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  Scritti di altri autori  »  Poesie  »  Il vaso di ferro, di Elia Belculfiné 23/01/2009
 

              Il vaso di ferro

             di Elia Belculfiné

 

Che ci sia o meno una porta dietro la terra

      messa a chiudere quel buco – intravista a fiato di lanterna  

una notte, da una feritoia. Lì, verso i campi lasciati alle ortiche,

      dove la mia gente trovava rifugio. Era

il '42 o giù di lì – passavano in alto piccoli albatros

   di metallo. Pioveva fuoco ma si moriva

      per il freddo. Che la porta esista o meno, poco,

 poco davvero conta. Ma vale il seme che

 ogni favola ti lascia nel pensiero. Voi

che cercate e non sapete di avere. Che cercate voi?

I giardini segreti perduti, i castelli,

tesori di pirati – avevamo 8, 10 anni; tu davi

   il primo bacio. Erano mondi, universi i

   vecchi cortili. No, se c'è una porta io non voglio varcarla.

Andate, voi, con croci e vanghe. Io resto

     qui. E chissà che qualcosa di

     prezioso io non l'abbia già mio. Ora voglio riempirmi le

lenti di sole. / Siamo andati fino

  alla Madonna della Cava, più in là le ultime

  terre di noccioli. Luce. Foglie. Le nostre parole. I

nostri occhi. Il vaso di ferro trovato tra i rifiuti

 da tenere come il più antico dei tesori – non è forse fiaba

e vita, non è forse ciò che sta dietro ogni porta

chiusa? La vita ci prende d'improvviso.

A volte ha la forma di un vecchio vaso di ferro. Io

lo credo. Tu? Tu e le tue piccole mele nei cesti sopra i tavolacci...

 C'è più poesia in una zolla di terra che

   in tutti i versi scritti nei nostri quaderni. E l'amore che ci

fiorisce sulle bocche come una canzone. E la canti,

e sai cantarla e ci vivi dentro per anni. / La mano di smalto

   asciugherà durante la notte. Ho comprato un pennello a punta

per i ritocchi. Tu chiamerai. Ti dirò che è stato bello fare l'amore

   senza esserci nemmeno sfiorati.

 

 
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