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  Scritti di altri autori  »  Poesie  »  Lettera dalla neve, di Fiorella Borin 18/02/2021
 
Lettera dalla neve

di Fiorella Borin


in memoria della tragedia consumatasi sul suolo della Russia nel gennaio del 1943


Mia cara signorina, mi perdoni

se oso spedirle questa cartolina

dal fronte russo, dove sto a penare.

Ho avuto il suo indirizzo da un paesano,

il caporale Micalizzi Arturo

che ha la grande fortuna di abitare

proprio di fronte a dove abita lei.


Volevo dirle quanto mi ha colpito

la sua innocente, timida bellezza.

Volevo dirle che non so scordare

la sua voce gentile, la sua mano

stretta solo alla festa del patrono

quando ballammo in piazza, in allegria,

quella mazurka molto popolare

che – confesso – mi ha fatto innamorare.


Non mi compianga, non mi tratti male,

non stracci queste povere parole.

Sanno di freddo e neve, tanta neve.

Sanno di schegge di granata,

di bombe, spari e sangue degli amici.

Sanno di un orizzonte basso, sempre

uguale, dove il sole veste a lutto

e i corvi già pregustano il banchetto.

Poi voleranno via, grassi e sazi,

a ridere di noi fra le betulle.


Ma la cosa che più mi fa soffrire

è non ricevere lettere da casa.

Pare che tutti mi abbiano scordato.

Pare che io non esista più, al paese.

Pare che io sia soltanto un’ombra curva,

zaino, moschetto e una piastrina al collo.

Un nome nella lista dei coscritti.

Uno partito un giorno, e mai tornato.

Un disperso, un caduto, un disertore.

Uno che ha avuto il torto di morire

non da eroe, ma solo da artigliere

colpito al cuore da una fucilata.


Mi scriva lei, la prego, per favore,

mi scriva anche soltanto due parole:

cari saluti, e il suo nome e cognome.

Mi basterò una cartolina da tenere

piegata in quattro dentro il portafoglio.

Sarà il mio orgoglio, la mia medicina,

la carezza venuta a riscaldarmi

sotto la neve di Nikolajewka

perché io anche da morto tremo tutto.


Mi firmo con immensa devozione,

Pavani Mauro, di anni ventidue.




 
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