Il
bacio
di
Luisito Bianchi
Mio
nonno andava a messa per san Biagio
e
l’arciprete con le due candele
gli
incrociava la gola lieve e adagio
perché
restasse frugale e fedele.
Il
nonno trasaliva in buffe mosse
e
rideva ai compagni d’osteria
devoti
anch’essi al santo per le grosse
lische
di tinca e d’altra pescheria.
Poi
le candele alzate fino al tetto
dei
folti baffi tremavano al bacio
e
l’arciprete abbozzava un buffetto
su
quelle setole senza mendacio,
mentre
un amen gli usciva di rispetto.
La
nonna in premio ordiva gnocchi al cacio.
Da Forse
un'aia (Circolo Culturale “G. Gusberti”, 2007)
Il
bacio – Ho una lisca in gola –, piagnucolai d’un
tratto durante una cena di tinche fritte e polenta. – Manda
subito giù un boccone senza masticarlo –, m’ordinò
la nonna. Poi fu la volta del panbiscotto, più efficace nel
raschiare la gola contro le lische. Ancora inutilmente. –
Diciamo un gloria a san Biagio –, suggerì la zia. Anche
il nonno e mio padre interruppero la cena ma non mossero le labbra.
Erano cose di donne. San Biagio non fece la grazia. – Lo porto
dal dottore –, disse allora mio padre. Mi caricò,
avvolto nel tabarro, sul manubrio della bicicletta e pedalò
per un chilometro, dato che il medico abitava all’inizio del
paese verso lo stradone. Appena fui davanti al dottore (che stava
cenando anche lui con polenta e tinche fritte) non sentii più
la lisca in gola. – Stupido –, uscì detto a mio
padre, – disturbare il dottore e poi non averne bisogno –.
Il medico (che signorile bontà quel dottor Soldi!) rise. Di
ritorno, la nonna disse: – Si vede che la lisca è andata
giù con lo sballottamento della bicicletta –. Ma la zia
difendeva san Biagio: – I santi si servono anche della
bicicletta per fare la grazia –. Quella sera continuai la cena
ma con un’altra pietanza, per non tentare i santi.
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