Abiti su misura
Finalmente.
Finalmente quel che resta del giorno ti appartiene completamente. Hai messo a
dormire i bambini, hai guardato sotto il letto di Daniele per rassicurarlo che
nessun drago se ne stia lì acquattato, hai recitato la
filastrocca buffa a Elisa, sempre quella, così anche lei si sente rassicurata.
Te ne sei stata a guardarli con tenerezza e orgoglio, mentre le
loro palpebre pian piano si abbassavano. Le mie creature, hai pensato.
Hai dato un bacio lieve sulle labbra di tuo marito, che si è addormentato
presto, questa sera, stanchissimo per aver affrontato, oggi, un'estenuante
trattativa di lavoro. Anche guardare lui, ti ha riempito il cuore di dolcezza.
Per un attimo hai pensato di stenderti lì accanto, di svegliarlo a poco a poco,
con piccole carezze, con una leggera pioggia di baci. Per un attimo hai
desiderato di farlo. Ma poi sei uscita dalla stanza, hai chiuso senza rumore la
porta dietro di te. Hai camminato al buio, nel lungo corridoio. Un sorrisetto ti si è stampato sulle labbra. E' bello questo
silenzio, questa assenza di luce, è tutto così riposante e amichevole. E poi,
in fondo al corridoio, in quella stanzetta trasformata in minuscolo studio, ti
attende tutto un mondo. Il tuo mondo segreto. Il tuo mondo di notte.
Sigarette,
accendino, una bottiglia d'acqua, ecco, sei pronta.
Un'ultima cosa: peschi fra i cd quello che per questa sera ti sembra il più
adatto. Questo, sì, questo degli Ekòva. Lo ascoltavi sempre quando la tua avventura è iniziata, ricordi? Bene.
Ora ti siedi, accendi il tuo Mac, e mentre clicki su Word senti quasi un frullo nel cuore. Quante sere
hai passato, qui davanti… Beh, fai un conto veloce: un anno, ti dici, sì, era
settembre. Ho iniziato quando Marco era in America per
la ditta, e i bimbi dalla nonna. Poi, metti due o tre volte alla
settimana. A volte meno, a volte più. Apri la cartella che porta
il tuo nome, un nome provvisorio, lo sai bene, ma ancora non sei sicura
di come la chiamerai, questa cosa.
Quando pensi di aver trovato il nome giusto ecco che subito dopo ti sembra
banale, o pretenzioso, o… Beh, ci penserai alla fine, vero? Fai scorrere le
pagine, velocemente. Poi ogni tanto ti soffermi, i tuoi occhi colgono qualcosa,
scuoti la testa, batti sui tasti, tagli, incolli. Prosegui, e poi
improvvisamente ti viene voglia di cancellare tutto. Ti sembra tutto così… così
ingenuo e superficiale e senza senso. Ti guardi intorno. Ci sono libri nello
scaffale che arriva fino al soffitto, ci sono libri impilati a terra, ci sono
libri ovunque, in quella stanzetta. E io, pensi, che mi sono messa in testa? Lo
sguardo ti cade sulla raccolta dei racconti di Maupassant.
Li hai divorati, quei racconti, eri al primo anno di università, e dopo le
lezioni correvi a casa, ti chiudevi in camera e ti abbeveravi di quelle parole,
fino a che tua madre entrava di prepotenza nella stanza, stanca di chiamarti e
richiamarti per la cena. Leggere. Che magia è sempre stata per te. Come un
calore, dentro. Come un amore, un innamoramento. E adesso…Va beh, continui a
far scorrere le parole sullo schermo, fino ad arrivare a una pagina bianca.
Credi di avere già tutto in testa. Le creature che sono racchiuse in questo
portatile ti fanno compagnia durante il giorno, mentre cucini, fai la spesa,
rassetti la casa. Ti parlano delle loro vite, delle gioie, dei dolori, delle
loro scelte. A volte le devi zittire, perché le loro voci ti distraggono dalle
tue piccole faccende quotidiane. Quando si fanno più impellenti vorresti fare
come Jane Austen, che
scriveva su un angolo del tavolo del tinello, mentre in cucina il pranzo finiva di cuocersi. “Orgoglio e pregiudizio” è nato così,
ricordi sorridendo. Ricominci a battere
sui tasti, mentre in “The garden” risuona sommesso fra le pareti. Ma tu non la
senti più, la musica. Sei senza spazio, e tempo e percezioni sensoriali. Scrivi
velocemente, e diventi Angela, e Federico, e Lola, e il gatto Milù, e il signor Belli. I tuoi personaggi. Le tue
creature, anche queste. Che si muovono nella tua testa, e, come i tuoi figli, a
volte si ribellano, fanno scelte che non erano quelle che tu avevi progettato
per loro. Ma va bene così. La libertà, l'indipendenza da schemi prefissati. Un
principio basilare nella tua vita. Anche se… Anche se poi si devono indossare
vestiti preconfezionati, a volte. E non sempre sono della misura giusta. E'
stato in settembre che te ne sei accorta. Una cucitura un po' stretta sul
cuore, e anche le braccia non riuscivi più ad alzarle agilmente. Erano come impaniate, pesanti, come le ali di un gabbiano lordate di
petrolio. Ti sei fatta domande, ricordi?
Ti sei
interrogata se qualcosa non andasse nella tua vita. Le
risposte hai cominciato a scriverle sul tuo computer, hai messo crocette,
sequele di sì e no. Sì, eri ancora innamorata di tuo
marito. No, non eri completamente felice. Sì, adoravi i bambini. Sì, avresti
fatto le stesse scelte, potendo tornare indietro… Eppure. Eppure qualcosa
c'era. O non c'era. E' così che hai cominciato la cosa: buttando giù parole, prima un po' a casaccio, come quando su
un banco del mercato si cerca un colore che colpisca, o una morbidezza di una
stoffa, senza sapere quale. E a poco a poco ti sei cucita un vestito nuovo. Un
vestito su misura. In segreto, senza dirlo a nessuno, punto su punto, complice
la notte. Un po' ti vergogni a chiamarlo “romanzo”. Quando ci pensi dici “ la cosa”,
quella cosa là, ti dici. Ma ancora
hai quel sorrisetto sulle labbra, come adesso, mentre
continui a battere sui tasti, e loro, le tue creature, guidano i tuoi pensieri.
E' molto
tardi. E' quasi l'alba. L'ultima pagina. L'ultima parola. Spegni il computer,
raccogli la bottiglia, il posacenere colmo, stai un attimo nel buio. Domani,
anzi, oggi, svelerai il tuo segreto. E un poco ti dispiace. Ci saranno altre
notti, altre creature. Ma mai più come queste.