A Giorgio, un argentino che vorrebbe essermi amico.
Quei bambini. Quei bambini strappati
dai ventri
ricoperti di sangue di madri agonizzanti,
quei bambini
dall'identità scippata,
quei bambini
allevati dagli stessi carnefici
dei loro
padri, padri di nulla colpevoli, ma annientati,
e dal
cielo gettati nelle acque sepolcrali
di un
oceano incurante.
Quei bambini che non conosco,
quei bambini
cui hanno cucito gli occhi,
quei bambini,
uomini oggi
orribilmente
consapevoli
di aver amato
un padre che ha ucciso il loro padre.
Quei bambini orfani due volte
mi stanno
incollati all'anima,
mi gonfiano
il cuore con il loro pianto,
mi
straziano con il loro schizofrenico amore.
E come puoi dirmi, tu, con il tuo
stolido sprezzante sorriso:
“Si stava bene, allora, in Argentina:
bastava farsi la
propria vita,
e
occuparsi soltanto delle piccole faccende quotidiane.
Si stava bene, allora, in Argentina. “