di un libro.
Un
editore mio amico mi ha detto che considera ogni libro che esce dalle sue mani
come un figlio. Una creatura dotata di vita propria, ma, in quanto figlio,
bisognoso di affetto, attenzioni, cure amorevoli. Ci sono madri snaturate che
abbandonano i libri al loro destino. Li stampano e poi li lasciano andare da soli,
poveri orfanelli destinati a finire presto in quell'immenso cimitero delle idee
perdute che è il macero.
Una
morte certa, che attende i libri per i quali sia stata sottovalutato o negato
l'apporto della distribuzione. Se potessimo richiamare Sartre a riconsiderare
questo aspetto, niente affatto marginale, si convincerebbe subito
dell'importanza della distribuzione, a cui si sottraggono solo i grandi
scrittori, coloro che sono tanto famosi da non aver bisogno d'altro, e che non
basta tirar fuori il capolavoro dal cassetto e farlo stampare. Bisogna distribuirlo.
Sugli scogli della grande distribuzione sono naufragate molte imprese
editoriali. Quando si parla di iniziative che abbiano a che fare con la carta
stampata, siano esse quotidiani, periodici o libri, ci hanno insegnato che la
prima preoccupazione deve essere quella della distribuzione. Con una buona
distribuzione e un buon ufficio stampa non serve avere un capolavoro nel
cassetto. Lo si crea. Può diventarlo.
La
tecnologia, in questo campo, può fare molto. Sta facendo molto. Tanto da
liberare altri cassetti dalle carte ingiallite che vi si erano accumulate da
tempo. Non solo è d'aiuto a chi scrive, velocizza i procedimenti, diminuisce i
costi di produzione, consente tirature limitate, preziose e numerate come
incisioni e prove d'artista, ma arriva alla perfezione borghesiana
del “libro unico”, stampato in una sola copia, grazie alla stampa digitale on demand.
Ma
soprattutto permette l'estendersi di un fenomeno finora limitato,m a causa dei suoi alti costi economici e che tuttavia non
è stato rifiutato da scrittori del calibro di Manzoni e Walt Whitman. L'autopubblicazione. Un nonsense, si
direbbe. Un'esibizione onanistica in assenza dell'editore, che viene saltato a
piè pari, e con lui tutti i passaggi che garantiscono la qualità del libro,
fino all'incognita della distribuzione, che resta anche in questo caso il
grande problema da risolvere. L'autopubblicazione è
un gesto di superbia, d'autonomia, di narcisismo, che
fa dello scrittore un novello Prometeo, che s'impossessa dei poteri divini e
li distribuisce agli uomini.
Non
solo. È il piacere di fare da solo, di eliminare ogni ostacolo tra sé e la
pubblicazione, a guisa del pittore, a cui nessuno corregge
il quadro. È il più puro tentativo di comunicazione diretta col pubblico, senza
intermediazioni, senza il benestare dell'industria culturale.
L'idea
di far da sé è molto allettante. Dà forza all'autodeterminazione, mette in
risalto la personalizzazione, dà valore al prodotto particolare, che è più
facile avvicinare, sentire come proprio, come esclusivo. A questo proposito,
verso la fine degli anni Sessanta, coerentemente con lo spirito della
contestazione, proposi a Feltrinelli un romanzo dal titolo emblematico, Do it yourself. Niente più di una provocazione, un lavoro
sperimentale d'avanguardia, consistente in una serie di brani di testo seguiti
da pagine bianche. Il lettore era invitato a scrivere di suo pugno il testo
mancante, fino a collegarsi al testo successivo, con un finale naturalmente aperto.
Avevo già preconizzato l'ipertestualità, ma
Feltrinelli non ne fece nulla.
Ma l'autopubblicazione non solo compiacimento, rivalsa nei confronti del'editoria ufficiale, e nemmeno una
scorciatoia per incrementare un mercato che fa già fatica ad assorbire quei
60.000 nuovi titoli che si sono pubblicati solo quest'anno. È il segno di un
mutamento sociale che avrà senza dubbio effetti sorprendenti nelle modalità di
approccio alla lettura. Le nuove tecnologie, anche qui, sono responsabili di
una tendenza sempre più evidente, che può sovvertire il mercato.
Internet
si presta benissimo a diventare un'immensa vetrina, il grande supermercato
virtuale in cui si può comprare di tutto, libri compresi. Ma con una differenza
non da poco: il risparmio di carta. Invece di stampare tirature
destinate a ingombrare gli scaffali, la stampa digitale è prodotta su richiesta
del lettore, anche una sola copia per volta. Come insegna l'esperienza di
Lulu.com (oltre 150.000 titoli nell'anno: una cifra da capogiro), si tratta di
una modalità alternativa per arrivare al lettore. Questa specie sempre più
rara che deve essere protetta dall'estinzione.