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  Scritti di altri autori  »  Narrativa  »  Incidente di percorso di Leonardo Colombi 24/11/2006
 

 

 

INCIDENTE DI PERCORSO

 

 

Sto correndo sulla spiaggia.

A pieni polmoni l'aria mattutina, l'odore di salsedine e la sensazione di sabbia appena umida sotto ai piedi.

L'acqua risplende invitante alla mia sinistra mentre una brezza leggera sembra tenere sospesi in volo macchie bianche di gabbiani in un cielo di un azzurro irreale e sconfinato.

Corro a buona andatura: mi sento vivo, libero, leggero.

Nessuna nuvola oscura il cielo dei miei occhi.

Visiera sulla testa, pantaloncini corti, torso e piedi nudi.

L'auricolare del mio lettore mp3 nelle orecchie e molte impronte sulla sabbia alle mie spalle. Il mio passaggio.

Mi sento felice, capace di raggiungere ogni meta.

Il sole si tuffa e risplende attraverso l'acqua salata del mare che avanza e poi, timida, arretra sul bagnasciuga.

Corro e non voglio fermarmi.

Non lo so nemmeno da quanto sto correndo ma non voglio smettere. E' una passione che mi anima e che mi possiede e della quale non posso fare a meno.

C'è la vita: la sento.

In ogni movimento della mia corsa c'è tutto me stesso e l'impegno di chi sogna di vincere ogni gara e un giorno imprimere il suo nome negli annali dell'atletica leggera. Ce la farò, ce la posso fare!

I Dire Straits mi accompagnano mentre procedo sulla spiaggia: ora è Sultans of Swing a suonare per me.

Sorrido e continuo a correre mentre mi svuoto di ogni pensiero unicamente teso alla fisica esperienza che tanto mi fa sentire vivo. 

Mi spingerò fino a dove le mie gambe allenate lo permetteranno.

Delle barche all'orizzonte si muovono lontane dal mondo degli umani che, impudente, spunta subito al di là degli alberi e degli hotel al limite della spiaggia quasi a voler rammentare che questa spiaggia e questo mare sono solo fugaci attimi di paradiso. Una parentesi prima del ritorno al quotidiano.

E se le cose stanno così a ben ragione vale la pena di godersela un poco finché dura questo sole e questo tempo di vacanza.

Al contrario di me, alcune persone oziano godendosi la pace del mattino ed il sole che riscalda pelle e sabbia.

Io invece continuo e non mi fermo.

Sto correndo da parecchio oramai e non lo so verso dove dirigono le mie gambe, dove conduce questa spiaggia al confine tra terra e mare.

Ma non importa: voglio solo correre e sfogare tutta l'energia che ho in corpo, sfinirmi per sentirmi vivo e forte.

Pronto per le gare del mese prossimo.

Vedrete, sarò sul podio!

Ce la farò!

Ma nonostante l'arroganza dei miei folli sogni di gloria non nascondo che inizio a stancarmi, a percepire il calore del giorno e soprattutto lo sforzo della corsa.

Correre è tutto per me ma, ahimè, sono umano anch'io!

Quindi mi fermo. Riprendo fiato presso una staccionata in legno che sorge a lato di un camminamento unico collegamento tra spiaggia e città.

Mi appoggio un poco, giusto il tempo di riposarmi e ricominciare a muovermi.

Poi alcuni esercizi per i muscoli.

Mi accorgo allora di una figura snella: si muove lungo il camminamento.

Mi viene incontro ancheggiando sensuale.

E' una ragazza.

Bella come la vita giunge sino a me.

La pelle abbronzata, i capelli corvini e gli occhi profondi. Inclina appena il capo di lato mentre mi saluta. Mi osserva incuriosita accennando ad un sorriso che ricambio istintivamente ormai perso in balia di quella bellezza ultraterrena.

“Ti piace davvero molto, vero?” mi chiede dolcemente.

“Cosa?” chiedo di rimando, col fiatone, confuso ed ignaro del significato di quella domanda.

“Correre” spiega senza distogliere lo sguardo dai miei occhi inesorabilmente persi nella contemplazione della sua bellezza.

Rispondo sorridendole: “Correre è tutta la mia vita!”

Un sorriso nasce allora sul suo bel volto mentre con una mano sposta delicatamente una ciocca di capelli scivolata sulla fronte. Una luce complice negli occhi mentre le sorrido di rimando. Lentamente muove un passo verso di me…

 

 

Il buio.

 

 

Il presente.

 

 

Mi sveglio.

Nuovamente quel soffitto. Lo stesso insipido soffitto che da qualche giorno continuo a ritrovare al mio risveglio.

Bianco.

Anonimo.

Privo di qualsiasi sostegno a cui appendere i miei sogni e le mie emozioni…le mie speranze desolate…

L'aria condizionata è già in funzione per mantenere nella stanza una temperatura ideale…

Per il corpo ovviamente…

Dalla finestra velata da tende chiare penetrano temerari raggi di un sole di mezza mattinata.

Nonostante il prolungato riposo mi sento stanco…esausto…

Porto il braccio sinistro sopra il viso, appoggiandolo sopra gli occhi.

Con la destra invece la cerco.

Invano...

Non c'è più…ma ancora non l'ho compreso…

Soffoco le lacrime ed il mio dolore: stringo forte le palpebre quasi a voler assorbire quelle gocce d'acqua salata che dai miei occhi sgorgano tristemente.

Una smorfia sul mio volto…fa male…una sofferenza atroce mi dilania l'anima.

Nessuno può capire…nessuno sa quanto dolore per quello che sto vivendo…

Non c'è più: devo solo accettarlo…

Me l'hanno già detto “ci vuole tempo” …ma io ancora non ci riesco…

Non è facile, non è facile per niente dannazione!!!

Stringo il lenzuolo bianco mentre la rabbia, puntuale come sempre, torna a visitarmi nel mio letto di dolore.

Non mi serve, arrabbiarmi non serve a nulla: lo so bene…non si può tornare indietro….non si può cambiare ciò che è stato…

Piango, come ogni mattina piango perché non sarò mai più quello che ero prima…

Devo solo accettarlo…

Mai più…

Non resta più nulla di quello che ero prima…

In pezzi tutti i sogni miei…

Tutto è cancellato…la mia vita…riazzerata all'improvviso…perduta come…

Dannazione!!

Singhiozzi e pianto sommesso mentre con la mano stringo il vuoto laddove prima era la mia gamba destra. Ormai perduta, divorata dall'asfalto e dall'acciaio in quel tragico, stupido, incidente d'auto…

Sul comodino una foto, il sorriso sul volto di un giovane innamorato con accanto una ragazza dalla pelle abbronzata, lunghi capelli corvini e profondi occhi scuri.

Piango.

E' colpa mia…

E' solo colpa mia…

 

 

 
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