Lettera
appassionata delle rose
di
massimolegnani
Si
fa presto a dire rosa, come bastasse il nome ad evocare la bellezza e
la passione. Ma il nome è assurdo, contraddetto dal colore, e
il fiore è ovvio, come la sua declinazione, unico residuo
rimasto in testa del latino.
Non
mi va di dire rosa, sai quel gambo che s’arrampica con altri
uguali sopra il ferro arrugginito a far da raffinata volta, che una
volta forse, ma ora fa tanto giardinetto abbandonato della zia Tina.
O quel gambo che svetta solitario dopo un’attenta potatura per
recare in cima il bocciolo regina, il bocciolo imperdibile che anche
lo zotico più zotico sia costretto a dire che
bella rosa.
Mi
disturba della rosa il lavoro che c’è dietro, le forbici
a sfoltire e la zappetta a rimuoverle le erbacce intorno e il concime
a farla crescere, per non parlare degli innesti e degli incroci, che
ci vorrebbe il genetista a progettare la variante che alla fine
sembri più spontanea. Vuoi mettere il papavero, ormai ridotto
a sporadica comparsa a bordo campo come un guardalinee cui nessuno
bada se non per dargli addosso se segnala un fuorigioco? Ho stima
sconfinata per quel fiore che mi riempie la memoria, rosso era il
grano un tempo, sai.
Questo
per dirti che non entrerò in negozio, che troppo mi ripugna
chiedere una dozzina di rose rosse e assistere smarrito al rito delle
spine strappate via come facevano i nazisti con le unghie. E poi il
cellophane a soffocare, la pinzatrice perfida e la stagnola come un
lutto.
No,
non posso partecipare alla finzione.
Piuttosto
questa notte andrò, acquattato come una volpe, a sgozzare le
rose del vicino, come fossero galline, e nella tela di un sacchetto
raccoglierò corolle ancora palpitanti. E una volta a casa, ad
uno ad uno i petali scarlatti staccherò come un tempo si
faceva con le piume, prima di passare il pollo sulla fiamma. Li
ammasserò sul tavolo, con il profumo che avrà perso la
superbia e il colore che sarà tornato ad essere colore. E
nelle conche d’ottone dove tieni la farina metterò i
petali a mucchi, come ossa dei santi nelle teche. Il giallo contro il
rosso, non saranno rose rosse ormai, ma odori da vedere.
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