La realtà umana, vista dall'alto
di Lorenzo Russo
Motivi che mi hanno spinto a
scrivere La
realtà umana, vista dall'alto:
Lo scritto è sorto dalle mie
osservazioni dei rapporti tra l'uomo e il suo destino.
A volte vedo la nostra
esistenza come una condanna. Per che cosa, ci chiediamo.
Il nostro orizzonte è chiuso ai
motivi che ci hanno condannati.
A volte mi prende l'ottimismo
di trovarci sulla via del progresso evolutivo per la nostra anima e mente.
Un progresso che si paga con
sacrifici, pene, lotte, guerre, calamità d'ogni genere, tutti avvenimenti che
ci fanno soffrire, ma che alla fine servono a rafforzarci e a dettarci la via
della salvezza.
Mi chiedo se sia giusto
reclamare il nostro destino, se sia sola colpa nostra di trovarci in questo
mondo, se possiamo fare qualcosa per contrapporci ed elevarci ad un'esistenza
migliore.
È possibile raggiungerla,
quando siamo relegati ad una dimensione che è sottoposta alle forze
dell'Universo, alcune esplorabili, ma moltissime altre
non lo sono e quindi non sono utilizzabili per il nostro bene?
Mi chiedo se siamo i
“Prediletti” del Creatore e se siamo stati scelti per superare un ordine
esistente allo scopo di crearne un altro migliore.
Volgo lo sguardo sulla nostra
Terra che ci ospita e segna i confini delle nostre possibilità, poi verso il
Creato, immenso ed inimmaginabile nei suoi confini, soggiogante e da far paura
al pensiero delle enormi quantità d'energie che lo tengono insieme. Noi al
confronto siamo piccoli, deboli e ingenui, ma dotati
di un'intelligenza capace di renderci, anche noi, Creatori. Guai a noi se la
utilizzassimo per fini e scopi contrari all'ordine prestabilito fin dall'inizio
dei tempi dall'Alto. Significherebbe la nostra distruzione, anche se la maggior
parte dell'umanità vive la sua modesta e dignitosa vita tra il nascere, il
crescere e il morire come in uno stato d'incoscienza.
I figli sono la nostra
consolazione e dimostrazione che siamo capaci di sopravvivere. In loro possiamo
vendicarci contro il Dio della condanna.
Sono la speranza, ma anche la
continuazione di uno stato di sottomissione e castigo.
Eppure, sentiamo nel nostro
inconscio la volontà e disposizione di sopportare il nostro destino. Con lo
sguardo volto verso il paradiso perduto, speriamo di ritrovarlo di nuovo e per
sempre.
Preghiamo il Dio della nostra
salvezza e speranza e lo ringraziamo ogni volta quando abbiamo superato la
disgrazia e il dolore.
Siamo prodotti di questa
dimensione, ci sentiamo
figli suoi e, nonostante tutto il negativo che ci domina, la
vogliamo vivere, rispettare e seguire.
Si delinea uno stato d'appartenenza e dipendenza ad un ordine universale e
generale che limita la nostra capacità di decisione e scelta.
La nostra libertà di scelta è
uno stimolo di agire in un Creato sottoposto a regole, a noi non identificabili,
che creano in noi l'illusione di agire per volontà nostra, ma anche uno stato
di soggezione e paura davanti alle forze che ci dominano e potrebbero
distruggere.
Sentiamo in noi il credo, sorto da una necessità, che esistono altre dimensioni
migliori e ci diamo alla loro ricerca, e per la quale siamo pronti a
sacrificarci e a sopportare sconfitte.
Il Dio universale ci osserva dall'Alto e mi sembra che non abbia fretta a
terminare il suo piano.
Ci lascia a volte soli e
abbandonati, sapendo che solo nel dolore e nella sofferenza sorgerà una specie
d'esseri migliore ed idonea ai compiti futuri.
Di fatto, il mondo si trova
oggi a una svolta decisiva che richiede nuove idee e concetti, nello sforzo di
garantire uno sviluppo positivo e pacifico della società umana.
Lorenzo Russo Gänserndorf, 19.08.05
La realtà umana vista dall'alto
Era la sera di una giornata calda d'estate; il sole stava
già sparendo dietro la linea dell'orizzonte, il mondo sembrava immergersi
nell'oscurità dell'universo, illuminato solo dallo sguardo chiaro e pieno della
luna, che appariva in questa stagione più vicina ed illuminante. Sembrava che
la terra volesse riposarsi dagli strapazzi della giornata, si sentiva custodita
dal suo sorvegliante, che, perché voluto dal Creato, non ostentava di
rifiutarsi.
Esseri, che dall'alto sembravano piccoli e numerosi, si
affaccendavano a sbrigare le ultime attività della giornata, per godersi poi il
meritato riposo della notte. In questa inquadratura apparentemente tranquilla,
si ripeteva ciò che ogni giorno era prescritto e voluto.
Improvvisamente, grida esultanti ruppero il silenzio
della notte. L'oscurità della notte fu interrotta da molte luci che furono
accese, tante da far apparire le sagome delle case simile a un involucro nero
in un rogo di fiamme.
I Piccoli Esseri correvano affaccendati, dimostrando nei
loro visi i segni d'allegria per un evento lieto e felice. Laggiù, in una casa
più piccola delle altre, una signora di tarda età apparve tenendo in braccio un
fardello ai primi attimi immobile e tacito, ma poi e all'improvviso emanante
strilli e singhiozzi come di un qualcosa che voleva afferrare per forza alla
vita.
Un piccolo essere umano aveva appena incominciato la sua
vita terrena.
In quel momento di quiete e riposo, una donna diventava
mamma, interrompendo la tregua di una giornata calda ed estenuante.
Quegli esseri, che dall'alto sembravano punti variopinti,
erano ancora capaci di rallegrarsi alla vista del loro piccolo rampollo, gioia
e felicità erano dipinte nei loro sguardi, stanchi e segnati dalla fatica quotidiana.
Nella loro semplicità ringraziavano il Creatore per quel
dono prezioso, nel quale era posta tutta la loro speranza di una vita migliore.
La luna, silenziosa e tacita, continuava a percorrere
sulla sua strada, dando sguardi di compassione verso quegli esseri nobili e
innocenti. Non diceva nulla, taceva con uno sguardo che voleva dire di più, che
voleva raccontare delle disgrazie viste, del destino ingiusto, perché pieno di
sofferenze, infelicità e ingiustizie, volute da una forza universale che i
piccoli esseri chiamavano “Signore-Iddio”.
La piccola gente dormiva il sonno dei giusti. Alcuni
sognavano di essere in un giardino profumato pieno d'ogni cosa che loro
mancava, altri non riuscivano a dormire, tormentati dalle sofferenze causate da
un lavoro troppo pesante ed estenuante, altri piangevano in silenzio invocando
il ricordo dei loro cari, non più presenti, ma troppo desiderati nel loro
possedere nulla.
Il ”Signor-Iddio” ha voluto riservare loro questo destino,
accettato e temuto nello stesso tempo nel credo che alla fine saranno ripagati
e premiati.
Il sole voltò ancora una volta il suo sguardo su questo
posto pieno di contraddizione divina, dove felicità e gioia andavano insieme a
sofferenza e dolore, per annunciare a tutti che un nuovo giorno, uguale a tutti
gli altri, doveva incominciare.
I piccoli esseri, un po' riposati dalle fatiche del
giorno prima, si affaccendarono a riprendere il consueto travaglio con la
stessa volontà e disposizione d'ogni giorno: alzarsi, mangiare, lavorare, riposare,
immaginarsi felici, e procrearsi per lasciare una volta ad altri lo stesso
destino, nella convinzione di essere i prediletti del “Signore-Iddio” che li ha
creati, preferiti e condannati.