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  Editoriali  »  Letture 29/09/2006
 

Letture

 

Mi piace leggere, di tutto. Così passo dalle raccolte di racconti ai romanzi (noir, gialli, mainstream), senza dimenticare le numerose sillogi poetiche. Mi interessano anche i saggi, sia quelli storici sia quelli letterari.

Purtroppo, più leggo più mi rendo conto di chissà quanti testi interessanti sfuggiranno alle mie attenzioni, proprio per una questione di tempo, considerate le uscite giornaliere che sono di numero esorbitante.

Ci sono dei periodi in cui mi capitano libri che in tutta franchezza non mi piacciono e non sono pochi quelli che inizio e che mi costringono a fermarmi immancabilmente alla pagina 10, salvo poi riprenderli in mano e, con notevole sforzo, ingoiare qualche altra riga, per poi chiudere definitivamente. Succede poi che se mi capita un romanzo solo discreto questo finisca con l'assumere connotati più elevati proprio per il precedente periodo di magra. Assai più raramente accade di leggere qualche opera che, sempre secondo il mio giudizio, sia davvero interessante, ma questo è nella regola delle cose, perché di scrittori ce ne sono tanti, ma di autori di valore assai meno.

Tutta questa chiacchierata non è fine a se stessa e ha un senso preciso: con tanti libri che escono si corre davvero il rischio di perdere quello buono, e non è detto che sia tale perché nel catalogo di una grande casa editrice, oppure perché critici, a volte fin troppo benevoli, ne hanno parlato ai quattro venti. Il rischio è invece proprio più consistente quando si tratta di piccoli editori che non hanno le possibilità di portare alla luce, di far emergere l'opera valida. E così si torna al discorso del cane che si mangia la coda: la grande editoria quasi impone il libro e l'autore, la piccola spesso non riesce a proporli, con il risultato che la qualità generale ne risente. Mi direte che ci sono casi di scrittori sconosciuti che, grazie a un piccolo editore, hanno pubblicato e così sono stati notati da una delle “major” che poi li ha lanciati definitivamente. Ma quanti sono questi? Pochissimi e secondo il calcolo delle probabilità di misura inferiore al potenziale rappresentato dagli sconosciuti, fra i quali in verità non pochi rimarranno tali non tanto per sfortuna, ma per basso livello qualitativo.

Come ovviare a questo inconveniente? E' apparentemente impossibile, perché il mercato ha regole economiche e finanziarie che per la piccola editoria  sono un capestro.

Sono dell'idea che i piccoli, se si consorziassero al fine di pervenire a una posizione contrattuale meno debole con i fornitori e con i distributori, potrebbero far sentire meglio la loro voce senza perdita di identità.

E in tal caso finirebbero, inevitabilmente, per fare una scelta più oculata delle opere da pubblicare, consentendo anche ai lettori di visionare editi di maggior interesse, con un vantaggio, quindi, reciproco.     

 

 
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