Cenere
Smise di pregare nell'istante in cui
comprese di poter percepire il calore delle fiamme.
Alzò nuovamente lo sguardo, questa
volta verso l'ultimo piano della scuola.
Era più che convinto che la bomba non
fosse esplosa al contatto con il tetto, ma avesse continuato la discesa al
piano sottostante, scoppiando solo all'interno delle quattro pareti di qualche
aula.
Immaginava uno studente assonnato, un
breve battito di ciglia ed poi un uovo di pece improvvisamente
apparso attraverso una nuvola di polvere e calcinacci.
Fantasie che trovava disgustose, ma
che era troppo stanco per scacciare lontano, in qualche angolo sinistro e
sperduto.
Il battito sordo di un esplosione lo colpì violentemente, ma non abbastanza da
scagliarlo verso terra; riuscì ad intravedere quel che rimaneva di un muretto,
ancora ritto in cima all'edificio, frantumarsi e ricadere su uno strato ormai
consolidato di sabbia e frammenti di vetro.
Aspettò ancora qualche secondo, poi
si decise ad alzarsi in piedi.
Senza pensarci troppo, cercò di
togliersi di dosso lo strato di fuliggine che si era posata ovunque, ma
l'impresa gli parve subito impossibile.
Un uomo anziano sbucò fuori dalla vicina caffetteria e volse per un attimo il viso
nella sua direzione.
Una lama di vetro era penetrata in
profondità nella tempia e i pochi capelli del vecchio si erano incollati sulla
ferita, inzuppandosi di sangue.
L'uomo rimase immobile, senza alzare
neanche una mano a coprire la lacerazione, con il liquido che scendeva a rivoli
a ricoprire la faccia e le pozze degli occhi, a scrutare il rogo che si
innalzava verso il cielo.
Il calore aumentava progressivamente
con l'andare dei minuti e attanagliava la poca pelle che ancora sentiva sul
viso, ma neanche una lacrima di sudore si decise a scendere lungo quella buccia
secca.
I primi soccorsi, nelle fragili forme
di qualche anziano uscito dalla vicina casa di riposo, arrivarono
quando ormai era tardi anche per salvare qualche brandello ancora degno
di sepoltura, appena distinguibile da un ceppo carbonizzato.
Tuttavia, bastarono giusto pochi
istanti e si vide circondato dalla gente del quartiere, che usciva dai rifugi
guadagnati durante il bombardamento e veniva a cercare i figli meno fortunati.
Probabilmente, si disse, per non
cedere allo sconforto, i padri che erano corsi in soccorso durante la pioggia
devastatrice avevano semplicemente accorciato drasticamente la loro esistenza.
Il pensiero era ironico e non si
sentì meglio.
Decise di non pensare più a niente.
Ascoltò la frenesia delle ambulanze,
le travi più piccole che venivano rimosse, il vetro
che esplodeva in altro vetro, come biglie lasciate fluire in una cascata sulla
pelle incatramata di un insolito tamburo, in silenzio.
Non sentì la mano scendere sulla sua
spalla.
- Sto bene, pensa ai ragazzi -, si
accorse di aver mormorato, accorgendosi poi di aver detto un'idiozia, e si
volse a guardare.
Aspettò qualche secondo, poi cominciò
a parlare.
- Sai, me l'aspettavo, in un certo
senso -, spiegò, come ad un vecchio amico, - Ero troppo felice, mi aspettavo
qualcosa -
Si interruppe, cercando le parole,
qualsiasi vocabolo che gli consentisse di esprimere le ceneri che si erano
posate come neve sulla sua anima, togliendoli il respiro ed ogni energia.
- Una sorta di giusta compensazione -
Era così, in parte, ma purtroppo non
era così semplice, intuitivo.
- Non c'è niente da capire -, rispose
subito il proprietario della mano.
Le donne avevano iniziato a
lamentarsi.
La pelle tesa e, a volte, macchiata
delle mani era impressionante.
I pugni chiusi scendevano con forza
sul petto e sembravano aggiungere un tono grave al pianto acuminato che
trafiggeva le orecchie.
A volte si soffriva perché era
richiesto dall'occasione, il funerale di un amico, ma
questa volta la disperazione era genuina, non si diluiva in strilli volgari.
Chi stava peggio era in silenzio e
gemeva in disparte.
- Strano, sento le fiamme, i suoni,
ma sto cominciando a non sentire più quello che ho dentro -, continuò a
spiegare alla figura alle sue spalle.
- A volte succede, più spesso di quel
che credi -
Anche i padri piangevano, adesso.
- Non ho alcuna spiegazione -
Era una domanda che stava per fare,
ma si accorse che non avrebbe avuto alcun senso, anche se ci fosse stata una
minima traccia di significato.
Non aveva mai amato l'idea stessa di
un'entità dal nome di destino e non avrebbe cominciato a crederci proprio
adesso.
- Vuoi andare? -, chiese la voce alle
sue spalle.
La scuola era ormai scomparsa,
divorata dal fuoco.
Bruciavano solo le fondamenta e le
braci che conteneva, briciole dell'edificio consumato.
- Gli altri? -
Nessuna risposta.
- Non vai anche tu? -, chiese
nuovamente, indicando una coppia di coniugi, seduti al fianco di un corpo
annerito.
Il torso senza gambe di un ragazzo.
La figura fece spallucce.
- Sei il primo che ho trovato,
inutile avere fretta -
- Immagino che mi abituerò all'idea -
Si mise a camminare dietro la Morte,
aveva deciso di chiamarla così, non trovando un termine migliore.
Non lasciavano alcuna traccia nella
polvere.
- Devo fare qualcosa prima di
partire? Sì, insomma, di andarmene -
- Vuoi vedere il tuo corpo? -
Non ci aveva pensato e l'idea gli
parve insolitamente strana.
- Cosa resta? -
- Al più, qualche mucchietto sotto le
macerie, ma dovremmo arrivarci prima del fuoco -
Forse era solo ironia, ma capì di
aver perso ogni interesse a rivedere il suo vecchio involucro.
- No, fa lo stesso -
- Vuoi vedere amici o parenti? -
Adesso era sicuro che lo stesse
prendendo in giro.
- Come? -
- Andiamo e li vedi, basta -
- Quindi, posso parlarci? -
- Certo che no -
- Allora niente -
Camminarono in silenzio fin fuori dalla piccola città, senza fretta, come aveva già
spiegato la Morte.
Fermarono il passo su di un'altura
che sovrastava le case poco lontane.
Da lì poteva scorgere senza
difficoltà la colonna di fumo che si alzava verso il cielo, come molte altre
scaturite da diversi edifici in fiamme.
Una cappa oscura sembrava minacciare
i sopravvissuti al bombardamento.
- Ora che succede? -
- Aspettiamo che sopraggiunga la
notte -
- Va bene, e poi? -
- Ripartiamo -
Pensò se fosse il caso di porre
l'inevitabile ultima domanda.
- Posso chiedere verso dove? -
- No -
In realtà, fu sorpreso di constatare,
non gli importava davvero dove sarebbe inevitabilmente terminato il loro
viaggio.
Consciamente, voleva evitare ad ogni
costo il silenzio.
Certe immagini ancora fresche, che
neanche immerso nella sua nuova natura riusciva ad accettare, ritornavano con
prepotenza.
Diapositive sgargianti che si
libravano per pochi ma significativi attimi davanti agli occhi chiusi.
Tuttavia, non gli rimase che
accettare la decisione della Morte.
Era già pomeriggio inoltrato, si
disse, non avrebbe dovuto attendere a lungo.
Non gli rimase che scrutare verso la
sua casa ferita, immaginarsi il lavoro dei soccorritori e dei pompieri, sempre
che un'esplosione non avesse fatto crollare anche la loro caserma.
Cerco di non pensare a parenti ed
amici, ma non fu sempre possibile.
L'oscurità calò presto, in tempo per
vedere i fuochi ancora accesi tramutarsi in rubini pulsanti, intrappolati nella
ragnatela di strade che costituiva la città.
La Morte si rialzò in piedi senza
proferir parola e lo invitò con un gesto a seguirla.
Un pensiero, in particolare, l'aveva
tormentato durante la sosta.
Desiderio maturato quando era ancora
bambino.
Si avvicinò alla figura
incappucciata.
- Sai, mi chiedevo, non è che potrei
portare io la falce, dico, anche solo per un po'? -