Due
giudici
di
Tiziana Monari
A
Giovanni Falcone e Paolo Borsellino
Era
il tuo sguardo che dava movimento all’orrore
senza
peso, né carne, un soffio di brace dispersa
lo
sfumare dei colori in un angolo di cielo
era
la paura rimasta sotto le ciglia a scavarti un luogo
dove
nascondere gli accordi dell’anima
il
sorriso vestito di bianco confuso nel pallore della sera
era
la pena che ti rabbuiava il viso
la
voce crepata,le sonore liquide
le
labiali che facevano l’amore con la morte
le
ali strappate a filo di spada
il
mondo che ruotava senza memoria
a
renderti immortale nell’ombra di un maggio lontano
ed
il corpo in una silenziosa mietitura
vedeva
l’annunciazione capovolta
l’onda
che si irradiava ovunque
il
destino di strage già compiuta
e
le grida, la terra macchiata di sangue
l’inferno
che apriva le porte ai sogni
i
passi che si muovevano senza mai arrivare.
Nel
tuo sguardo fugace,Giovanni
l’ho
vista la disperazione, l’occhio sadico di Dio
il
paradiso che diventava prigione
e
poi niente che avesse un divenire
la
sera che ci sorprese ormai lontani
non
riuscimmo a fermarlo il vento
entrò
nel passato, restò ombra
e
la pioggia sghemba tintinnando
fu
piovasco sulle erbe chinate e sulle siepi
si
insinuò nell’amore che ci portavamo addosso
recise
i nostri nomi in una triste nenia dell’addio
l’alba
tagliava il cortile, il punto di fuga
e
noi cercavamo il lungo sonno dei mandorli in fiore
il
tempo senza voce che implorava una sentenza.
Scomparsa
con la polvere e le mosche
prima
che si alzasse dal mare il vento.
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