I due altri
di Luigi Panzardi
Per tormente d'anni
lungo il rio torrentizio delle scenate d'ira
t'ho estratte una ad una le falde,
lentamente, al contrario delle rughe lievi
e ironiche che t'ha imposto il tempo;
caparbio e ombroso ad ogni nuovo sole
t'ho tolta una scheggia dal mallo verde e polposo
finché esso s'è crepato fragrante.
Allora non mi si è svelato
il ruggine vespertino d'uno spirito maturo,
ma il nero anonimo e denso del tuo altro,
lo sconosciuto ospite del tuo colto guscio,
che s'oppone all'altro innominato
che dentro di me vermicola polifoniche salmodie.
Blande animule
imbattibili stranieri misteri
fra l'io e il tu dell'umano perenne.
Mete ideali d'un inestinguibile percorso
disperato,
essenze di vette sempre più eteree ed alte
dopo ogni vano assalto.
Poter giungere a quelle vette,
trapassarti il corpo,
penetrare nella vertigine del tuo nulla
ed accendere la fusione col mio nero ignoto
per cancellare le diversità gelose
che amareggiano i soli dei giorni correnti.